Intervista di Irene Gianeselli all’attore Tommaso Ragno: quando recitare è pensare

Creato il 28 aprile 2014 da Alessiamocci

Tommaso Ragno studia presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Nel 1988 debutta con la tragedia greca ne “La seconda generazione”, regia di Mario Montrone che lo dirigerà anche in ”Woyzeck” di Georg Büchner e sempre nell’ambito del teatro classico, nel triennio 1989-1991, parteciperà al “Progetto Euripide” insieme a Massimo Castri. Al teatro greco l’attore ritornerà nel 2004 con la Medea da Euripide per la regia di Emma Dante.

Sin dai primi anni Novanta viene diretto da Carlo Cecchi ne ”La dodicesima notte” di William Shakespeare, ”Leonce e Lena” di George Büchner, ”La locandiera” di Carlo Goldoni. Affronta il teatro shakespeariano nell’ambito del progetto “Trilogia Shakespeariana” al Teatro Garibaldi di Palermo con “Amleto”, “Sogno di una notte di mezza estate” e ”Misura per Misura’’. Lo ritroviamo, sempre per la regia di Cecchi, in “Hedda Gabler” di Henrik Ibsen, “Le nozze” di Anton Cechov, ”Sik -Sik l’Artefice magico” di Eduardo De Filippo. È con Carlo Cecchi in “Abbastanza sbronzo da dire ti amo?” (2012), il recente impegno teatrale di Tommaso Ragno che efficacemente definisce il lavoro di Caryl Churchill una “serissima parodia di un rapporto storico fra Europa e Stati Uniti”.

Viene scelto da Luca Ronconi per “Strano interludio” di Eugene O’Neill, ”Lo specchio del diavolo” di Giorgio Ruffolo, ”Troilo e Cressida” di William Shakespeare. Toni Servillo lo dirigerà ne ”La trilogia della villeggiatura” di Carlo Goldoni. Molti gli autori classici e moderni nel teatro di Tommaso Ragno, da Calderon de la Barca a Cechov, da Pessoa a Garcia Lorca, da Ibsen a Pirandello, da O’Neill ad Edoardo a Pinter.

Molti i personaggi interpretati e molti anche i registi con i quali ha lavorato: Jean René Lemoine, Alessandra Cutolo (che nel 2013 lo sceglie per “Uno”), Lucia Vasini, Carmelo Rifici, Cesare Lievi, A. Ruth Shammah, Emma Dante e tanti altri. Tommaso Ragno incontra il cinema nel 1997 con “Tutti giù per terra”, è il protagonista di “Chimera” nel 2001 per la regia di Pappi Corsicato. Il 2006 lo vede al fianco di Isabelle Huppert in ‘’Médée miracle’’ per la regia di Tonino De Bernardi.

Emidio Greco lo sceglie ancora come protagonista de “L’uomo Privato” nel 2007 dopo averlo diretto ne “Il Consiglio d’Egitto”nel 2002. Nel 2012 reciterà in “Io e te” di Bernardo Bertolucci, in “Go with le Flo” di Michael Glover e in “Viaggio sola” di Maria Sole Tognazzi, nel 2013 ritroviamo Tommaso Ragno in “Terra dei santi” di Fernando Muraca, in “Mani in terra” di Giulio Manfredonia e in “A golden boy” di Pupi Avati.

Dal 2004 Tommaso Ragno è voce narrante de “Il ritratto di Dorian Gray”, “Dracula”, “Camera con vista”,“Da quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille”, “Frankenstein” e di molti altri classici della letteratura italiana e straniera nel programma radiofonico “Ad Alta voce” sulle frequenze di Rai Radio 3. A partire dal 1998 con “Più leggero non basta” diretto da Elisabetta Lodoli, ha interpretato vari ruoli in diverse fiction, imponendosi come protagonista nella serie “Distretto di Polizia-11” e ne “Il XIII Apostolo” (1^ e 2^ serie) diretto da Alexis Sweet. Interpreta Michele Mainaghi in “1992″ diretto da Giuseppe Gagliardi.

I.G.: Ti ringrazio per la disponibilità, vorrei cominciare proprio dal “ruolo” dell’attore: cosa significa per te recitare?

Tommaso Ragno: Direi che essere attore è, oggi più che mai, un lusso. Viviamo tempi difficili: in Italia arte e cultura sono considerate marginali e spesso non si ritiene necessario cercare modi “altri” per sentire e capire il mondo; ecco io credo che il Teatro sia proprio questo: un modo di pensare la realtà anche quando non si è in scena, ma nella vita in generale, nell’amore. Bisogna però distinguere l’idea di “finzione” da quella di “rappresentazione”: quando dico che recitiamo ogni giorno mi riferisco a questa naturale predisposizione – tutta umana – alla messa in scena delle proprie azioni poiché la mimesi è proprio nella natura umana, è la forma della natura. Essere Attore comporta, a mio parere, la rielaborazione costante di ciò che quotidianamente si impara vivendo in diverse case teatrali e con diversi attori. Il Teatro porta ad una diversa percezione del Tempo: è un Tempo che si espande in diverse dimensioni.

I.G.: Citando Artaud potremmo quindi definire l’attore come un artigiano che apre la via all’arte?

Tommaso Ragno: Poniamola così: sarà compito del Tempo e di altre figure, come ad esempio lo Spettatore, definire se sia “arte” tutto quello che un Attore fa. Però è innegabile che l’attore sia un artigiano: io non credo alla “spontaneità”, mi spiego: Dante nella sua Divina Commedia ha creato una forma stilistica con una ricerca che ha richiesto anni per arrivare ad “inventare” nientemeno che la lingua italiana. Sicuramente aveva del talento spontaneo, ma lo “spontaneo” da solo non basta perché, se non coltivato e costruito, nel tempo si perde. Perciò l’Attore è artigiano: continuamente costruisce e plasma e ritorna sul suo lavoro.

I.G.: Qual è la dimensione in cui l’attore esprime al meglio se stesso?

Tommaso Ragno: Per me è il Teatro, proprio per quello che ti ho detto riguardo alla costruzione degli strumenti del mestiere.

I.G.: Sei “un attore che recita, ma che pensa anche sul recitare” per dirla con Carlo Cecchi, pensando dai verità al gesto che esprimi: è questo un modo per trasformare la realtà?

Tommaso Ragno: Se si ha la fortuna di incontrare Maestri come Carlo Cecchi si può imparare tanto solo a prezzo di volerlo: deve esserci una reciprocità piuttosto forte da entrambe le parti. Da Cecchi ho appreso che il Teatro è certamente un altro modo di esistere e si esiste non solo nel fare il proprio personaggio, ma nell’interezza dell’opera. Il discorso è complesso: ci sono certamente delle tecniche per interpretare, ma per comprenderle bisogna sviluppare anche una certa moralità. Ricordo una prova dell’ ”Amleto” con Cecchi: un attore era concentrato, ma non nel modo che potesse permettergli di esistere e pensare nella giusta forma quella precisa realtà da comunicare, e Cecchi gli fece notare che il recitare non è solo un fatto estetico, ma anche un fatto etico.

I.G.: “La fantasia e l’intelligenza dei meridionali meritano tanto teatro quanto ne ha il Nord” questo è Paolo Grassi. Tu sei l’esempio di un attore, un uomo meridionale, che merita e ha meritato il Teatro e di cui il Teatro ha bisogno: che rapporto conservi con la Puglia, tua terra d’origine?

Tommaso Ragno: Sono origini che segnano un uomo proprio geneticamente, ne segnano anche il corpo e contribuiscono alla formazione di una determinata personalità. Io ho ritrovato le mie origini sia inconsciamente che consciamente nel mio mestiere: puoi anche non conservare una memoria storica delle tue origini, ma hai dentro quel riferimento linguistico – di una lingua come il dialetto – e cognitivo che personalmente mi ha aiutato a perseguire e mettere insieme le mie idee in modo molto definito nel corso del tempo. Ho usato spesso nelle prove in Teatro il dialetto per trovare figure, i Personaggi e i loro corpi; perciò il mio non è un attaccamento nostalgico o campanilistico al luogo in cui sono nato. La mia terra è dentro di me anche quando non sono lì.

I.G.: Tu hai lavorato molto all’estero e hai portato il tuo talento nei teatri di tutto il mondo con Toni Servillo: la Trilogia della Villeggiatura ha toccato 18 città, 11 nazioni e 3 continenti. Come viene percepito il Teatro all’estero, che pubblico hai incontrato?

Tommaso Ragno: Quello che mi ha sempre affascinato del viaggiare è proprio la possibilità di una grande apertura mentale: viaggiando ci si apre e si è volentieri disposti a comprendere come si potrebbe migliorare. L’aspetto che ho trovato assolutamente condivisibile sul piano pratico è che gli spettacoli cominciano nel tardo pomeriggio, verso le diciannove e sono sicuramente seguiti meglio. L’altro aspetto fondamentale è che all’estero andare a Teatro è un’abitudine connaturata, un vero e proprio costume dovuto ovviamente a circostanze culturali differenti: per andare a Teatro non si cerca l’evento a tutti i costi. Anche considerando spettacoli diversi tra loro per contenuto e contesto ho sempre visto palchi e platee occupate da un pubblico non solo preparato, attento, ma veramente entusiasta di incontrare attori e autori. “394 -Trilogia nel Mondo” è un vero e proprio documentario girato durante la tournée e diretto da Massimiliano Pacifico, che rende l’idea degli umori e degli incontri che abbiamo fatto con diverse culture e luoghi.

I.G.: A proposito di prove d’attore e incontri particolari con luoghi e modi diversi di rivolgersi al pubblico: sei stato recentemente protagonista de “Il XIII Apostolo”: come hai costruito l’ambiguità fascinosa di Bonifacio Serventi, personaggio che non sembra solo incarnare il male assoluto?

Tommaso Ragno: Costruire questo personaggio è stato prima di tutto un divertimento: con il regista Alexis Sweet dovevamo dare corpo alla figura di un uomo estremamente complesso e difficile da decifrare, un uomo che desse l’impressione di venire da lontano. Perciò ho cercato di rendere tutta la sua aura misteriosa e ambigua pensandolo come un genio del Rinascimento degno di Giordano Bruno. Shakespeare – e proprio il suo “Amleto” che avevo studiato con Carlo Cecchi – mi ha ispirato per dare a Bonifacio uno spessore concreto, una “terribilità” che ricordasse il tormento di un certo Michelangelo. Era un personaggio che doveva avere una “hýbris” e un “furor” che fossero inequivocabili, ed una ironia sottile.

I.G.: Ritieni che la buona fiction attraverso temi particolari, come nel caso de “Il XIII Apostolo”, riesca ad avvicinare il grande pubblico alla consapevolezza e al piacere della scoperta di una diversa interpretazione della realtà?

Tommaso Ragno: Assolutamente sì.

Written by Irene Gianeselli 

Photo by Raffaella Conti


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