La storia del fumetto autoprodotto in Italia ė una storia fatta di persone e luoghi. Lo sa bene Sara Pavan che, per raccontarla, prende una valigia e parte in tour lungo la penisola per incontrare di persona e intervistare una selezione – parziale certo, ma onesta e ragionata – di dodici protagonisti della scena indipendente fumettistica nostrana.
Sara Pavan: fumettista, fondatrice del collettivo artistico Ernestvirgola, cura INKitchen, l’area autoproduzioni del Treviso Comic Book Festival, e la sezione videoanimazioni del Festival FMK di Cinemazero. Il suo blog è sara-pavan.blogspot.it. Il blog dedicato al suo libro è ilpoteresovversivodellacarta.blogspot.it.
Ciao Sara, è un piacere riaverti tra le nostre pagine. Il potere sovversivo della carta, saggio/raccolta di interviste, è un viaggio a tratti entusiasmante nella scena dell’autoproduzione fumettistica italiana. Com’è nata l’idea per farlo e perché in questa forma, piuttosto che so, di un saggio storico-critico?
Tutto è partito da colui che poi sarebbe diventato l’editor del mio libro, Andrea Scarabelli. Al contrario di me Andrea è un vero scrittore. Per Agenzia X ha pubblicato un romanzo, La velocità di lotta, e prima di questo aveva pubblicato, sempre per Agenzia X, un altro libro, Suonare il paese prima che cada, in cui aveva proposto dodici interviste in forma narrativa ai protagonisti della scena musicale indipendente italiana. Il libro aveva avuto un’ottima risposta dal pubblico, anche quello dei non addetti ai lavori, e così Andrea aveva immaginato un libro analogo sulla scena del fumetto indipendente che, ormai anche fuori dalla ristretta cerchia degli appassionati, appariva come un calderone fecondo di idee e iniziative. È stato Andrea a trovarmi, e a propormi di scrivere questo volume e a suggerirmi la formula dell’intervista. Nel catalogo di Agenzia X sono molti i libri dedicati al racconto orale delle controculture ed io stessa come lettrice ho amato libri simili, anche di altri editori. La forza profonda di questo approccio, quello del racconto orale, dell’intervista in forma narrativa, è spiegata al meglio dalle parole pronunciate dallo stesso Andrea Scarabelli durante un workshop di scrittura con i ragazzi di ZTL, un collettivo molto attivo culturalmente, oltre che a livello civico, a Treviso: “raccontarsi perché non siano altri a raccontarci”, o a passarci sotto silenzio, aggiungo io. Il fine del mio libro inoltre non è celebrativo, ma è quello di passare la staffetta alla generazione successiva, raccontando come abbiamo fatto fumetti noi, i trenta-quarantenni di oggi della scena indipendente e autoprodotta, tra errori, prove, strade interrotte e anche successi, per dare ai ventenni lo slancio per dire “lo faccio anch’io e lo farò meglio di loro”.
A cosa si deve la scelta degli autori da intervistare?
Ovviamente non potevo intervistare tutti quelli che in Italia hanno fatto autoproduzione, per cui ho scelto dodici figure secondo una serie di criteri ben precisi:
- innanzitutto si tratta di personaggi oggi importanti anche fuori dal circuito indipendente, dei professionisti riconosciuti;
- sono figure che hanno fatto cose importanti nell’autoproduzione e nell’editoria indipendente nel loro percorso, ma che non hanno abbandonato l’autoproduzione nel presente, anche se magari oggi la vivono declinata in modo diverso, rispetto al loro passato oltre che tra di loro. Infatti si passa da chi magari di recente ha curato una rivista esclusivamente in pdf a chi si occupa di volumi stampati artigianalmente in serigrafia e rilegati a mano;
- cut off antipatico ma doveroso è stato quello dell’età. Ero interessata a raccontare le vicende di autori che fossero della mia generazione, cioè quella dei trenta-quarantenni di oggi. Per gli autori più giovani c’è qualche riferimento nelle appendici (nel pezzo di Emanuele Rosso e nell’elenco – gioco forza incompleto – delle realtà indipendenti censite fino ad ora dal Centro Fumetto Andrea Pazienza per compilare il quale si è immolato Michele Ginevra). Gli autori più vecchi invece, non solo sono già stati celebrati da tutti in tutte le salse, ma hanno vissuto un mondo totalmente diverso da quello in cui ci siamo trovati noi negli anni ’90, ovvero con il nulla attorno e pochi resistenti (loro) a combattere. Non avrebbe avuto senso inserirli.
Locandina di Alessandro Baronciani per una presentazione
Qualcuno mi critica per l’aver intervistato ben tre autori del gruppo Canicola. Ma oltre a fornirci tre punti di vista diversissimi tra loro, e per questo interessanti, non capire questa mia scelta vuol dire non aver afferrato l’importanza che Canicola ha rivestito nel fumetto italiano. Se da un lato una casa editrice come Coconino ha il merito di aver permesso alla mia generazione di leggere tanta roba buona, chi però ci ha dato voce, come generazione, chi ci ha dato visibilità anche all’estero, innanzitutto diventando il biglietto da visita del fumetto italiano presso i maggiori festival europei, ma anche pubblicandoci, è stata Canicola. E posso dirlo io, a chiare lettere, perché non ho conflitti d’interesse.
Conoscevi personalmente tutti gli intervistati?
Di nome li conoscevo, ma certo non ero legata a tutti da rapporti personali. Ok, ci sono le eccezioni, ad esempio non è un segreto che con Francesco Cattani e io abbiamo avuto una lunga storia sentimentale. Poi ci sono state le coincidenze della vita a farmi incontrare alcuni degli altri autori intervistati quando ancora eravamo under 30. Prima che MP5 diventasse MP5 ci siamo trovate a vivere nella stessa casa durante il primo anno di università a Bologna. Ma si sa, il mondo è paese. Ad esempio, sempre a vent’anni, una sera che non sapevo dove dormire a Milano, dove ero di passaggio insieme a un’amica per il mitico Happening Underground del Leoncavallo, mi ha dato ospitalità un conoscente che era originario della mia zona e che all’epoca studiava a Milano e che per caso era il coinquilino di Alessandro Baronciani. Però, per dire, prima di andare a Roma a intervistare ZeroCalcare o in Finlandia a intervistare Amanda Vähämäki non avevo mai avuto contatti diretti con loro. Anche se Amanda, per dire, ha vissuto a Bologna per tanti anni. Io però non l’avevo MAI incontrata di persona. Nonostante questo, spiegato il mio progetto, sono stati tutti disponibilissimi e mi hanno aperto le porte delle loro case e donato tempo prezioso per raccontarmi della loro vita, anche se ero una completa sconosciuta. Anzi proprio perché non erano miei amici era importante incontrarli di persona, per instaurare quel rapporto di fiducia che permette alle persone di raccontarsi a cuore aperto… difficile farlo via webcam o via chat.
Dal lato umano, mi sembra di capire che il libro è stata una esperienza vera e propria, quasi una performance artistica, facendoti girare l’Italia in una sorta di pellegrinaggio verso i Santi dell’autoproduzione!
È stato anche un viaggio nel tempo perché spesso sono tornata in luoghi che non visitavo da dieci anni! Adesso con il tour delle presentazioni questo cortocircuito spazio temporale continua a innescarsi. È stato un viaggio fisico, ma anche un viaggio nel mio passato individuale: macinando chilometri anche la memoria viaggia e così ho ripercorso le piccole grandi tappe che mi hanno portata, come succede a tutti, da adolescente a diventare una persona adulta, quindi sì fumetti, ma anche amori, dolori, cazzate, casini, cambiamenti. Poi durante il viaggio ho incontrato tante nuove persone e vissuto tante avventure incredibili. Baronciani nella sua intervista ragiona sul fatto che lui una vera pistola a Pesaro non l’ha mai vista, io a Lucca ho addirittura tenuto in mano una Smith&Wesson e non eravamo in tempo di cosplayer! Per chi non lo sapesse la 44 Magnum dell’ispettore Callaghan è pesantissima. Ci sarebbe un altro libro intero da scrivere con quello che mi è capitato andando a zonzo. E se non fosse stato per l’aiuto della gente questo viaggio sarebbe stato molto più difficile e molto meno divertente oltre che inaffrontabile dal punto di vista economico. Invece da amici di vecchia data che non sentivo da anni fino a perfetti sconosciuti mai più incontrati, tutti mi hanno fatto sentire che il mondo può essere un posto accogliente. Chi offrendo ospitalità, chi un passaggio, chi dritte e indicazioni. A molti non ho potuto tornare alcun favore, ho potuto solo citarli per nome nei ringraziamenti del libro anche se, in particolare gli stranieri, non lo verranno mai a sapere. Da sempre però applico il karma del viaggiatore, accetti l’aiuto di chi te lo offre e per ringraziare di ciò che ricevi dai il tuo aiuto a chi puoi aiutare tu. Facendo così, prima o poi, qualcuno aiuterà anche chi ha aiutato te. So che sembra una fricchettonata, ma vi assicuro funziona.
Presentazione al Modo Infoshop di Bologna
Ci vogliono delle indubbie doti “diplomatiche” per far aprire le persone e farle parlare tanto, spesso anche di dettagli personali e non strettamente legati al fumetto quanto alle loro vite. Qual è il tuo trucco?
Io mi espongo in prima persona, per far capire che non ho pregiudizi di sorta. Chi mi ha incontrata dal vivo sa che racconto sempre divertentissimi e imbarazzantissimi aneddoti, anche a sfondo sessuale. Questo aiuta. Poi so ascoltare. Alla fine le interviste sono come i primi appuntamenti, è sempre bene presentarsi con un regalino ad hoc per la persona, qualche birra va bene per Andrea Bruno, ma non per uno straight edge come ZeroCalcare, un vassoio di macaron è perfetto per Amanda Vähämäki soprattutto perché così i suoi figli saranno intenti a bere il the e a mangiucchiare mentre lei potrà rispondere tranquillamente alle domande… poi guardare negli occhi, sorridere, iniziare a chiacchierare anche d’altro e soprattutto fare domande. Farsi vedere interessati e trovare dei punti in comune che inneschino quella sensazione di serendipity. Quando scatta la serendipity la preda è tua. Nelle interviste come nei flirt.
Presentazione al circolo MAITE di Bergamo
Ogni autore sembra parlare a ruota libera, così le interviste diventano fabula, racconto, memoria. Sara Pavan scompare come intervistatrice, lasciando spazio solo alle parole degli intervistati. Ma come si sono svolte le interviste, e quanto è stato difficile montarle, mettere insieme le risposte, dar loro un aspetto organico?
Risposta sincera: io un libro così non lo farò mai più. È stata un’agonia. E non avete idea di quanto abbia tribolato anche il mio editor! E oltre a lui anche gli altri della casa editrice, tra cambi dell’ultimo minuto, via libera che non arrivavano, imprevisti che portavano una certa intervista a diventare anacronistica nell’arco di una notte. Un casino.
Ma questo è stato il finale, lungo, ma comunque il finale. La fase immediatamente successiva ai viaggi e alle avventure, il dietro le quinte che nessuno conosce, è composto di giorni e giorni passati a sbobinare ore e ore di registrazioni… sì perché a volte, per raccogliere le informazioni che ti servono, ti ritrovi con un intero pomeriggio di chiacchiere registrate, io poi sono maniacale e ho trascritto tutto parola per parola. Poi, sai, l’italiano dei romani è diverso da quello di chi abita in Francia da anni o da chi è lingua madre finlandese, per cui l’editing a volte è stato pesante. Così pesante che alcuni poi non si sono più riconosciuti. MP5, ad esempio, ha giustamente cambiato diverse parole che non rendevano più l’esatta sfumatura di senso che lei voleva dare al suo discorso fino ad arrivare ad Amanda Vähämäki che non si è sentita per niente rispecchiata da come avevo trasformato il nostro pomeriggio assieme e che per questo mi ha chiesto di reintegrare la formula domanda e risposta classica che restava più fedele alla trascrizione letterale della nostra conversazione. In realtà anche quel pezzo poi l’ho sistemato in modo tale che, anche saltando le domande, il discorso fili liscio. Provare per credere.
La cosa incredibile è come questo insieme di esperienze riesca a disegnare un quadro comune, una storia non cronologica dell’autoproduzione, fatta di persone, emozioni, storie di vita che si intrecciano a quelle di carta e fotocopie. E’ una impostazione che è venuta naturale, o una direzione che hai cercato attivamente di dare?
Ovviamente è stata un’azione voluta, l’ordine stesso delle interviste è propedeutico alla lettura da parte di chi non sa assolutamente niente di questo mondo. Poi lo so che i miei compagni di corso all’università si andranno a leggere subito l’intervista a ZeroCalcare mentre i ragazzi di Ernestvirgola magari sono curiosi di scoprire cosa ha detto Francesco Cattani di loro. Ma i veri destinatari del libro, lo ripeto, sono le ragazze e i ragazzi che si stanno affacciando ora sulla scena del fumetto. È una guida per loro, perché possano districarsi in questo sottobosco, per indicare loro i sentieri che abbiamo tracciato noi, che li seguano o meno non importa, ma è inutile che ricomincino da capo, noi siamo arrivati fin qui, ha senso per me condividere i frutti degli sforzi fatti dalla mia generazione. Sono rimasta molto stupita da alcuni incontri con gli studenti. Ne ho trovati di molto passivi, pieni di idee ma in attesa che qualcuno “desse loro la parola”, che questo qualcuno fosse di volta in volta la scuola, un’istituzione o una casa editrice fa poca differenza. La mia generazione è quella nata a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, quella che doveva avere tutto e poi non ha avuto niente, quella che dopo il torpore degli anni ’90 si è risvegliata e ha fatto il G8 di Genova, quella che oggi è in piedi e continua a fare nonostante tutto. È la generazione dei makers, del do it yourself, della decrescita, della cittadinanza attiva a prescindere dai partiti politici. A me preme trasmettere ai nostri eredi, i ragazzi nati negli anni ’90, cresciuti con attorno un mondo che gli sta urlando contro “non avete futuro”, quello slancio che ha permesso a noi di fare. In questa ottica questo è sì un libro sui fumetti, ma la filosofia dell’autoproduzione che sta alla base delle storie di vita che vi sono raccontate la si può applicare a qualsiasi ambito della vita.
Vignetta da “Femore meraviglioso”
Abbiamo parlato del libro e degli autori intervistati. Volevo chiudere parlando di te, invece. Nel libro parli della ridicola vicenda del 2008 che ti ha vista messa all’indice per meri scopi di campagna elettorale, accusata in maniera pretestuosa e completamente inventata di veicolare fumetti pornografici ai bambini. Un’esperienza che ti ha bloccata, facendoti abbandonare il disegno fino a poco tempo fa. “Femore meraviglioso“, pubblicato proprio in coda al libro, è un primo passo verso il ritorno al fumetto disegnato? Ti senti finalmente più libera dagli strascichi di quell’esperienza? Dove andrà Sara Pavan ora?
L’occasione che ha portato alla realizzazione di “Femore meraviglioso” è stata l’uscita della seconda antologia di Ernestvirgola, fortissimamente voluta da Cristina Portolano che poi con il suo entusiasmo ha contagiato il resto del gruppo Ernest. A una settimana dalla chiusura del volume, non avevo ancora realizzato un mio contributo e pressata dalle richieste degli altri (“Non puoi mancare proprio tu!”), mi sono messa di buona lena e ho raccontato questa piccola storia. In realtà in tutti questi anni ho avuto spesso idee per dei fumetti, ma mi è sempre mancato lo slancio per passare dal dire al fare. L’antologia Ernest 2 è andata bruciata tra Lucca 2013 e un paio di librerie e ora siamo in ristampa. Sto curando personalmente la riedizione, perché per l’occasione vorrei correggere alcuni refusi e alcuni problemi squisitamente tecnici della realizzazione del primo impaginato. L’operazione, di per sé semplice, sta richiedendo tempi biblici visto che sono sempre in giro a presentare il mio libro Il potere sovversivo della carta (#IPSOcarta per i fanatici di tag), ma gli altri autori presenti in Ernest 2 stanno sopportando la lunga attesa e e la mia inaffidabilità con un atteggiamento davvero zen.
Detto questo, proprio grazie a #IPSOcarta, ho fatto pace con l’annosa questione a cui fai riferimento nella domanda. Ho recentemente presentato il mio libro a Genova, città dalla quale partì tutto quello scandalo, proprio a ridosso del quinto anniversario del fattaccio e sono stata non solo accolta a braccia aperte, ma karmicamente mi sono riappacificata con il senso di inadeguatezza che le critiche ricevute mi avevano lasciato addosso, proprio perché, forte di quell’esperienza, nel compilare #IPSOcarta ho condotto le varie scelte in modo assolutamente consapevole, sapendo che avrebbero scontentato qualcuno, ma pronta a difenderle a spada tratta. Questo non significa che il mio libro non abbia dei limiti, ma sulla questione più spinosa, ovvero la definizione della rosa dei nomi, sono convinta al 100% di aver scelto i nomi giusti per il fine che avevo, raccontare la mia generazione in un preciso decennio, gli anni zero.
Ora, fumettisticamente, non so davvero dove andrò. Per lavoro continuo sempre a disegnare, soprattutto illustrazioni e storyboard per produzioni video; disegno un pochino anche nella mia vita privata per tenere traccia di quello che mi capita andando in giro. Tutto qui. Quello che avevo da dire sul fumetto l’ho messo tutto in #IPSOcarta. Se mai facessi qualcosa di nuovo, in un futuro lontano, sarebbe per unire le altre mie passioni, quindi il raccontare storie, l’interesse per la sfera della sessualità e la passione per la divulgazione medico scientifica in generale.
Nel breve termine invece quello che sto cercando di fare, oltre a mandare in ristampa Ernest 2, è riuscire a realizzare una raccolta con le migliori storie a fumetti uscite in autoproduzione tra il 2011 e il 2014 in Italia raccogliendole in un unico volume in pdf completamente in inglese. Ci sto lavorando con altri ragazzi, per ora stiamo stabilendo le dinamiche per la open call che spero lanceremo durante il prossimo TCBF a settembre. Quindi dita incrociate.
Abbiamo parlato di:
Il potere sovversivo della cartaSara Pavan
Agenzia X, 2014
288 pagine, brossurato
ISBN 978-88-95029-74-0