Benvenuta nel nostro salottino virtuale. Come di consuetudine, cominciamo con una domanda di rito: chi è e perché scrive Sabrina Gregori?
Grazie di avermi accolta. Posso sedermi qui? Perfetto, allora mi metto comoda e ti parlo un po' di me. Sono un'anima cui piace la gente, sono incuriosita dalle persone e dalle loro storie, attratta dalle dinamiche relazionali e sociologiche. Penso che ognuno di noi abbia lati chiari e lati scuri e che con le ombre della propria personalità sia necessario fare i conti. Scrivo perché amo indagare nell'animo umano, descrivere le ansie, le paure, la confusione, ma anche il coraggio, le illuminazioni, il superamento dei propri limiti.
Qualche piano oltre. Com’è nata l’idea?
Sara e Paolo, i due protagonisti della storia, sono legati da una profonda amicizia che nasce ai tempi dell’infanzia. Quanto di te c’è in loro? Penso che in un romanzo ci sia sempre qualcosa dell'autore, conscio o inconscio, ma i personaggi, nel mio caso, hanno una vita propria: non esiste, nella mia realtà, una Sara, e nemmeno un Paolo, o forse sono il miscuglio di molte persone che ho incontrato. Quel che invece mi rappresenta sicuramente è il contesto in cui sono inseriti: quegli svaghi dell'infanzia che caratterizzavano la nostra crescita negli anni '70, quando si giocava liberi nei cortili, fra ragazzini, e si passavano lunghi pomeriggi nella nostra microsocietà, dove gli adulti non intervenivano se non in caso di emergenza. Desideravo proprio riportare questo spicchio di passato, che per me ha rappresentato un periodo di grande gioia, e che forse i bambini di ora non possono più conoscere.
Un piano oltre, un’esistenza parallela a quella comunemente percepita. Dal tuo libro traspare l’idea che la realtà non si esaurisca in ciò che vediamo. Quale la tua opinione in merito al di fuori della fiction? Io ho spesso l'impressione di percepire soltanto una piccola parte di quel che mi ruota intorno. A volte mi fermo a pensare al tempo, all'istante che è appena trascorso e già non esiste più, e solo questo particolare sembra dirmi che ciò che esiste non si riduce a quel che noi vediamo e sentiamo. Già il mondo onirico ci catapulta in una realtà parallela, perché non potrebbero essercene altre?
La componente paranormale sembra essere una
Se il tuo romanzo fosse una canzone, quale sarebbe? Nel periodo in cui ero vicina alla conclusione di Qualche piano oltre, ascoltavo e cantavo una canzone di Elisa: Qualcosa che non c'è. Mentre la cantavo, non potevo fare a meno di pensare a Sara, la mia protagonista, prigioniera di un dolore e di un rimpianto che la faceva rinunciare a vivere la sua vita. "Ho aspettato a lungo qualcosa che non c'è, invece di guardare il sole sorgere", dice la canzone. Ma anche Sara, miracolosamente, non aveva smesso di sognare e di sperare.
A chi consiglieresti la lettura del tuo romanzo e perché? Oh, io non vorrei escludere nessuno, quindi la consiglierei a tutti! Scherzi a parte, penso che non bisogna porsi limiti nell'avvicinarsi ai libri, continuando a scegliere solo un genere che sappiamo esserci congeniale. Spesso libri che non appartengono alle nostre abituali letture possono riservarci delle grandi sorprese. E poi non saprei nemmeno in quale genere racchiudere il mio romanzo, e non ho simpatia per le etichette della narrativa. Lo consiglierei a tutti coloro che desiderano avventurarsi in un viaggio della fantasia, dove potranno trovare amicizia, amore, paura, coraggio, mistero, grandi e piccoli eroi.
Cosa puoi dirci a proposito della tua esperienza editoriale?È stato facile trovare un editore che ti pubblicasse?
Che tipo di lettrice sei? Ci sono degli autori a cui ti ispiri o che hanno influenzato la tua scrittura? Leggo un po' di tutto, viaggiando nella narrativa fra classici e contemporanei, saltando di qua e di là. Ho una predilezione per la letteratura del mistero, Lovecraft, Poe, Bram Stoker, Anne Rice, ma anche Dino Buzzati. Sono dichiaratamente una grande fan di Stephen King: ho letto molti dei suoi romanzi e amo il suo modo di indagare nelle emozioni e nelle paure. Negli ultimi anni ho scoperto però anche Haruki Murakami, ed è stato un altro innamoramento per me. È un autore con una fantasia particolarissima, che viaggia molto nel mondo onirico, mescolandolo con maestria alla realtà, fino a farci confondere le due dimensioni. Quello che so è che c'è un mondo da leggere e non mi basterà il tempo! Comunque, assai raramente manco di portare a termine la lettura di un libro, e non leggo mai un libro due volte, con un'unica eccezione: Cime tempestose, di Emily Brontë, letto da adolescente e poi riletto a una dozzina d'anni di distanza. E forse, pensandoci bene, questa lettura ha avuto delle influenze su Qualche piano oltre.
Cartaceo o ebook? Quale il futuro dell’editoria e il tuo personale approccio ai due formati? Preferisco di gran lunga il cartaceo, perché il libro rimane per me un oggetto da tenere fra le mani, sfogliare con le dita, accarezzandone le pagine e ammirando la magia di una bella copertina stampata sul cartonato. Ma non per questo disdegno l'ebook; è innegabilmente molto comodo, pratico, e permette un risparmio in termini economici ed ecologici. È il futuro, e non si può ignorarlo.
Oltre che scrittrice sei attrice di teatro. Ti va di
Recito nel teatro amatoriale da dieci anni, nella compagnia dialettale Quei de Scala Santa, di Trieste. È un'attività che mi ha dato tanto, che ha contribuito a crescere e sviluppare la mia creatività e che mi ha sempre divertito. Penso che spaziare nelle attività creative non possa che essere uno stimolo e una grande fonte di arricchimento. Recitare, cantare e scrivere sono passioni che si alimentano a vicenda, offrendo nuovi impulsi e input da spendere nell'una o nell'altra arte. Quando ho pubblicato Tre innocui deliri, il mio primo libro, ho avuto modo di conoscere tante persone che ruotano attorno al mondo dell'editoria. Tra questi, lo scrittore Marco Giovanetti, con cui ho scritto subito, a quattro mani e via mail, una pièce teatrale intitolata Assassino allo specchio, che abbiamo portato in scena nella serata di chiusura del Festival Grado Giallo 2010. Scrittura e teatro, poi, si sono mescolati nuovamente in collaborazione con Giovanetti, che ha scelto un mio racconto pubblicato nell'antologia Nero 13 – Il giallo a Nord-Est, dal titolo Qualcuno alla porta, per esordire come regista di un cortometraggio, presentato al Cervignano Film Festival e al Festival Letterario Grado Giallo, un lavoro che sta dando molte soddisfazioni a entrambi. A breve, Qualcuno alla porta sarà anche messo in scena per una rappresentazione teatrale, ma non dalla mia compagnia, che tratta in genere commedie brillanti. C'è anche nell'aria l'idea della stesura di una commedia, ma non è ancora stata messa in atto... chissà!
Progetti e sogni per il futuro? Progetti tanti, sogni ancor di più! C'è una raccolta di racconti miei già pronta, che mi piacerebbe veder pubblicata l'anno prossimo; c'è un romanzo in fase di valutazione editoriale e il progetto di una trilogia; c'è anche una specie di piccolo saggio sul quotidiano vivere in equilibrio. Non mancano di certo le idee e l'entusiasmo. Il sogno rimane quello di assistere a una rinascita culturale e a un accrescimento dell'interesse letterario che dia in Italia nuovi e più interessanti stimoli anche alle nuove generazioni. In cartaceo o in ebook, poco importa, ma leggere rimane una grande ricchezza che vorrei veder spesa da un pubblico sempre maggiore, in un paese dove tanti scrivono ma pochi leggono.
E per saperne di più... Leggi la nostra recensione di Qualche piano oltre