Quando hai iniziato a suonare al chitarra e perché? Che studi hai fatto e qual è il tuo background musicale?
Iniziai a suonare la chitarra per gioco. Insieme a dei miei compagni di scuola decidemmo di formare un gruppo per suonare la musica dei nostri eroi dell'epoca (gun's roses,nirvana alice in chains ..).Pian piano l'amore per le sei corde si impossesso di me e decisi d' intraprendere uno studio più serio dello strumento. Il mio primo maestro fu Lutte berg musicista Italo-Svedese. Raggiunta la maggiore età mi trasferii a Roma dove mi diplomai all' Università della musica e contemporaneamente mi laureai al DAMS con una tesi sull'evoluzione del popolo Afro-americano all'interno della società Statunitense. Successivamente fu la volta di bologna città dove ancora oggi risiedo, m'iscrissi al triennio jazz, feci due anni per poi lasciare e laurearmi in didattica musicale a Firenze. I miei studi didattici musicali devono molto alla figura del maestro Bruno Marazzo che considero il mio vero maestro, grazie a lui ho avuto una crescita sia dal punto di vista musicale che umano.
Con che chitarre suoni e con quali hai suonato?Le chitarre che uso sono una chitarra di liuteria simili alla Klein costruita da un liutaio della mia città Marcello Morrone e una semi-acustica Joe pass.
Il tuo Trio ti vede suonare con Carlo Cimino al contrabbasso e Francesco Gregorace alla batteria, da quanto tempo suonate assieme? Il tuo ultimo disco "Pictures of Moments" mostra un ottimo affiatamento...
Con Carlo e Francesco suoniamo da diversi anni anche se non continuità visto che ognuno di noi abita in una città diversa. Tuttavia nonostante la distanza si è creato tra di noi un ottimo affiatamento che va oltre la musica. Diciamo che ognuno di noi ha una personalità ben definita e diversa. Questo fa si che ci compensiamo a vicenda e si sente anche nel nostro modo di suonare.
Come è nata l’idea di realizzare il tuo ultimo cd “Pictures of Moments"? Come mai la scelta di Improvvisatore Involontario come casa discografica?
Pictures of moments nasce nell'estate del 2014 dopo un nostro concerto. Avevo dei nuovi brani scritti per trio e nello stesso momento si era venuta a creare la possibilità di usufruire di un teatro per una decina di giorni, cosi abbiamo colto la palla a balzo e ci siamo rinchiusi in questo luogo suggestivo per provare e registrare i brani. C'è da dire che l'intero album è stato registrato in questo teatro grazie alla voglia e alla pazienza del nostro amico-fonico Alberto La Riccia che ha portato il suo studio Mobile in questo teatro.La scelta di Improvvisatore Involontario ricade sia per la stima che ho nei riguardi di questo collettivo per la sua scelte musicale e sia perchè con Carlo in passato abbiamo registrato un disco con Francesco Cusa uno dei membri fondatori del collettivo.
Quali sono state e sono le tue principali influenze musicali? In che modo esprimi la tua “forma” musicale sia nell’ambito dell’esecuzione che nell’improvvisazione, sia che tu stia suonando “in solo” sia assieme altri musicisti? Elabori una “forma” predefinita apportando aggiustamenti all’occorrenza o lasci che sia la “forma” stessa ad emergere a seconda delle situazioni, o sfrutti entrambi gli approcci creativi?
La forma costruttiva dei miei brani nasce da un'idea ben precisa scritta su pentagramma. Solitamente quando scrivo un brano cerco di definire e di scrivere le parti anche per gli altri strumenti. Detto ciò una volta che il brano è impostato lascio spazio all'intuito e all' improvvisazione dei musicisti che mi accompagnano. Tuttavia nonostante un approccio tra virgolette "classico" nel mio modo di produrre musica lascio tanto spazio all'improvvisazione, visto che la ritengo il respiro vitale della musica che riesce a dare vivacità e vigore ad idee scritte.
Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?
Un discorso cronologico dell'evoluzione della musica va identificato nel contesto sociale in cui essa è nata. Non credo ad un rischio di globalizzazione musicale in senso negativo anzi ritornando al concetto che ho espresso precedentemente, la nostra è una società globalizzata e il musicista esprimendo questa globalità non riduce la musica ad una visione uniforme bensì ad un unione di diversi ascolti e diverse culture. Anch'io quando mi trovo ad eseguire un brano, diciamo uno standard, inconsciamente ho l'influenza di tutte le versione fatte in precedenza ma questo miscuglio paradossalmente mi fa trovare una mia strada, una sorta di puzzle da cui uscire e poi rientrare.
Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..
I famosi 5 dischi....non saprei ogni volta cambio idea su di essi. Comunque direi: Ok Computer Radiohead, Time remembered Bill Evans, Gefion Jakob bro, Are you experienced di Hendrix, Au clair de lune di Debussy.
Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli ti senti di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?
Il consiglio che posso dare a chi ha intrapreso questa difficile strada è quello di crederci sempre e ricordarsi il motivo per cui si è iniziato a suonare.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?
Ora mi sto concentrando a scrivere dei nuovi brani per il mio prossimo album in quartetto, credo di aggiungere un sax oltre il trio chitarra ,basso e batteria. Vedremo cosa accadrà.