Intervista agli Akram e al loro Carpe Diem

Creato il 21 dicembre 2012 da Lozirion

Voce, chitarra, basso e batteria. Quattro elementi, la formazione base di una band, semplice ma estremamente efficace, ed è con questa formazione che si presentano gli Akram, quartetto palermitano con la passione per il rock e per la musica italiana.
Dalla loro Sicilia i quattro si spostano dopo pochi anni nel milanese, dove, coadiuvati da Massimo Vecchi – bassista dei Nomadi nonché loro scopritore, amico e produttore – consolidano un sound personale composto da una musica di stampo americano ed una composizione tipicamente italiana.
Durante la permanenza a Milano la band ha la grande occasione di conoscere e collaborare con musicisti di classe e fama come Gabriele Lorenzi, già tastierista di Lucio Battisti nella Formula 3, Luca Volontè, sassofonista di Francesco Baccini e Gianluca Grignani, Patrix Duenas, bassista e percussionista di Edoardo Bennato, e Graziano Rampazzo, grande batterista di Eugenio Finardi, esperienze che fanno crescere i palermitani e che aggiungono un tassello al percorso verso il debutto ufficiale della band, debutto che, anticipato dal singolo “Carpe diem”, si avvicina sempre di più e che si preannuncia un album decisamente interessante e ricco di collaborazioni illustri. Una buona occasione per conoscere meglio questi quattro ragazzi e la loro musica…
Ciao ragazzi! Cominciamo con le presentazioni, chi sono gli Akram e come nascono?

Nasciamo nel 2007, sulle Madonie, in provincia di Palermo. La voglia è sempre quella di dare un segnale forte proveniente da una terra così difficile da gestire anche artisticamente parlando. Ci siamo trovati “facilmente”…Beh sulle Madonie non è difficile rintracciarci. Ci conosciamo tutti e tutti sappiamo tutto di tutti. È stato semplice unire i nostri ideali, le nostre forze, la nostra voglia a modo nostro di amare la musica. Siamo in 4: Mirko Pellicane voce; Francesco Pantano  basso; Domenico Inguaggiato batteria; Max Piro chitarre.
Siete nati in Sicilia, terra fertile del cantautorato italiano, ma forse un po’ ostica per quel che riguarda una musica di stampo più moderno e internazionale, quanto pesa la tradizione e quanto è difficile portare avanti un progetto come il vostro?

Le difficoltà che si riscontrano giornalmente in territori stupendi ma allo stesso tempo difficilmente gestibili come i nostri sono diverse. La tradizione, intesa soprattutto come genere musicale non è un ostacolo, anzi forse una fonte pura e selvaggia dalla quale attingere forza e coraggio. I problemi sono la scarsa raggiungibilità dei centri più grossi dove proporsi, per esempio; la politica che, più ti interni più pensa soltanto all’uovo di oggi piuttosto che alla gallina di domani e purtroppo la pressa del governo nazionale che preferisce isolarci piuttosto che valorizzare le risorse della nostra terra: arte in generale, musica, teatro ecc…ecc…
Massimo Vecchi, bassista dei Nomadi, vi ha scoperto, è il vostro produttore artistico e in qualche modo anche vostro mentore, parlateci del vostro rapporto con Massimo.
Akram: Beh, Massimo è a tutti gli effetti un fratello. Un padre musicale e consigliere. C’è grande rispetto reciproco a livello musicale e personale. Ci ha messo alla prova qualche anno fa, soprattutto per stimolarci ma lo ha sempre fatto con dolcezza e positività. E’ sempre attento e presente su tutto ciò che facciamo, anche nella vita privata. E’ stata una fortuna conoscerlo. E’ un grande artista, un grande musicista e un grande uomo.
Oltre a Massimo nel vostro curriculum potete vantare molte altre collaborazioni illustri, da Patrix Duenas a Luca Volontè, quanto sono importanti esperienze come queste per il percorso della band?
Akram: Sono fondamentali!!! Conoscere chi della musica è riuscito a farne veramente vita è come conoscere la Dea in persona. Il confronto continuo con personaggi del loro calibro è motivo di velocissima crescita artistica. È sempre un’emozione immensa quando lavoriamo con loro ma quella stessa emozione si trasforma in forza e convinzione. Un giorno con loro equivale ad un anno trascorso a studiare.
Di cosa parlano le vostre canzoni? E Come nascono?
Le nostre canzoni nascono dalla voglia di gridare al mondo intero che c’è qualcosa che non va. Che è sempre giusto reagire alle ingiustizie ma bisogna farlo con il massimo rispetto della persona. Scriviamo solitamente i testi e da lì si parte insieme verso un percorso che comprende l’arrangiamento e poi la produzione definitiva. Siamo una squadra che si mette a confronto giornalmente e che, musicalmente parlando non litiga mai. Come si può litigare su un’emozione, uno stato d’animo personale che si trasforma in ritmo, armonia e melodia?
Nel vostro sound si sente un’indole rock che pesca dal filone americano, ma anche un attaccamento alla musica italiana nella composizione e nella melodia, quali sono le vostre “muse ispiratrici” in questo senso?

Quello che abbiamo deciso di seguire è il senso di freschezza e l’impatto che si usa in America, per dire e trasmettere qualcosa. Siamo 4 ragazzi che abbiamo ascoltato di tutto: rock 70, dance, pop, musica leggera in generale, rap, rock contemporaneo ma se dovessimo identificarci o dire che l’ispirazione è venuta perché abbiamo ascoltato “x” artista, questo non possiamo farlo. Non saremmo in grado di farlo. Il cuore batte e noi seguiamo il suo ritmo. L’attaccamento alla melodia e al testo italiano è obbligatorio. La melodia italiana è la più dolce in assoluto e anche la più difficile da organizzare.
È da poco uscito “Carpe Diem”, il vostro nuovo singolo che anticipa l’uscita del primo album ufficiale, cosa significa per voi “Carpe Diem”, e quali sono le vostre sensazioni all’avvicinarsi del debutto?

Per noi significa cogliere tutto ciò che la vita ci da senza soffermarsi troppo sui lati negativi. I lati negativi ci sono ma devono essere immagazzinati, rielaborati e gettati fuori sotto forma di idee positive e innovative. La vita, in un singolo istante può regalarci qualcosa che ad altri invece non basterebbe una vita per raggiungerla. Noi siamo pronti e al momento giusto la afferriamo e la teniamo stretta con tutta la nostra forza. Questo è il periodo più bello e complesso della nostra esistenza. Siamo ansiosi di farci conoscere e soprattutto di conoscere tutti coloro che avranno la pazienza di ascoltarci e seguirci. Siamo ansiosi di metterci a nudo di fronte al mondo intero.
Che progetti avete per il futuro? E, visto il periodo natalizio, cosa vorrebbero trovare gli Akram sotto l’albero?

Beh aspetteremo l’inizio del nuovo tour che sarà dedicato alla divulgazione del nostro album. Saremo in giro per l’Italia, in piazze, teatri e locali vari. E in giro per le radio nazionali e tutti potranno seguirci collegandosi al nostro Sito. E per Natale sinceramente sotto l’albero vorremmo trovare un’Italia nuova. Un’Italia fatta ancora di sogni e speranze. Perché il nostro Paese è sempre stato ricco di tutto ciò e non di povere illusioni.





Intervista pubblicata su Oubliette Magazine

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