“…Ed il tempo non cede / a moine e capelli, / il tempo scavalca le nuvole / e pretende in sequenza / il nostro esistere e morire. / Segnate le carni / ed i sensi alla radice, / il cielo esige / il nostro odore di uomini / e ci ricorda / dove inizia la polvere.” / da “Il tempo scavalca le nuvole” – Michela Zanarella – “L’estetica dell’oltre”.
L’opera, con prefazione di Angela Molteni e contributi di Antonio Caponnetto, si compone di 53 poesie che rappresentano una riflessione sulla nostra materialità, da parte di un’anima che non vuole cedere alla superficialità che sembra lambire l’uomo, introducendoci nell’ottica della poesia, nella dimensione dell’”oltre”.
L’anima della poetessa va oltre il sogno ed ogni sua poesia, giungendo a noi, acquisisce sapore di verità, insita nell’archetipo inconscio dell’essere vivente, che, insieme a lei, si apre alla riflessione.
C.B.: Benvenuta Michela e grazie per essere qui con noi. Il 9 settembre è uscita ufficialmente “L’estetica dell’oltre”. Dopo sette pubblicazioni all’attivo, qual è la Michela Zanarella che si rivela al lettore in questa silloge? Cosa è cambiato in te?
C.B.: Come nasce l’idea di questo titolo, “L’Estetica dell’Oltre” ?
Michela Zanarella: Il titolo è stata una folgorazione istintiva, volevo qualcosa di particolare e di profondo con tematiche filosofiche. L’estetica va letta come perfezione divina, voluta al momento della creazione dell’uomo. Il libero arbitrio che segue alla creazione porta a tentativi ed errori spesso catastrofici per l’essere vivente. Il momento dell’abbandono delle problematiche che legano l’uomo alla materialità gli fa conquistare nell’attimo del trapasso quella iniziale perfezione creativa che lo accompagnerà per chi ha fede in un oltre prossimo venturo al quale tutti noi non possiamo esimerci. È in questa silloge che si trovano poesie dedicate a persone che non sono più tra noi, ma che hanno nel contempo assunto l’estetica dell’oltre.
C.B.: Leggendo le tue poesie, ho notato che vi è un puntuale e attento amore per la storia. Quanto è importante per te il passato, inteso proprio come bagaglio culturale della nostra nazione?
C.B.: Parlaci di come nasce il tuo amore per Pier Paolo Pasolini e Alda Merini, a cui tu hai dedicato delle poesie.
Michela Zanarella: Vivere a Roma e nel quartiere Monteverde è un assorbire quell’aura di letteratura che da secoli memorabili vagola nella zona. Basti pensare a Marziale che qui abitava, a Christina di Svezia, che ha ideato la sua Arcadia, a Giorgio Caproni, Gianni Rodari, Pier Paolo Pasolini, che proprio in questo quartiere ha ambientato il suo primo romanzo “Ragazzi di vita” e ha proseguito con “Una vita violenta”. Monteverde, con le sue ville più grandi di Roma, come Villa Pamphilj, il Gianicolo, Villa Sciarra (che ha ispirato Gabriele D’Annunzio per “Il piacere”), non può che influenzare chi come me ama la poesia. Alda Merini è un riscoprirla attraverso amicizie che l’hanno vista in televisione parlare di se stessa. Conoscere fino in fondo la sua travagliata esistenza è un cercare di dare pace ad un’anima poetica nella quale mi sono rispecchiata.
C.B.: “..una foglia che cade diventa intimità della Terra”. Questa frase, tratta dalla poesia “Farsi uomini” mi ha colpita in modo particolare. Come nasce in te questa visione, che poi si allarga all’intero concetto di natura, sempre presente nelle tue liriche?
C.B.: Soltanto una donna dotata di fede avrebbe potuto scrivere questa silloge. Cosa ci puoi dire in merito?
Michela Zanarella: Sicuramente questa silloge ha un significato spirituale e rispecchia il mio concetto di fede e devozione a Dio. Non è un caso che la mia prima pubblicazione s’intitoli “Credo”. Siamo guidati da manifestazioni, simboli, segnali che provengono da una realtà a noi ancora ignota, che non rientra nella conoscenza dei nostri limitati cinque sensi. Diceva bene Rudolf Steiner nella sua teoria dei dodici sensi che l’uomo ancora è limitato nelle conoscenze, non sa vedere oltre la propria materialità, eppure in natura esistono alcuni animali che emettono dei suoni che non sono percepiti dall’orecchio umano; e sto parlando solo dell’udito.
C.B.: Una curiosità, Michela. Nella tua silloge, compare più volte la parola “guancia”. Quale significato simbolico dai a questa parte del viso, spesso presa ad esempio?
Michela Zanarella: La guancia è il faro dell’emotività, si illumina di rosso per il pudore, è infatti la parte più espressiva del viso. La utilizzo spesso proprio per associare stati d’animo ed emozioni legati alla poesia.
C.B.: Che progetti hai per il futuro?
Michela Zanarella: I progetti sono molti, sto raccogliendo una serie di racconti che spero di pubblicare prossimamente, ho sempre un romanzo chiuso da alcuni anni nel cassetto. Continuerò a dedicarmi con impegno alla poesia con eventi e iniziative in giro per l’Italia e anche in Europa. Non mancheranno il teatro, la musica e tante altre attività legate alla cultura in genere.
C.B.: Grazie Michela, per essere stata con noi, e in bocca al lupo per tutto!
Michela Zanarella: Grazie a te Cristina per questa intervista, crepi il lupo, anzi si salvi!!!
Written by Cristina Biolcati