Nome: Angelo
Cognome: Marenzana
Ultimo lavoro: Ora segnata
www.angelomarenzana.net
Hai carta bianca: descriviti pure come preferisci.
Chiedetelo agli altri,è meglio. Io ho una visione troppo di parte. E poi non so come sono, potrei dire d’umore un po’ ballerino, malinconico e generoso. Che sia il ritratto di un eroe d’altri tempi? Io però a differenza dell’eroe quando mi incazzo non faccio paura a nessuno ma divento antipatico a tutti. Forse non ho capito niente di come sono fatto nemmeno dopo cinque anni di analisi, ma almeno sto abbastanza bene con me stesso e credo di non rompere le scatole al prossimo.
Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?
Vi ricordate Legami di morte (Dario Flaccovio Editore, 2009)? E il commissario Augusto Bendicò, poliziotto in una città del nord Italia simile alla mia Alessandria ma non dissimile da tante altre durante il regime fascista? Con Ora Segnata (edizioni Iris 4, con la graditissima prefazione del grande Ernesto G. Laura) torna il nostro Augusto Bendicò che cerca di districarsi tra i troppi motivi che possono aver spinto qualcuno all’omicidio di un noto fotografo che ha stretti rapporti con gli ufficiali di stanza nelle colonie, grande amante del gioco, degli affari poco chiari e assiduo frequentatore di bordelli.
Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi- ti saresti imbattuto in un romanzo come questo?
Credo di no. Io ho iniziato a scrivere immaginando di produrre altre cose. Ero attratto dall’horror. Poi il fascino per il periodo centrale del novecento mi ha preso la mano. Forse mi è stato utile per usarlo un po’ come scrigno all’interno del quale conservare ricordi, anche di famiglia, delle storie che mi sono state raccontate da bambino da parenti e amici di famiglia, le atmosfere dell’epoca, i soprannomi, i retroscena di tante vicende di quartiere. Quasi un pezzo di storia tramandata oralmente e di cui a me spetta di conservarne le tracce.
Hai mai ballato sotto la pioggia?
No. E neanche sotto il sole. O nella nebbia.
Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
Lo Straniero di Albert Camus.
La tua canzone preferita è…?
Concerto Grosso, New trolls, 1971. Oppure Celeste di Zucchero.
Che rapporto hai con la televisione?
Guardo solo i programmi di informazione e occasionalmente quelli di satira. Con l’avvento del digitale ho fatto sparire volutamente i canali Mediaset dal mio telecomando. Uso spesso Rai News come sottofondo mentre faccio altro, come fosse una radio.
E con il cinema?
Fino a qualche anno fa era un buon compagno di vita. Oggi, a parte alcune eccezioni, faccio fatica a stare dietro alle nuove produzioni. Guardo film più vecchi. Il mercato mi sembra saturo di effetti speciali, azione inverosimile (che un po’ va bene, ma così!) e di commedie insulse. Cercando bene qualcosa si trova, ma oggi non capisco più perché si debba sempre cercare. Avrei voglia anche di belle cose servite su un piatto d’argento.
Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
Il mio record sono sei ore. Ancora con il vecchio telefono di casa e si pagava in lire.
Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
No. Preferisco gli scioglilingua e mi divertono molto i luoghi comuni.
Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
Preferisco dire le cose guardando direttamente l’interessato. Anche per questo faccio un po’ fatica a usare i vari facebook che abbiamo a disposizione.
Ti sei mai rapato i capelli a zero?
No. Alla mia età (sono nato nel ’54, fate voi i conti) ho ancora i capelli neri (non tinti) e folti. Preferisco tenermeli in bella vista e fare invidia al ricco cavaliere che per averne quattro si è visto costretto a pagare pure quelli. A lui i soldi, a me il pelo. Non è una gran soddisfazione ma mi accontento.
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Altro?
Il titolo.
Quando scrivi hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?
Non sono mai riuscito a immaginarmi il profilo di un mio possibile lettore. Quando scrivo mantengo in stretta correlazione parole e immagini, e queste ultime mi scorrono davanti agli occhi come una pellicola lenta che mi guida nello sviluppo della vicenda. Forse scrivo pensando a chi vuole “vedere” il mio romanzo.
Tra due ore si parte per un viaggio su marte, scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
Una camicia bianca, un coltellino svizzero, e una radio. Vorrei anche una penna stilografica ma dovrei nasconderla perché sono andato oltre il limite consentito. Che dire ai marziani? All’umanità piace cercarsi delle grane. Quando capiranno questo concetto molto semplice la vita sarà un piacere per tutti.
La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che non sopporti.
La lamentela, il non sense, l’arroganza mista a presunzione.
Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se si, ci regali un’anticipazione?
Contravvenendo a ogni regola di scrittura, io inizio molte cose poi le lascio. Passo a un’altra e poi torno alla precedente in un via vai un po’ schizoide. Per fortuna arriva anche il momento in cui mi impongo di finire una cosa e metterla da parte. Adesso ho due romanzi finiti e in lettura presso alcuni editori. Poi ce ne sono altri due che vorrei finire, un fantasy (che serve a dare concretezza a un paio di racconti che ho già pubblicato) e un nuovo romanzo ambientato nell’aprile del 1944, nella settimana che precede il primo pesante bombardamento alleato che ha ferito Alessandria. Questa volta muore un ex poliziotto, la situazione generale è allo sbando, ma il nostro protagonista, eroe amante della tromba e dello swing, chiuderà in bellezza la storia trovando il bandolo della matassa e facendosi abbracciare da una bella e ricca signora.
Prima di salutarci l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
Perché? Ma perché?
Sinceramente non lo so.