Intervista di Maila Daniela Tritto a Vincenzo Sorrentino, creatore del progetto artistico “Rosso Armeno”

Creato il 11 ottobre 2014 da Alessiamocci

L’attuale panorama culturale propone alcune iniziative e progetti davvero interessanti, espressione di menti creative e abili per ingegno a mettere in opera gli ideali che ne stanno alla radice, che, per la peculiarità che li distingue, coinvolgono il pubblico e meritano attenzione.

Come Rosso Armeno, un progetto nato dall’idea del maestro Vincenzo Sorrentino che ha scelto di attribuirgli questo nome così affascinante attingendo dalla propria esperienza e dalla devozione per questo colore.

La sua origine è antica, poiché il rosso armeno è il colore simbolo dell’Armenia; fu celebrato sin dalle epoche più remote per le sue peculiarità che lo rendono unico. Era inoltre il colore tipico della produzione manifatturiera tessile definita ‘merce armena’, rappresentata da tappeti, coperte e tessuti vari, elogiata da Marco Polo e ricercata nelle corti dei califfi.

Questi sono i presupposti che hanno creato Rosso Armeno, che prevede la realizzazione di manufatti d’arte di piccole, medie e grandi dimensioni, composta da sculture, vasi, teiere, fregi ornamentali, decorazioni parietali, mobili dipinti e complementi d’arredo, modellati con forme fantastiche e realizzati in ceramica smaltata, in bronzo e altri materiali preziosi.

Il maestro ha ripreso la sua idea originaria, fiorita all’interno dell’Accademia di Brera. È in quest’ambiente che si è avvalso della collaborazione di Miriam Tritto, allieva di talento che, fin da subito, è diventata fervida sostenitrice del progetto, apprendendone le tecniche artistiche e favorendo l’organizzazione e il coordinamento delle varie iniziative.

Di seguito riportiamo l’intervista fatta a Vincenzo Sorrentino, il quale ci parlerà degli obiettivi di Rosso Armeno.

M.D.T.: Vincenzo, le diamo il benvenuto qui su Oubliette, è un piacere intervistarla per il progetto Rosso Armeno. Può dirci com’è nato?

Vincenzo Sorrentino: L’idea originaria è di molti anni fa, quando avviai la prima riflessione sulla tematica del lavoro inteso in un senso molto largo, come piena espressione e dignità dell’uomo, come Poiesis, cioè: fare, creare, produrre. Ma lontano dalle logiche massificanti della produzione industriale, su cui ho avuto sempre un pensiero critico. Il lavoro di cui mi occupavo era soprattutto il lavoro che si fa per produrre bellezza nella vita di tutti i giorni, nella vita quotidiana. Nel 2000 avevo organizzato una prima mostra di artisti della ceramica, nell’alto casertano, e poi una mostra personale di oggetti e sculture presso il Belvedere di S. Leucio. Ma l’iniziativa non ebbe modo di proseguire per vari motivi, non ultimo una scarsa cooperazione tra i vari artisti che avevo contattato. Così creai Rosso Armeno; un’idea che avrebbe avuto la sua piena realizzazione solo una decina di anni dopo, e che, nel corso del tempo, avrebbe affiancato la mia attività principale, che è la pittura.

M.D.T.: Può parlarci della prima collezione del progetto? Come si è sviluppata e quali sono stati i presupposti per realizzarla?

Vincenzo Sorrentino: La ripresa del progetto è del 2011 quando avevo creato per l’Accademia di Brera (nella quale insegno Teoria e tecnica dell’Affresco) un’opera molto impegnativa che coinvolse studenti del dipartimento di Decorazione. Si trattava di una colonna affrescata, di circa quattro metri, che andò in mostra alla Biennale di Venezia di quell’anno, su invito di Vittorio Sgarbi. In quell’occasione fu necessario avviare un lavoro di ornamenti in ceramica che entusiasmò il gruppo di giovani artisti che avevo formato, e specialmente Miriam Tritto che si mostrò molto versatile e convinta sostenitrice del progetto di Rosso Armeno di cui avevo cominciato a riparlare. Così, con notevole spirito di collaborazione, Miriam allestì il primo laboratorio/bottega negli spazi del sindacato CSA di cui il padre è dirigente, e mi affiancò nella realizzazione di diversi oggetti: vasi, teiere, sculture in ceramica e bronzo che confluirono nella prima collezione di RA. Attualmente è lei a organizzare la comunicazione e gli eventi inerenti all’attività e a prendersi cura di ogni dettaglio. Ci siamo avvalsi altresì dell’apporto di valide maestranze artigiane per la realizzazione delle opere. Con piacere cito il nome della Fonderia Del Giudice di Nola che oltre ad aver messo a disposizione le proprie competenze ha condiviso l’entusiasmo per il progetto e la storica Fornace Curti di Milano.

M.D.T.: Qual è il filone di pensiero che segue Rosso Armeno?

Vincenzo Sorrentino: Il presupposto culturale di Rosso Armeno, è, come ho accennato poco fa, un pensiero che coltiva la convinzione di un superamento della produzione industriale così com’è venuta a svolgersi per tutto il Novecento.  L’Industria ha avuto un ruolo, certamente importante, per la diffusione dei beni nei larghi strati della società, ma il benessere che ha creato sottostava, purtroppo, a regole di cieco profitto, che pur di capitalizzare ad ogni costo hanno diffuso la tendenza a un consumo che si è dimostrato un vero spreco di risorse naturali e umane. Masse di lavoratori sono stati utilizzati per creare l’illusione di una società del benessere e dello sviluppo ad oltranza. E oggi, in tempi di vacche magre, stiamo tutti pagando le conseguenze di quell’illusione. I problemi creati dall’Industria furono subito denunciati al suo sorgere in Inghilterra nel XVIII secolo da scrittori e artisti; penso a Dickens, o Blake, oppure a Hugo, in Francia, o alla compagine dei romantici in Germania. Ma sono particolarmente interessato a quella vasta area di pensiero critico che nacque attorno alla comunità inglese dei Preraffaelliti; Morris, per esempio, si era dimostrato più radicale dello stesso Marx nella critica poiché poneva il desiderio della felicità e dell’armonia sociale non dentro la logica industriale ma nella grande tradizione artigianale. Insieme a Morris farei anche il nome di Ruskin, per certi versi un vero e proprio mistico della critica d’arte che gli faceva preferire il Medioevo, con il suo artigianato rituale, al Rinascimento con il suo culto del genio artistico. Un altro nome che suscita il mio interesse è Dante Gabriel Rossetti, pittore e scrittore di grande sensibilità, ispiratore e capo dei Preraffaelliti. Oggi credo che la situazione artistica sia molto cambiata da questi presupposti poiché assistiamo a un ripiegamento della mentalità generale alla rassegnazione che il mondo attuale sia senza alternative. Vige ormai il luogo comune che il Moderno sia solo ciò che è attinente alla moda del giorno.  Sono proprio gli artisti, o sedicenti tali, che si rendono responsabili di un degrado del fare, del produrre, secondo quell’accezione della Poiesis di cui parlavo poc’anzi. Avendo denigrato, sotto l’imperativo del Contemporaneo, ogni prassi artistica riconducibile alla tradizione hanno perpetrato un diffuso abbandono del sapere artistico e delle grandi tecniche dell’arte; quelle che hanno creato i templi greci, per intenderci, le cattedrali e i capolavori della pittura e della scultura di sempre. Credo sia necessario un lavoro certosino – spesso dico da amanuense – per ripristinare la grande cultura artistica. Rosso Armeno si propone, nel suo piccolo, di ragionare secondo un profilo ideale che pone attenzione alle materie prime dell’arte come all’intuizione creativa. Fare un krater richiede perizia e maestria almeno come quella occorrente per un affresco. Michelangelo creava modellini in argilla per le sue opere con lo stesso estro adoperato per il Mosé o per la Sibilla Delfica.

M.D.T.: Da poco ha creato anche un blog intitolato La vera industria, quali sono gli obiettivi?

Vincenzo Sorrentino: Il blog La Vera Industria è appena nato. Direi che è un luogo in cui si apre una discussione sulle tematiche del lavoro creativo. Fino ad ora ho pubblicato due testi che fungono da introduzione all’argomento. Il titolo La Vera Industria deriva da una serie di miei quadri che recano la stessa denominazione. S’ispira al lavoro delle api e alla loro industria che pongo come valore esemplare e metaforico di ciò che dovrebbe essere una società ben organizzata. Si allinea con le grandi utopie sociali di autori come Tommaso Moro e Tommaso Campanella, più per affiancare il loro desiderio di visionare un mondo “altro” che per imitarne i dettami. È il pensiero utopico che è venuto meno nella cultura contemporanea ed è proprio nella capacità di immaginare altri mirabilia che possiamo sottrarci a un’esistenza piatta. Il blog intende sottolineare che il vero conflitto oggi sia, in primis, nella lotta che abbiamo intrapreso contro il mondo naturale. Contro la Natura. Una lotta pericolosa perché si può facilmente prevedere un fallimento della nostra cultura.

M.D.T.: Quali eventi sono stati già organizzati per presentare il progetto Rosso Armeno?

Vincenzo Sorrentino: La prima collezione di RA è stata presentata al Castello di Grumello della signora Cristina Kettlitz, mia cara amica e sostenitrice da quasi un decennio. Abbiamo avuto la fortuna di avere un padrino d’eccezione come Philippe Daverio che ha presentato il nostro lavoro con entusiasmo e convinzione. Attualmente le opere sono esposte presso il Gran Visconti Palace Hotel di Milano, dove resteranno per un paio di mesi ancora.

M.D.T.: E della sua formazione personale che cosa può dirci?

Vincenzo Sorrentino: Mi sono formato presso l’Accademia di Belle arti di Napoli (sono di origini vesuviane) negli ultimi anni settanta, dove ebbi la buona sorte di incontrare maestri che sostennero e alimentarono il mio talento. Ho iniziato subito a lavorare nel campo della grafica. Nel 1977, ancora studente, ebbi modo di incontrare Oreste del Buono che apprezzò una raccolta di disegni che gli presentai e che mi fece pubblicare su riviste da lui dirette. Per il resto sono stati anni di studi e di applicazione sull’arte della pittura. Frequentavo il museo di Capodimonte con spirito devozionale verso quei maestri della pittura barocca napoletana, per la quale ho avuto una passione “smodata” al punto da carpire nei dettagli il tenebrismo caravaggesco nelle opere del Ribera e del Battistello, del Guarino e del Fracanzano. A partire dal 1992 ho definitivamente improntato la mia maniera in tele di grandi dimensioni e caratterizzate da temi fantastici e simbolici, una specie di Neobarocco surreale. Philippe Daverio ha presentato il mio lavoro di pittura in una trasmissione televisiva da lui condotta nel 2005. Ultimamente i miei quadri sono un po’ più come psicodrammi. Mi occorre molto tempo per dipingere. Ho iniziato a insegnare dal 1986 presso l’Accademia napoletana e dal 2001 presso l’Accademia di Brera. Dopo aver terminato l’iter artistico, approfondii, dal 1990, gli studi di filosofia e teologia presso la facoltà teologica di Napoli, soprattutto per motivi legati all’arte sacra.

M.D.T.: Per il futuro sta organizzando delle mostre?

Vincenzo Sorrentino: È sempre difficile per me parlare in anticipo delle mostre da farsi, primo, perché le mie mostre avvengono a distanza di non pochi anni, e secondo perché, essendo un indipendente, mi riesce laborioso trovare i finanziamenti. Ma ho un ciclo di quadri che hanno per tema la donna e le sue varie declinazioni erotiche. Per quanto riguarda RA stiamo valutando la possibilità di uno spazio espositivo in occasione dell’Expo 2015. Ma incrociamo le dita.

Written by Maila Daniela Tritto


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