Il processo di pace tra lo storico leader curdo Abdullah Öcalan e il governo presieduto da Recep Tayyip Erdoğan - dopo 30 anni di guerra civile e 40000 morti - procede dunque senza apparenti intoppi: il cessate il fuoco tiene, è stato posto uno stop effettivo ad atti di terrorismo e ad azioni di guerriglia; questa è però la prima fase, il disarmo completo e la smobilitazione del Pkk arriveranno solo alla fine: Karayılan ha infatti promesso rappresaglie immediate nel caso di attacchi da parte dell'esercito.
Abbiamo parlato di questi eventi di portata storica e del futuro dei rapporti tra turchi e curdi - in occasione di un incontro organizzato dalla Fondazione dei giornalisti e degli scrittori (Gyv) - con Altan Tan: deputato del Partito della pace e della democrazia (Bdp, pro-curdo) per Diyarbakır nel sud-est, curdo e conservatore d'ispirazione islamica, membro della commissione parlamentare che sta scrivendo la nuova costituzione, membro della delegazione che qualche settimana fa ha incontrato Öcalan nel carcere sull'isola di Imralı.
Tam è moderatamente ottimista: la volontà politica c'è, le condizioni interne e il contesto internazionale sembrano maturi, gli errori del passato sono stati stavolta evitati; ritiene che "nel giro di 2-3 mesi il ritiro dovrebbe essere completato". Fondamentale, secondo lui, è stato il coinvolgimento diretto di Öcalan: che nello scorso settembre ha scritto a Erdoğan per proporgli un accordo, "per fare insieme la storia", "per rimodellare insieme il Medio oriente".
In precedenza, durante i negoziati di Oslo del 2009-2010 poi falliti, il leader politico del Pkk era stato tenuto ai margini: e le trattative condotte dai servizi segreti turchi - il Mit guidato dal fedelissimo del premier Hakan Fidan, responsabile operativo anche di quelle attuali - direttamente con i comandanti militari.
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