Intervista alla scrittrice Nicoletta Bortolotti

Creato il 15 novembre 2012 da Ilibri

Ringrazio Nicoletta per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Nella quarta di copertina leggiamo che, oltre ad essere redattrice, sei “ghost writer” in una grande casa editrice italiana. Vogliamo spiegare in cosa consiste questo lavoro, magari dissipando i dubbi che aleggiano sui lettori, quando vedono autori di successo sfornare nuovi titoli a ritmo forsennato …

Ho fatto la ghost writer di libri per ragazzi. Il ghost è uno “scrittore fantasma” che scrive l’opera, ma il cui nome non compare in copertina. Nella letteratura per ragazzi questo espediente è utile nel caso si narri di personaggi legati a una serie televisiva o a una property. Se è il personaggio stesso che parla e si rivela ai giovani, la firma di un altro autore sarebbe un controsenso. Alcuni personaggi famosi o dello spettacolo si avvalgono di ghost per raccontare la propria vita. Ma anche scienziati o uomini politici. Loro ci mettono le idee e i contenuti e il ghost li traduce in una forma accattivante per il grande pubblico.

È la prima volta che scrivi per te, come autrice e in prima persona? Cosa provi a comporre un libro “tutto tuo” rispetto a quando scrivi “per altri”?

“E qualcosa rimane” è il mio terzo romanzo e a gennaio uscirà per Mondadori un mio libro per ragazzi, dal titolo “Sulle onde della libertà”. Certo, firmare i propri testi come autrice dà più soddisfazione, ma la scelta del soggetto, dell’idea, di una scaletta, di una certa voce narrante ricade interamente su chi scrive (e in parte su chi fa l’editing) con tutti i rischi del caso. Scrivere per altri offre al contrario il vantaggio di un plot e già strutturato e di sicuro appeal. Il ghost ci mette la penna e la creatività. Però poi scompare dalla scena come ogni fantasma che si rispetti…

Margherita ha due figli, tu hai due figli; Margherita ha una sorella, nei “ringraziamenti” finali ringrazi tua sorella … Quanto è autobiografico il tuo romanzo?

Ogni romanzo è in parte autobiografico e in parte no, nel senso che uno scrittore compone in un mosaico frammenti di vita vissuta, tratti caratteriali e fisici di persone realmente conosciute, ricordi, luoghi che ha visitato con elementi fantastici e romanzeschi. E così ho fatto io. Certo, il personaggio di Margherita in parte mi rispecchia, soprattutto per il tipo di vita che conduce. Ha due figli, è pendolare… Ma, rispetto a lei, mi sento più realizzata… Ho una sorella minore, è vero, però è molto diversa da Viola, un personaggio fortemente romanzato. La trama del romanzo è inventata. Io e mia sorella non ci siamo mai separate, mio padre è stato un padre presente. Poi c’è la Milano degli anni Settanta. Quella sì, l’ho vissuta, respirata sulla mia pelle…

Come mai il titolo allude a “Rimmel” di De Gregori e nella narrazione si parla di molte canzoni, ma non di quella che dà il titolo al romanzo? Come si sceglie il titolo di un’opera?

Il titolo originario del romanzo era “La casa di Lego”. Ma poi bisognava chiedere i diritti alla Lego… E siccome nel testo erano presenti molti riferimenti ai cantautori, che sono stati un po’ la colonna sonora della mia generazione, la casa editrice ha pensato di trovare un verso di un cantautore che fosse rappresentativo del tema del romanzo. “E qualcosa rimane” ci sembrava azzeccato perché tutto il libro vorrebbe in fondo rispondere a queste domande: che cosa rimane dei sogni, dell’amore, della giovinezza? Che cosa rimane quando sembra che niente rimanga?

E la copertina, anch’essa assai particolare, come è stata scelta la cover?

In una prima fase si era scelta una copertina molto bella, ma un po’ più fredda. Poi l’editor che ha seguito il libro ha trovato questa splendida immagine. La ragazza con il chewingum esprime bene l’atmosfera del romanzo: un po’ sbarazzina e un po’ assorta, un po’ ingenua e un po’ misteriosa. Com’è l’infanzia.

Ho letto che i treni delle Nord (dei quali anch’io sono utente!) sono la tua “casa di Lego”. Cosa simboleggia “la casa di Lego” nel romanzo? E nella vita reale?

La casa di Lego è il luogo in cui ognuno di noi può sentirsi veramente “a casa”. Cioè a proprio agio con se stesso. Non sempre coincide con la “casa fisica” che abitiamo in un dato momento della vita. Io penso di averla trovata per ora in questa villetta a schiera col giardino, fuori Milano, lontana dalla vita frenetica e competitiva della grande città, dove vivo con mio marito, i miei due figli e due gatte.

Progetti per il futuro: scrivere per te, scrivere per altri. In che misura?

Se mi capiterà ancora di scrivere per altri lo farò volentieri, ma mi vorrei orientare verso progetti miei, che come ho accennato prima, sono più gratificanti.

Hai già un’idea per il prossimo romanzo?

Sì, ma è allo stato embrionale. Sto studiando…

Sicuramente il lavoro che svolgi e la sensibilità che hai dimostrato scrivendo questa storia ti consentono di esprimere – da una posizione privilegiata – un parere personale e per noi utile sulla domanda che sto per formularti. Qual è l’errore più ricorrente che compiono gli scrittori e gli aspiranti? Sulla base della tua esperienza, quali consigli ti senti di dare a un esordiente?

L’errore più frequente è quello di non applicarsi abbastanza e forse di non leggere abbastanza. O di non fare abbastanza prove facendole poi vedere a persone fidate per raccogliere suggerimenti. Mi spiego: a volte si leggono manoscritti che hanno una scrittura trascurata, non scorrevole, o magari volutamente troppo complicata, troppo ricercata. Questi sono i tipici errori dei principianti. Un altro limite è quello di non dedicare abbastanza tempo alla costruzione di una trama credibile e coinvolgente, con una scaletta capitolo per capitolo. Magari leggo delle sinossi di romanzi in cui si perde il filo, in cui vi sono cento personaggi diversi e tante storie che si intrecciano: per chi inizia è meglio concentrarsi su pochi personaggi da pprofondire bene e su uno sviluppo della trama intrigante ma lineare…

In questo ambito, hai qualche episodio curioso o divertente da raccontarci?

Due autrici, per far notare il proprio manoscritto fra i mille che arrivano in casa editrice, mi mandavano ogni settimana una misteriosa busta arancione, come in una specie di caccia al tesoro, con alcune frasi tratte dal loro romanzo… Inutile dire che ho letto il loro progetto con curiosità e simpatia per la loro creatività.

Concludiamo con la domanda a piacere: Nicoletta chiede, Nicoletta risponde …

Auto-domanda: di cosa parla il tuo nuovo romanzo per ragazzi? Auto-risposta: ho scoperto che sulla striscia di Gaza, ragazzi e ragazze di ogni età cavalcano le onde con le loro tavole da surf, in mezzo alle mille difficoltà causate dalla guerra e dalla povertà.

Questo libro è liberamente ispirato alla leggendaria figura del maestro di surf Dorian “Doc” Paskowitz, venuto a Gaza dalla California con moglie e figli. Forzando il blocco militare sul valico di Erez, “Doc” riuscì a procurare quindici nuove tavole per i giovani surfisti. Alcuni lo considerarono un campione indiscusso, altri un visionario. Il suo motto era: “Non fate la guerra, fate il surf.” Su questa vicenda Sean Penn vorrebbe fare un film e sono stati girati alcuni documentari.

“Sulle onde della libertà” è la storia di un ragazzino israeliano e di uno palestinese che si sfidano sulle onde e a dispetto di tutto diventeranno amici. Un libro divertente e commovente sulle tecniche surfistiche, sulla passione per il mare e sull’amicizia…

Penso che possa interessare i ragazzi della scuola primaria e gli insegnanti più sensibili e aperti a temi come la convivenza pacifica fra i popoli e lo sport quale strumento di educazione alla pace.

Ringrazio Nicoletta Bortolotti per la disponibilità e la simpatia con la quale ha risposto a …

… Bruno Elpis

 

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