Vi auguriamo buon weekend con questa intervista all’autrice Aurora Gray!
- Quando e perché hai cominciato a scrivere? Scrivo da quando ho nove anni. Ho iniziato con la poesia. E per quanto riguarda il perché… Beh, per lo stesso motivo per il quale respiro. Involontario e necessario.
- Hai qualche modello di riferimento? Oscar Wilde. Ma non so scrivere come lui.
- Cosa influenza la tua scrittura? Il tormento e il cuore.
- Quali sono le tue passioni letterarie? Amo leggere romanzi, ma non disdegno le raccolte di racconti. Non c’è genere che prediliga. L’opera funziona quando riesce a distaccarmi totalmente dalla realtà.
- Hai qualche nuovo progetto in cantiere? Sempre.
- I personaggi che più ami dei tuoi libri. E quelli che non tolleri (se ce ne sono). Amo i diversi. I fragili. Gli abbandonati. Ne riesco a cogliere tutta la ricchezza. Disprezzo i perbenisti. Gli insensibili. Gli aridi. È complesso cercare di immedesimarmi in loro, ma a volte è necessario.
- C’è qualcosa di autobiografico in ciò che scrivi? Certo. Non nei dettagli, bensì nei contenuti.
- Cosa consiglieresti a un aspirante scrittore? Leggere, leggere, leggere, leggere, scrivere, scrivere, scrivere, scrivere, prendere porte in faccia, prendere porte in faccia, prendere porte in faccia, prendere porte in faccia. Se alla fine di tutto questo percorso sei ancora davanti alla tua tastiera, allora sei pronto.
- Come scrivi? (Esempio: a mano, macchina da scrivere o computer? Hai qualche rituale particolare che segui quando ti metti a scrivere? Hai una zona preferita della casa dove farlo? Un momento del giorno?) Prima immagino. E quello non dipende da me. L’ispirazione arriva. Vedo la storia. L’inizio e la fine. È il centro che mi manca. E inizio a scrivere. Di notte. Semplice scrivania scarabocchiata. Computer con ventola rotta. Rumore assordante. Specchio di fronte. Copio i miei gesti. Sigarette e Redbull accanto. Elliot Smith in sottofondo.
- Ti sei mai ispirato a situazioni reali o persone conosciute? Non nello specifico. Non amo fare i conti con la penna. Preferisco i faccia a faccia.
- Se l’ispirazione ti abbandona, come reagisci? Non lo so. Non mi è mai successo.
- Scegli un estratto che vorresti condividere con i lettori – da uno dei tuoi libri pubblicati con noi – e spiegaci il perché lo hai scelto. “A trentacinque anni, dopo aver creduto di aver conosciuto il significato della passione e averla sperimentata in molte delle sue sfaccettature, mi resi conto che con lui feci per la prima volta l’amore.” Questo estratto appartiene all’incipit di ‘Finalmente ti ho trovata’ e propone una visione moderna del concetto di amore. I tempi sono cambiati, del resto. Del resto e per fortuna. Ma la libertà dei costumi non ha portato a un incremento di intensità. Si preferisce sperimentare senza alcun coinvolgimento, se non fisico, e scimmiottare ciò che solo il sentimento può regalare: complicità. Profondità. Comunicabilità. Fare l’amore: lo strumento più piacevole e diretto per far parlare l’anima. Eppure, la stessa protagonista, si rende conto che fino a quel giorno, ciò che aveva fatto non era amore. Era qualcosa di diverso. E allora sì, la sua prima volta non è la prima volta che si unisce a un altro essere umano. Ma è la prima volta che si confonde nell’anima a lei predestinata.
- Cosa stai leggendo ora? La follia delle Muse, David Czuchlewski.
- Fatti pubblicità con poche parole. Ho un enorme difetto. Sono esagerata. Ciò vuol dire che se amo, amo fino allo sfinimento. E se odio, odio fino alla morte. Ma c’è di buono che amo scrivere. E lo amo con tutta la cecità di una ragazza innamorata.
- Come hai conosciuto Triskell Edizioni? Google: Storie d’amore a lieto fine. Sì, ne avevo bisogno. Basta lacrime, basta singhiozzi. Volevo solo sognare. E vi ho trovate