Intervista di Irene Gianeselli al cantautore Tito Esposito

Creato il 11 luglio 2014 da Alessiamocci

Doveva uscire dopo l’estate, ma l’America ha bussato ancora: “Estrò ci vorrà“, uscito il 18 giugno 2014, è l’album d’esordio di Tito Esposito. Pur essendo molto giovane (classe 1983) ha raggiunto già traguardi importanti, un esempio su tutti la partecipazione al Festival di Atlanta in memoria di Frank Edwards organizzato dal famoso bluesman Mudcat.

Al festival sono invitati tutti i maggiori esponenti del piedmont blues tra cui anche l’italiano Tito Esposito a cui è stata offerta l’opportunità di  registrare un disco in America durante i giorni della sua permanenza per il festival.

Tito Esposito inizia a cantare all’età di 16 anni a Perugia studiando presso la scuola di musica “L’Officina”.  A circa 20 anni comincia a suonare la chitarra e ad esibirsi nei locali umbri portando avanti il progetto “Soul & Soft”. Nel 2005 si trasferisce a Firenze dove si diploma presso “L’Accademia Musicale di Firenze”. Grazie a questa esperienza entra in contatto con diversi musicisti di rilievo del territorio fiorentino come Riccardo Mori (chitarrista acustico di Vasco Rossi nel Tour “Buoni e Cattivi”) e Michele Vitulli (Bassista degli Articolo 31 nell’album “Così Com’è”).

Nel Marzo 2010 si trasferisce a Lecce dove viene ingaggiato da un impresario di zona, Maurizio Pacciolla, che lo fa esibire in tutto il territorio salentino, collaborando con Radio Salentuosi, Davide Tarantino e Cesko (Après La Classe) in vari eventi live e radiofonici. Attualmente si trova a Perugia e vanta all’attivo oltre 300 serate di musica nel territorio italiano e collaborazioni con numerosi locali, enti ed associazioni nel territorio umbro. Nel Giugno 2013 inizia la collaborazione con l’associazione “Green Stage” di Foligno che si occupa di supportare i giovani artisti. Nell’Estate 2013 è semifinalista categoria “Cantautori” al “Festival di Catrocaro” e nel Febbraio 2014 partecipa a “Sanremo Doc” all’interno del palafiori di Sanremo durante il grande festival.

I.G.: L’uscita del tuo album d’esordio è stata anticipata a giugno: sarai in America da ottobre per registrare un nuovo disco in occasione dell’annuale Chicken Raid Festival organizzato dal famoso bluesman Mudcat in memoria di Frank Edwards che si tiene ogni anno ad Atlanta, come pensi a questo successo?

Andrea Tito Esposito: Si tratta davvero di un’opportunità: devo ammettere, non senza amarezza, che non c’è grande interesse da parte di chi lavora in Italia per questo genere di eventi. Penso quindi sia necessario lasciare una traccia concreta di questa esperienza: mostrare la realtà dell’America dove è la musica ad essere richiesta, senza quello snobbismo che a volte contraddistingue il circuito italiano. Semplice e diretto: in America è tutto molto più facile. Fare semplicemente della musica e scambiarsi idee e sensazioni anche a livello generazionale: questo è quello che succede tra i bluesmen. Ognuno con la sua chitarra acustica porta il suo stile e può diventare con il suo talento un leaderman per altri musicisti. Quando mi trovo a condividere le mie canzoni con gli artisti americani mi stupiscono sempre l’approccio e il modo di pensare il musicista essenzialmente come un “musicista” che deve solo suonare e fare quello che gli riesce meglio.

I.G.: Hai iniziato molto giovane a cantare: folk blues e reggae, quando hai capito che questo poteva essere l’ingrediente per costruire uno stile così originale?

Andrea Tito Esposito: Sinceramente non ci avevo mai pensato. A sedici anni sono stato rapito dai cantautori italiani. Dopo qualche anno è stata la musica black afroamericana a suggestionarmi. L’originalità, poi, è fortuna. In un momento in cui tutti sembrano “scopiazzare” e pare facciano musica guardando “quello che va” nel mercato, i miei punti di riferimento restano artisti come Muddy Waters, Sam Cooke, Skip James e Frank Edwards.

I.G.: Estro ci vuole nei nostri giorni: quali parole useresti se dovessi raccontare il momento di crisi sia economico che sociale in cui ci troviamo?

Andrea Tito Espostito: Credo che ci sia un’aria troppo negativa, come se piangersi addosso possa aiutarci a superare la crisi economica. Mi preoccupa molto di più la crisi delle coscienze: televisione e media, troppe volte, amano fare senza pensare al dove si stia andando. Questo è il tempo del coraggio: bisogna sapersi prendere le proprie soddisfazioni lavorando con passione, almeno, sei i soldi non arriveranno, resterà la certezza di avere fatto qualcosa per il proprio piacere oltre che per quello degli altri.

I.G.: Le tue canzoni parlano d’amore, joie de vivre e malinconia allo stesso tempo: quale delle nove tracce è quella che ami di più?

Andrea Tito Esposito: “Luna Blues” è sicuramente quella che mi appartiene di più: mi ha dato emozioni “complete” rispetto alle altre che mi hanno lasciato come sospeso. Sembra solo una dolce ninna nanna, ma è una calma apparente quella che si sente nella chitarra delle prime misure. Un po’ più cantautoriale è “Toccami destino”, ma “Prati di Artemide” è quella più importante dal punto di vista artistico: quando l’ho scritta e suonata mi sono reso conto che avevo creato qualcosa che mi apparteneva davvero, avevo trovato una chiave per creare una musica originale. “Estro ci vorrà” è arrivata subito dopo. Avevo intenzione di inserire un altro brano: “Zio Henry”, in cui racconto la storia di un uomo che girando per il mondo incontra l’amore, ma deve rinunciarvi per inseguire la sua esigenza di esprimersi facendo musica. Un brano che mi ha dato molte soddisfazioni ad Atlanta. In stile blues, raccoglie anche il folklore del sud: sono nato a Napoli. Purtroppo non è stato possibile masterizzarlo come avrei voluto e questo mi ha fatto rinunciare ad un po’ di magia… credo di inserirlo nel prossimo album.

I.G.: Potresti definire il tuo esordio e te stesso?

Andrea Tito Esposito: In realtà queste canzoni sono le prime che ho scritto intorno ai vent’anni, rappresentano quindi il mio percorso nella sua fase più inconsapevole. Ho aggiunto e raggiunto molte idee da allora e adesso posso dire che quest’album è “un po’ indietro” rispetto a quello che sono ora. Per il resto direi che mi sembra un esordio in implosione e mi sembra anche di vivere una realtà un po’ sofferente, mi spiego: non sto sul palco, non sto suonando davanti ad un pubblico e quindi mi risulta tutto più complicato e distante. Prima bastava proporsi: “mi fai suonare?” chiedevo un po’ a tutti quelli che avessero un spazio da darmi, ma ora con un album appena uscito devo mantenere una nuova impostazione.

I.G.: Progetti futuri?

Andrea Tito Esposito: Quando sarò in America ho intenzione di filmare con due o tre telecamere tutto quello che succede. Creare un film “on the road” è la mia grande ambizione: usare me stesso per filmare la realtà che vivrò trai musicisti americani (che si entusiasmano subito e sono felici di queste iniziative) e mettere in evidenza la passione e l’amore per la musica, perché questo per me è suonare. Di certo creare e condividere non è seguire le logiche del mercato. In America devo anche ultimare il mio secondo album che conterrà canzoni in inglese e italiano, non voglio rinunciare alle mie origini. L’inglese è molto diretto, ma l’italiano è una lingua unica che permette davvero di fare poesia.

I.G.: Cosa vorresti dire ai giovanissimi che vogliono fare musica?

Andrea Tito Esposito: Chiudete gli occhi e suonate. La tecnica è importante, ma a volte si dimentica l’espressione. Per dare un’emozione può bastare una nota soltanto. Partite, viaggiate e incontrate anche altri musicisti. Però dovete tornare in Italia. Non dimenticate la vostra terra.

Written by Irene Gianeselli 

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