Oggi sono onorato di avere come ospite Ramsey Campbell, uno dei più grandi maestri della narrativa horror, scrittore, editor e saggista, autore di numerosi romanzi, antologie di racconti e saggi, più volte vincitore dei premi internazionali più prestigiosi, tra i quali Il British Fantasy Award, Il Bram Stoker Award, il World Fantasy Award, l'International Horror Guild Award, Grand Master Award della World Horror Convention e Living Legend Award della International Horror Guild Award. Ramsey Campbell sarà inoltre l'ospite d'onore della prossima edizione della cerimonia dei premi Bram Stoker Awards della Horror Writers Association. Qualsiasi presentazione è comunque superflua per una delle leggende viventi dell'horror internazionale. Questa intervista, che è disponibile anche in Inglese, come leggerete ripercorre l'affascinante percorso personale e artistico di questo grande autore. Eccolo a voi:
[Alessandro Manzetti] In questo periodo si parla molto della fine del mondo, dell’Apocalisse. Lovecraft, tra gli scrittori moderni, è sicuramente il padre di tutte le Apocalissi. Qual è il primo e l’ultimo racconto di Lovecraft che hai letto? Come immagini una eventuale fine del mondo?
[Ramsey Campbell] Il mio primo ricordo di Lovecraft riguarda la sua opera probabilmente più grande: "Il colore dallo spazio". Credo di non avere avuto più di sette anni. Certo, ho letto il racconto in “Strange Travels in Science Fiction” (1953) di Groff Conklin, che ho preso in prestito dalla biblioteca locale - mia madre già mi consentiva di usare la sua tessera per prendere in prestito libri per adulti. Ho trovato la storia così inquietante che temevo che mia madre avrebbe capito che stavo leggendo un racconto evidentemente troppo "trasgressivo" per uno della mia età (una sensazione che non avevo mai provato in precedenza). Nonostante la mia età, già capivo tutte le sottigliezze della storia, per esempio, sapevo fin troppo bene perché Ammi aveva raccolto quella roba nella fattoria. Più avanti mi sono imbattuto in un paio di racconti minori di Lovecraft, in alcune antologie di fantascienza di August Derleth, ma solo a quattordici anni ho preso il mano la prima vera antologia di racconti di Lovecraft, Cry Horror.
La fine del mondo - immagino un qualche tipo di entropia. Tutti diventeremo meno importanti della memoria della polvere - sia quelli che vivono che tutti quelli che ancora devono nascere. Il sole si estinguerà, come le stelle, il buio tornerà ai suoi antichi sogni
[Alessandro Manzetti] L’immaginario di uno scrittore, che si espande evolvendosi durante tutta la vita, quanto è legato alle esperienze personali, alle vertigini dell’adolescenza e del proprio vissuto famigliare, quanto invece alla semplice formazione letteraria?
[Ramsey Campbell] Entrambe le cose, credo. Ho cominciato a scrivere per cercare di restituire una parte del piacere che il genere mi aveva donato (in particolare il lavoro di Lovecraft, nel mio primo libro). Dopo aver tentato di replicare i suoi orrori ho iniziato a cercare di rappresentare i miei (a volte inconsciamente: per esempio: ho scoperto quanto fosse autobiografico "The Chimney”solo molto tempo dopo averlo scritto; forse in quel momento avrei dovuto esserne consapevole, per poter essere più oggettivo) Ma la lettura di altri scrittori - Fritz Leiber per lo sviluppo della città contemporanea e dell'orrore soprannaturale, Graham Greene per l'incisiva osservazione sociale - mi ha aiutato di sicuro a sviluppare la mia narrativa.
[Alessandro Manzetti] Sei considerato un maestro della narrativa fantastica, credi che questo genere sia una porta ideale verso un mondo parallelo, che consente al lettore di fuggire, per qualche pagina, dalla propria realtà, o invece si tratta di un viaggio nel passato, nelle emozioni più ancestrali che sono nascoste dentro di noi come dei fossili indistruttibili?
[Ramsey Campbell] Penso che tutta l'arte rappresenti sempre una "fuga", in un certo senso, nella misura in cui lasciamo condividiamo la nostra esperienza, temporaneamente, con qualcun altro; però può anche rivelarsi una esperienza inquietante, straziante. Mi piace la tua immagine dei fossili! Sono certo che esiste qualcosa di simile, quando l'emozione diventa inquietudine, terrore o timore trascendente. Penso anche che alcuni dei miei racconti possono incontrarsi con l'esperienza personale del lettore, forse illuminarla in modo nuovo - questa è una delle mie ambizioni, fare in modo che noi (il lettore durante la lettura e io mentre scrivo) rivediamo di nuovo cose che ci sembrano famigliari.
[Alessandro Manzetti] The Doll Who Ate His Mother (1976) è il tuo primo romanzo, ambientato a Liverpool, dove sei nato. Il tuo stile è ormai molto lontano dai primi racconti ispirati alla narrativa di Lovecraft. Racconti una realtà distorta, deformante, di degrado urbano, che ricorda alcune atmosfere di Fritz Leiber; nel concepire questo romanzo quanto sei stato ispirato dalla schizofrenia di tua madre e dalla osservazione dei luoghi oscuri della tua città, vissuti da bambino? Oppure il tuo passato non vive affatto in questo romanzo?
[Ramsey Campbell] La città ha certamente rappresentato una grande fonte d'ispirazione. Sono cresciuto nel degrado urbano nel quale è ambientato il finale di The Doll. Per essere più precisi, durante la mia adolescenza mi piaceva camminare attraverso zone oscure molto simili alle mie esperienze di cinema di periferia, realtà destinate a essere presto chiuse e forse demolite. E' stata una vera e propria avventura, conoscere la città in cui ero nato, che mi sembrava immensa quando più giovane - in realtà è ancora così che la vedo. A proposito, mi è piaciuta molto l'osservazione di Stephen King in Danse Macabre, che il mostro assopito in The Doll si trovava in quella zona di Liverpool.
Credo che la schizofrenia mia madre - o meglio, la mia precoce comprensione, già a tre anni, che la realtà non era sempre come la vedeva lei - mi ha fatto personalmente constatare come le percezioni possano travisare la realtà. E' stato nel mio secondo romanzo - The Face That Must Die - che ho cominciato a affrontare in modo esplicito questi stati psicologici.
[Alessandro Manzetti] Nella tua narrativa l’orrore si mescola sempre al ritratto della società inglese, i “fantasmi”, i “mostri” che evochi nelle tue opere rappresentano i sogni, le paure, le utopie della classe media del tuo paese? La narrativa horror, quando riesce a penetrare tematiche sociali, è una bellissima metafora, ma viene compresa dai lettori a tuo avviso? Faccio riferimento anche a alcune opere di Stephen King, come il celebre The Shining, nel quale l’autore, tra le righe, lascia emergere una deformante visione e interpretazione dell’alcolismo.
[Ramsey Campbell] Ci sono sicuramente molti riferimenti e considerazioni sociali in alcune delle mie storie; fantasmi e altre inquietanti manifestazioni, nelle quali si imbattono i personaggi, spesso rappresentano qualcosa che hanno negato di loro stessi o delle quali non si rendono conto. Tuttavia, credo che tutto questo, nelle mie opere, spesso funzioni meglio quando anche io non ne sono pienamente consapevole mentre sto scrivendo - la cosa può rivelarsi, per me, anche più tardi. Sono uno scrittore istintivo e lavoro con qualsiasi cosa riesca a impegnare la mia immaginazione; mi piace credere che i messaggi "tra le righe" riescano a materializzarsi da soli mentre io racconto la storia.
[Alessandro Manzetti] Per i lettori che ancora non ti conoscono, quale tuo libro consiglieresti di leggere? Puoi raccontarcene la storia, in sintesi, e i messaggi che possiamo trovarci dentro?
[Ramsey Campbell] Ne vorrei consigliare due, se posso - una novella e un romanzo. La novella è Needing Ghosts; più che scritta, l'ho praticamente sognata direttamente sulle pagine, più di quanto mi sia mai accaduto con altre opere che ho scritto. Dopo qualche pagina ho capito che la storia ha voluto prendere una strada molto strana, che io sono stato felice di seguire - infatti venivo nel mio studio tutti i giorni per scoprire che cosa sarebbe successo dopo. Credo che questo racconto rappresenti la prima vera dichiarazione del mio gusto per l'umorismo nero. Racconta un giorno della vita (se è di questo che si tratta) di Simon Mottershead, la cui esperienza esistenziale diventa sempre più incontrollabile quanto più si allontana dalla sua casa.
Il romanzo invece è The Grin of the Dark, che parla dei film perduti di un silenzioso comico dimenticato, i cui lavori hanno sconvolto il suo pubblico. Il nostro protagonista, Simon Lester, riscopre il suo lavoro e lascia che la sua arcana influenza si materializzi di nuovo nel mondo. Internet è molto coinvolto, tra l'altro si tratta di un romanzo sul web, che viene immaginato come una nuova forma o extra- forma della coscienza umana. In questo lavoro si sviluppa ulteriormente il mio peculiare approccio di "commedia di paranoia". Il volume tascabile, in inglese, può essere usato come un flip book - date una occhiata ai titoli dei capitoli nell'angolo di destra.
Per quanto riguarda i messaggi da scoprire, dovrei lasciare ai lettori l'opportunità di trovarli; alcuni potrebbero non essere evidenti, oppure inconsci, da parte mia, ma questo non significa che non ci siano davvero.
[Alessandro Manzetti] In una tua recente intervista per Weird Fiction Review, ho letto che da Lovecraft hai imparato l’intensità e l’orchestrazione della prosa, da MR James l’arte della moderazione, da Leiber hai scoperto le tentacolari connessioni tra la psicologia urbana e spettrale, poi citi altre influenze, come Machen, Blackwood, Graham Greene, e infine Nabokov, che ti ha fatto scoprire la "gioia del linguaggio". Puoi spiegarci meglio cosa intendi per gioia del linguaggio?
[Ramsey Campbell] Ci ha messo il meglio di se stesso, raccomandando al lettore di gustarsi la prosa come sorseggiare un grande vino.
[Alessandro Manzetti] Puoi raccontarci il tuo primo incontro con August Derleth, il tuo primo editore?
[Ramsey Campbell] Non l'ho mai incontrato di persona - Vorrei averlo fatto. Ho visitato Arkham House, molti anni dopo la sua morte. All'inizio del 1960 ho scritto qualche storia lovecraftiana che imitava il suo stile più fedelmente possibile. Il mio amico Pat Kearney, editor di fanzine e successivamente storico della Olympia Press, e la fan americano Betty Kujawa mi hanno suggerito di inviarli a Derleth per avere un suo parere. Non avevo grandi aspettative - non pensavo certo che lui mi avrebbe offerto di pubblicarli, se avessi seguito i suggerimenti redazionali dettagliati che mi aveva fornito. Sono stato fortunato, all'inizio della mia carriera, a ottenere un editing di quel livello, per il materiale che doveva essere pubblicato. Avevo imitato gli eccessi stilistici occasionali di Lovecraft senza badare molto alla cura della struttura narrativa; avevo anche ambientato i racconti nel Massachusetts quando in realtà non avevo mai viaggiato fuori dall'Inghilterra. Mi sono liberato di tutte queste deformazioni con notevole beneficio del mondo, e sono stato ricompensato quando Derleth ha acquistato un mio racconto per una nuova antologia della Arkham (Dark of Mind, Dark of Heart). Due anni più tardi, anche se lui non è stato (comprensibilmente) interamente soddisfatto di quel lavoro, ha pubblicato il mio primo libro.
E 'stato come un sogno che si avvera. Avevo cominciato a collezionare i libri della Arkham House dall'età di quattordici anni, quando ho trovato una copia di Witch House da un commerciante di libri di Liverpool. Tutto quello che veniva pubblicato dalla Arkham per me era magico. Persino i titoli scelti. Mi ricordo di aver trovare così suggestivi i titoli nel catalogo che sembravano avere una loro anima, ben oltre il libro stesso - The Abominations of Yondo, per esempio, o The Shuttered Room - o il racconto “The Thing That Walked on the Wind”. Nei primi anni settanta ho accumulato quasi una collezione completa dei libri della Arkham, fatta eccezione per i primi titoli (eccetto Someone in the Dark) e anche quella terribilmente rara Leah Bodine Drake. Ahimè, ho venduto quasi tutti i libri per comprare la mia prima casa insieme con mia moglie. The House on the Borderland era uno di quelli dai quali non ho potuto separarmi.
[Alessandro Manzetti] Alle letture pubbliche e agli incontri ti presenti con queste parole: “Sono Ramsey Campbell e scrivo horror.” Mi sono divertito a leggere questo sul tuo sito, un approccio differente rispetto a altri scrittori che cercano di nascondere di essersi fatti un nome grazie alla narrativa horror, per poi cambiare genere. Tu invece lo affermi con grande risolutezza. Per te cos’è l’horror, quali sono gli scenari attuali e le prospettive per questo genere? E’ davvero funzionale, in fondo, parlare di generi in letteratura, dare tante etichette?
[Ramsey Campbell] Credo che possiamo davvero tranquillamente fare a meno di generiche etichette. In un certo senso è solo un modello di marketing utilizzato da editori e librai. Quando andavo nella biblioteca pubblica, durante la mia giovinezza, i libri non erano separati in categorie sugli scaffali, e mi piaceva trovarmi davanti, inaspettatamente, un libro di genere fantastico. Per quello che riguarda l'horror- beh, è una cosa che ho scritto anni fa, e sono ancora della stessa opinione.
L'horror è un genere di letteratura che si spinge molto lontano con la fantasia. E' la forma di fantasia che ci consente di sfuggire meno. Ci mostra luoghi dai quali ci allontaneremmo o ci ricorda cose che preferiremmo non ammettere di conoscere. Ci costringe a entrare in intimità con persone che nella realtà avremmo evitato di incontrare attraversando la strada. Ci svela il mostruoso, rivelandoci che forse che ci stiamo riflettendo in uno specchio. Ci dice che abbiamo ragione di avere paura, o che non abbiamo paura abbastanza. Inoltre si occupa spesso, o almeno confina, con storie di fantasmi. Ma fiorisce qua e là nella fantascienza e nel romanzo poliziesco, e non di rado anche nella letteratura mainstream, di qualunque genere essa sia. Nonostante il suo nome, vuole soprattutto produrre stupore e terrore nel pubblico, ma non è insolito che una storia horror possa stimolare una più ampia gamma emotiva.
[Alessandro Manzetti] Nelle tue opere il protagonista spesso è l’inconscio, che riesci a materializzare, a svelarci. Tornando per un momento alle etichette, da investigatore dell’inconscio potresti a mio avviso sederti in un virtuale tavolo con Andre Breton e i surrealisti degli anni trenta. Nei tuoi racconti questa alchemica mutazione dell’inconscio nella realtà riesce ancora meglio, a mio parere, rispetto ai romanzi. Penso, per fare un esempio, alla tua grande raccolta di racconti Alone with the horrors, dove troviamo storie occulte calate nel quotidiano, gli stati d’animo e la psicologia umana sono sempre sotto la tua lente d’ingrandimento. Pensi che a volte la realtà e l’inconscio possano sovrapporsi? Quale è il tuo rapporto con l’inconscio?
[Ramsey Campbell] Il mio rapporto con l'inconscio si manifesta nell'atto stesso della scrittura - al suo meglio (direi nel modo più istintivo) la scrittura offre una voce al subconscio. Andrei oltre affermando che la realtà e l'inconscio in un certo senso possono sistematicamente sovrapporsi, nella misura in cui l'inconscio è coinvolto nell'atto della percezione, forse alterando ciò che diamo per scontato come reale.
[Alessandro Manzetti] Nel tuo romanzo The House of Nazareth Hill (1996) si esprimono molte delle caratteristiche della tua narrativa, i temi psicologici, i conflitti famigliari si intrecciano con alcuni clichè horror, come la casa infestata, rinnovandone i modelli e le interpretazioni, in questo caso creando un ritratto di un ambiente di follia, molto umano. Pensi che questo romanzo sia l’opera che più rappresenta il tuo passato, e le varie evoluzione della tua narrativa? Quali sono secondo te le differenze con un altro celebre romanzo con protagonista una casa infestata, come The Haunting of Hill House di Shirley Jackson?
[Ramsey Campbell] Credo che l'opera di Shirley Jackson sia il più grande romanzo tra quelli che parlano di case infestate. Nazareth Hill riassume molto dei miei temi ricorrenti, compresa le disfunzioni familiari e la vulnerabilità dei giovani. In realtà mentre scrivero avevo più in mente The Shining rispetto a Hill House. Volevo dimostrare come cose terribili possono verificarsi anche senza una location isolato come l'Overlook Hotel, posti pieni di gente che semplicemente non intervengono (un altro tema ricorrente, che si mostra anche in The Claw). Penso che questo libro ha un sottotesto insolitamente (per me) esplicito, l'emarginazione delle donne.
[Alessandro Manzetti] Due domande banali che non posso evitare: Cosa stai scrivendo attualmente e quali sono i tuoi progetti futuri? Parlo sia di narrativa che di saggistica. E poi, sarà pubblicata in Italia, nei prossimi mesi, qualche nuova traduzione delle tue opere? Molti amici mi hanno confidato di soffrire molto la mancanza di tue opere tradotte nel nostro paese. Io sono tra questi.
[Ramsey Campbell] Ho appena finito la prima stesura di un romanzo per PS Publishing, The Last Revelation of Gla’aki. Il prossimo libro sarà un romanzo, Bad Thoughts. Ho una rubrica fissa sui film su Video Watchdog, e sto lavorando pers una revisione di una raccolta di saggi dal titolo Ramsey Campbell, Probably. Per quanto riguarda le pubblicazioni italiane delle mie opere - beh, questo dipende dalle case editrici, non da me. Gargoyle Books di Roma sta valutando il mio romanzo The Darkest Part of the Woods - puoi chiedere direttamente a loro. Sarei felice di essere di nuovo pubblicato italiano, anche perché sia a me che a mia moglie piace molto il vostro paese - abbiamo trascorso bellissimi momenti a Roma, Napoli e Venezia.
Grazie a Ramsey Campbell per essere stato ospite di Mezzotints
Leggi l'intervista in Inglese
Profilo dell'autore John Ramsey Campbell (1946 - Liverpool) è uno dei più grandi maestri della narrativa horror, scrittore, editor e saggista, più volte vincitore dei premi internazionali più prestigiosi, tra i quali Il British Fantasy Award, Il Bram Stoker Award, il World Fantasy Award, l'International Horror Guild Award, Grand Master Award della World Horror Convention e Living Legend Award della International Horror Guild Award. Ramsey Campbell sarà l'ospite d'onore della prossima edizione della cerimonia dei premi Bram Stoker Awards della Horror Writers Association.
Tra suoi romanzi: The Doll Who Ate His Mother (1976), The Face That Must Die (1979), The Claw (1983), Incarnate (1983) Obsession (1985), The Hungry Moon (1986), The Count of Eleven (1991) The One Safe Place (1995) Incarnate (1983), The Influence (1988), Ancient Images (1989), Needing Ghosts (1990), Midnight Sun (1990), The Count of Eleven (1991), The Long Lost (1993), The House on Nazareth Hill (1996), Silent Children (2000), The Darkest Part of the Woods (2003), The Overnight (2004), The Grin of the Dark (2007), Ghosts Know (2011), The Kind Folk (2012).
Campbell ha scritto anche diverse antologie di racconti, tra le quali: The Inhabitant of the Lake and Less Welcome Tenants (1964), Demons by Daylight (1973), Dark Companions (1982), Ghostly Tales (1987), Dark Feasts: The World of Ramsey Campbell (1987), Waking Nightmares (1991), Alone with the Horrors (1993), Ghosts and Grisly Things (1998), Told by the Dead (2003), Just Behind You (2009).
Tra i romanzi pubblicati in Italia: La Setta (The Nameless, Sperling 1991), La bambola che divorò sua madre (The Doll Who Ate His Mother, 1992 Mondadori), Luna affamata (The Hungry Moon, 1991 Mondadori) Antiche immagini (Ancient Images, Sperling 1995) Sogni neri (Incarnate, 1992 Mondadori), Artigli nella Notte (Night of the Claw, 1999 Fanucci)
Premi: The Chimney, World Fantasy Award, Best Short Story, 1978 In The Bag, British Fantasy Award, Best Short Story, 1978 The Parapsite, British Fantasy Award, Best Novel, 1980 Mackintosh Willy, World Fantasy Award, Best Short Story, 1980 Incarnate, British Fantasy Award, Best Novel, 1985 The Hungry Moon, British Fantasy Award, Best Novel, 1988 The influenza, British Fantasy Award, Best Novel, 1989 Ancient Images Bram Stoker Award for Best Novel, 1989 Midnight Sun, British Fantasy Award, Best Novel, 1991 Best New Horror(co-edited with Stephen Jones), British Fantasy Award and World Fantasy Award, Best Anthology or Collection, 1991 Alone with the Horrors, Stoker Award of the Horror Writers of America, Best Collection, 1994 and World Fantasy Award, Best Collection, 1994 the Long Lost, British Fantasy Award, Best Novel, 1994 Liverpool Daily Post & Echo Award for Literature, 1994 Premio alla Carriera a Ramsey Campbell (Prize for the Career of Ramsey Campbell), Fantafestival, Rome, 1995 The House on Nazareth Hill, Best Novel, International Horror Guild, 1998 Grand Master Award, World Horror Convention, Atlanta, Georgia, 1999 Lifetime Achievement Award of the Horror Writers Association, 1999 Ghosts And Grisly Things, British Fantasy Award, Best Collection, 1999 Ramsey Campbell " Campell, Probably", Best Non-Fiction, International Horror Guild, 2002 and Stoker Award of the Horror Writers of America, Superior Achievement in Non-Fiction, 2002 and British Fantasy Award, Best Collection, 2002 Told By The Dead, British Fantasy Award, Best Collection, 2003 The Howie Award of the H. P.Lovecraft Film Festival, 2006, for lifetime achievement Living Legend Award of the International Horror Guild, 2007