“Intervista d’Autore” – Carlo Carere intervista Emiliano Grisostolo

Creato il 14 febbraio 2012 da Ciessedizioni

Carlo Carere

Emiliano Grisostolo, scrittore, sceneggiatore, critico, ha mosso i suoi primi passi come scrittore nel 1997 con il suo romanzo d’esordio, “Fino alla morte”. Da allora, la sua carriera è stata un crescendo di pubblicazioni. Romanzi, racconti, sceneggiature, articoli e recensioni lo rendono uno scrittore a tutto tondo che ha appena visto il suo impegno riscuotere un grande successo: il romanzo “Come foglie portare dal vento” si è piazzato 1° tra i best seller Gialli\Thriller versione ebook gratuita su Amazon.

Emiliano, cominciamo proprio con questo incoraggiante traguardo. Cosa rappresenta per te?

Un sogno. Due parole, nulla di più. Credo possano esprimere tutta la mia felicità. Trovarmi per qualche giorno lassù, sopra tutti, è stato inaspettato, strano, un sogno.

Descrivici un po’ chi è Emiliano, quali sono le sue passioni, quali i suoi hobby.

Sono un ragazzo comune, senza grilli per la testa, piuttosto riservato nella mia vita fisica, probabilmente agli occhi dei lettori che mi cercano nel web, un po’ meno. Dal vivo però devo essere stimolato per attaccare bottone con qualcuno. Sono un tipo anche taciturno, mi piace la solitudine, ma la compagnia serve a crescere e a stare bene e quando posso la cerco. Sono uno sportivo, ho pratico diversi sport fin da giovane, iniziando con il calcio un paio d’anni da ragazzino, per passare poi alle arti marziali per diversi anni, e successivamente spostando le mie attenzioni verso il ciclismo e la mountain bike. In questa disciplina ho raggiunto alcuni risultati, togliendomi qualche sassolino dalle scarpe, ma con il tempo i miei orizzonti sono mutati ancora e mi sono avvicinato due anni fa al trail running. In cinque mesi sono riuscito a preparare una corsa nella natura di 60 km con 2000 mt d+, che sono riuscito a coprire in 10 h 17 min. Gli sport estremi, anche se non li pratico, e sono un grande appassionato di tutte le “cose” che hanno un motore, dalle moto alle auto sportive, ma non disdegno quelle d’epoca, e guidare i Go Kart, anche se ultimamente troppo di rado.

Ma parallelamente allo sport che mi tiene vivo durante quasi tutto l’anno, sono un forte lettore e questa mia passione mi ha avvicinato alla scrittura in un periodo particolare, proprio quando stavo lasciando la scuola.

Com’è il tuo giorno tipo?

In questi ultimi mesi le mie abitudini sono mutate nuovamente. Ho passato diversi mesi a casa da lavoro, ma ultimamente sono tornato ad avere una giornata piena. Non che prima non fosse così, anzi, tutte le ore del giorno erano dedicate alla scrittura, alla lettura, all’editing di vecchi romanzi riposti nel cassetto, alle recensioni.

Attualmente mi sveglio alle 6 del mattino, lavoro dalle 7 alle 12 e dalle 13 alle 16, poi di corsa a casa dove inizio a controllare la posta elettronica, scrivere eventuali comunicati stampa, eseguo gli aggiornamenti nelle mie pagine fan, controllo i social network che utilizzo come vetrina, posto articoli nel mio blog o aggiorno il mio sito web. Se invece non c’è nulla di tutto questo da fare, allora scrivo. Ho sempre un lavoro per mano, soprattutto durante il periodo invernale, infatti scrivo quasi sempre da ottobre ad aprile, mentre il resto dell’anno pratico sport in maniera più assidua, scrivo di meno e leggo di più. Termino la mia giornata verso le 20 della sera, raramente mi rimetto davanti al pc dopo cena, dipende da cosa sto facendo in quel periodo. Quando invece fa caldo, e scrivo di meno, dopo lavoro vado ad allenarmi nella corsa, quasi sempre 15 km, anche 20, oppure in bicicletta, 40 o 50 km.

Emiliano, il percorso professionale di cui ti puoi vantare fanno del tuo un caso unico e sorprendente. In grado di dimostrare che i titoli di studio non contino così tanto. Qual è stata la strada, e il segreto, che hanno portato un ragazzo che ha lasciato gli studi a 16 anni a diventare uno scrittore di successo?

Grazie per lo scrittore di successo, ma ne ho moltissima di strada da fare. Certo, è innegabile che mi sia costruito un curriculum importante, ma questo non vuol dire nulla. Lasciare gli studi mi ha indirizzato verso un’unica strada, quella del lavoro. Vengo da una famiglia di operai. Forse non potevo fare nient’altro che questo in realtà. Il destino in qualche modo è già scritto, ma allo stesso tempo possiamo porvi anche qualche modifica. E qui che ho deciso che forse a forza di tentare mi sarei fatto notare se veramente i miei lavori contavano qualcosa. Da alunno delle superiori non avevo le idee molto chiare, lo studio non mi ha mai appassionato, o forse la scuola non è riuscita ad appassionarmi. Ho iniziato a leggere quando quella scuola la stavo abbandonando. Ho iniziato a scrivere sempre meglio negli anni successivi, mentre a scuola non avevo voti che andavano oltre il 4 o il 5. È così. Spesso il percorso che ogni uno di noi deve seguire è già segnato, forse no. Sicuramente il mio è piuttosto complicato, lo è stato e lo sarà per molto tempo, io credo per sempre. Ma non importa. Ho stretto i denti fino ad oggi e continuerò a farlo. La cosa importante per me è poter scrivere perché credo che solo grazie a questa forma d’arte, io sia in grado di esprimere chi veramente sono. Come detto, sono un tipo taciturno e riservato il più delle volte, ma con la scrittura posso dire ciò che penso, immaginare di viaggiare e realizzare i miei sogni attraverso le immagini che descrivo. Per scrivere però c’è bisogno di sacrificio, come per realizzare ogni nostro sogno, per far si che diventi sempre più reale. Mi ritengo una persona seria, se ho un compito, se mi sono dato una missione, allora la devo portare a termine anche a costo di rimetterci in svariati modi, perché quello è il mio obiettivo. Se devo terminare un romanzo lavoro ogni giorno. Se devo fare una gara di running di 60 km, allora mi alleno seriamente con 80 km a settimana. Ma ovviamente, senza un titolo di studio non posso seguire alcune vie che di quel pezzo di carta hanno bisogno. E quindi continuo con la mia vita, portando avanti parallelamente due parti di me.

Cosa rappresenta per te la scrittura? Perché per te è importante scrivere?

Scrivere mi rende libero. Attraverso la scrittura posso esprimersi. Quando scrivo cado in trance, riesco a distaccarmi dal mio corpo e portarmi nella scena che sto narrando. Questo non vuol dire che i miei lavori siano stupefacenti, spero piacciano ai lettori, perché quando scrivo cerco di pensare anche a loro, creando colpi di scena, azione, utilizzando una tecnica che vorrei fosse simile a quella utilizzata per il cinema. Scrivere è probabilmente una delle due cose che mi rende vivo, l’altra è vivere la natura. Scrivere mi riesce naturale, costa fatica, certo, però è come dipingere per un pittore, lo sai fare e basta. Bene. Male. Questo lo decideranno i lettori, non so se sono bravo oppure no. Non spetta a me giudicare, anche se negli ultimi anni sono diventato più severo con me stesso e l’editing mi ha appassionato. Scrivere è la mia seconda vita, non potrei farne a meno, ma ancora oggi non mi capacito di come negli anni sia riuscito a scrivere tanto.

Non credo esistano altri casi di operai che si siano dedicati alla scrittura con tanto successo. Sono due mestieri che stridono, quasi agli antipodi.  Come vivi questo contrasto?

C’è un caso, che conosco molto bene, e che oggi riesce a fare lo scrittore  e l’editor a tempo pieno. Sicuramente siamo rari, poi ogni uno ha i suoi percorsi, le sue fortune, il suo destino. Sicuramente le mie due vite fanno a pugni una con l’altra, convivono in un unico corpo come il Dottor Jekyll e Mister Hyde. Sono due emisferi di uno stesso mondo, entrambi mi affascinano, ma ovviamente il mio emisfero scrittore è predominante. Quando sono a lavoro riesco ad escluderlo, concentrarmi in quello che devo fare per otto ore, ma è inevitabile che spesso l’escluso voglia tornare a predominare su l’intero universo, e devo fare dei sacrifici per ricacciarlo indietro fino al termine della giornata. Poi ha campo libero, e da quel momento sono me stesso.

Non vivo bene questo contrasto, sono costretto a sopportarlo. Molti hanno un lavoro, tutti gli scrittori. Sono pochi quelli che possono dedicarsi a tempo pieno alla propria passione. Ma molti hanno anche un percorso formativo scolastico che li ha portati a realizzare comunque il proprio sogno, e il lavoro che svolgono è spesso ciò che volevano fare da sempre, e la scrittura il più delle volte è vissuta come una passione molto seria, ma che forse non vuole soppiantarsi al posto del lavoro primario. Nel mio caso, invece, la scrittura è vissuta intensamente perché credo possa essere per me una valvola di sfogo, e relegandola a poche ore al giorno, si crea dentro di me l’effetto di una pentola a pressione. Quelle poche ore fungono da valvola di sfogo, ma sono sempre troppo poche per scaricare la tensione accumulata. Non poter scrivere mi ha creato non pochi problemi relazionali. Il mio carattere impulsivo è a stento sempre sotto controllo. Lo scrivere mi consente di sfogarmi, il non poterlo fare mi irrita e scatena in me nervosismo che scarico di conseguenza negli altri. Ma essere anche uno scrittore mi ha messo nella condizione errata di essere inteso come una persona più intelligente e capace di quello che in realtà sono. Io so, o credo, si saper scrivere, il resto è solo lavoro che impari perché sei costretto, e in più di un’occasione quel lavoro lo avrei dovuto saper fare semplicemente perché sono uno scrittore, e quindi di cultura superiore alla media. Non è vero. Ho una licenza media, come altri, e la passione mi ha spinto fin qui, non c’è altra spiegazione. Però nel mondo operaio, quando hai a che fare con capi reparto che hanno studiato, questa tua opinione non conta. Le tue capacità crescono senza motivo, e questo non sempre è un bene, perché pretendono da te sempre di più senza capire che in realtà sei solo una persona comune con tanta passione.

Come riesci,  nonostante le lunghe ed estenuanti ore trascorse in fabbrica, a essere così creativo e prolifico?  Qual’é la tua maggiore fonte d’ispirazione?

Credo che per raggiungere un obiettivo ci sia bisogno anche di molto sacrificio. Scrivere è sacrificio e concentrazione, e metodo, e posso farlo solo grazie alla passione e alla solida base sulla quale questa poggia. Riuscire a concentrarmi dopo oltre otto ore di lavoro intenso è un esercizio non indifferente, ma penso di non essere l’unico in questa situazione. Il mio percorso è questo, lo seguirò giorno dopo giorno, scrivendo e narrando le storie che reputo interessanti, osservando tra le pieghe di quelle “cose” non dette. I miei romanzi parlano di storie potenzialmente vere, dove il dolore, la cattiveria, e spesso la morte, che ho conosciuto, la fanno da padrone.

Per scrivere mi affido alle mie visioni. Mi hanno dato in più di un’occasione del visionario, e questo è più o meno vero, l’ho sempre preso come un complimento.

Qual’é il romanzo o racconto che hai scritto al quale sei più affezionato e perché?

Negli ultimi mesi, al romanzo che proporrò alla Ciesse Edizioni tra pochi giorni, incentrato interamente sulla figura di Unabomber. È strano affezionarsi a qualcosa di ancora acerbo, anche se il lavoro in questo caso è stato meticoloso, ma al momento è questo. In passato mi sono affezionato ad una saga fantasy di quattro romanzi che considero il mio lavoro più grande per volumi e mole di lavoro, ma allo stato attuale hanno necessità di un profondo editing e li ho relegati al prossimo futuro.

Raccontaci la tua esperienze con la Ciesse Edizioni

Ho conosciuto la Ciesse Edizioni leggendo la recensione di un romanzo di Stefano Pastor, da quel momento ho iniziano un percorso che mi ha consentito di conoscere una persona molto seria, capace, che ha deciso di investire nella mia storia, ma soprattutto un amico. Carlo Santi mi ha consentito di tornare in libreria con il terzo capitolo di una trilogia iniziata nel 2006, e che non speravo più di riuscire a pubblicare. Alla Ciesse Edizioni devo tutte le cose belle che mi sono capitate durante il 2011 e l’inizio di quest’anno. Ho raggiunto con loro risultati che mai avrei sperato, come il 1° posto nella classifica gialli/thriller ebook Kindle gratuiti di Amazon.

Spero di poter continuare questa mia avventura e crescita come scrittore e come persona, con quella che ritengo a tutti gli effetti la mia seconda famiglia.

La tua nuova fatica è incentrata sulla figura di Unabomber. Un libro intrigante basato su fatti realmente accaduti. Cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo così difficile e impegnato?

Le vittime dimenticate. Tutte quelle persone di cui oggi nessuno si ricorda. Oltre i confini del Friuli, inoltre,  in pochi conoscono i fatti drammatici che hanno dilaniato non solo fisicamente, ma anche psicologicamente, la gente della mia terra. Ho voluto a tutti i costi realizzare dopo anni di ricerche, l’idea è nata nel 2005, un romanzo che narrasse questi avvenimenti con un punto di vista diverso. Vi sono infatti diversi lavori incentrati sulla figura di questo terrorista che oggi non ha un volto. Io ho voluto raccontarlo dal suo punto di vista, senza dialoghi, ricostruendo un ipotetico motivo che ha spinto questo individuo a compiere oltre trenta attentati dinamitardi con il solo scopo di distruggere per sempre la vita delle sue vittime, e non ucciderle. Non è un romanzo scritto per esaltare le doti di questo Spettro, ma per spiegare cosa questo personaggio ha orchestrato. Certo, è un romanzo impegnato che però non vuole dare un volto all’attentatore, la mia è solo la visione di uno scrittore che ha cercato di raccordare tutti i fatti in modo credibile, spulciando nel web, nei giornali, ricostruendo il profilo psicologico, l’esatta cronologia dei fatti, anche quelli poco conosciuti. Vorrei che fosse per il lettore un romanzo di riflessione, perché qualcuno là fuori c’era fino a pochi anni fa, e anche se nel mio romanzo è solo una figura fatta di parole, che compie azioni ipotetiche di mia invenzione, pensa cose di mia invenzione, ha purtroppo colpito realmente per troppe volte.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai scrivendo altri romanzi?

Sto scrivendo un romanzo completamente diverso da tutti quelli fin’ora scritti. In qualche modo sono tornato alle radici del mio percorso. Un tempo scrivevo molto fantasy, ora mi sono immerso nella stesura di un romanzo di fantascienza, dove viaggi nel tempo, muri di luce nello spazio tempo continuo che permettono due dimensioni di entrare in contatto, faranno da sfondo ad un’avventura che volevo raccontare a tutti i costi, perché il personaggio principale, uno scienziato e scopritore eccezionale di cui il mondo si è scordato, è realmente vissuto agli inizi del XX secolo…

Qual è il tuo sogno, o sogni, nel cassetto?

Sono molti, alcuni realizzabili con il mio volere, altri se lo vorrà il Fato. Scrivere il più possibile ovviamente. Ma anche vivere la montagna più di quanto non lo abbia fatto fino a oggi. E correre un trail in un deserto… una dimensione e un paesaggio unico nel quale, ne sono sicuro, riscoprirei veramente me stesso.

E ora, una previsione sul futuro. Dove e come vedi Emiliano fra dieci anni?

Ho imparato a non fare troppe previsioni. Potrei risponderti realisticamente dicendo in fabbrica, ma non mi pongo limiti. Vivo intensamente ogni giorno, non come vorrei, ma il mio tempo libero è dedicato a tutto ciò che mi rende felice e libero. E il Fato deciderà.

Grazie Emiliano di avermi dato la possibilità di intervistarti e in bocca al lupo!

Grazie a te Carlo per l’intervista. Un abbraccio.

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