Intervista di Michela Zanarella a Gino Centofante, autore del libro “La guerra degli amori distanti”

Creato il 24 dicembre 2014 da Alessiamocci

Gino Centofante nasce in Ciociaria nel 1992, si diploma all’Istituto Tecnico Industriale e decide di iscriversi alla facoltà di Scienze della Comunicazione.

Ha sempre amato scrivere e leggere, convinto che prima di un ‘buon’ scrittore ci debba essere anche un attento lettore.

Oltre alla spiccata passione di tutto ciò che attraverso l’intreccio delle parole forma pensieri sublimi, è affascinato da sempre dall’Arte in genere, dal teatro, dalla natura e dal silenzio.

È l’autore della silloge “La guerra degli amori distanti” edita da David & Matthaus Edizioni Letterarie.

M.Z: “La guerra degli amori distanti”, guerra e amore racchiusi nel tuo libro, cosa ti ha portato a scegliere un titolo così particolare? Quali tematiche affronti nelle tue poesie?

Gino Centofante: Anzitutto ti ringrazio per questa intervista; all’apparenza il titolo del mio libro può sembrare un ossimoro naturale, due termini che sembrano escludersi a vicenda, perché naturalmente si tende a eliminare l’uno dove c’è l’altro, e quindi la parola guerra dove c’è il sentimento dell’amore. Nel mio libro affronto la tematica dell’amore, della distanza, del ricordo, tutti elementi che ognuno di noi almeno una volta nella vita si trova ad affrontare. L’elemento su cui ho voluto porre l’accento sono stati gli amori, quelli distanti, quegli amori carnali, quegli amori dell’anima che ti portano a vivere delle vere e proprie guerre interiori, in cui purtroppo, spesso, non si esce vincitori.

M.Z: Sei molto giovane, ma un autore molto determinato, cos’è per te la Poesia?

Gino Centofante: Sì, posso ben dire che la determinazione fa parte di me. Quando mi prefiggo un obiettivo cerco di far tutto il possibile affinché mi riesca al meglio. La poesia per me è vita. E’ il risveglio dei sensi, è la parola data, ma anche ricevuta. È un abbraccio che con parole avvolge l’altro. La poesia è rivelazione, ma essa stessa scoperta.

M.Z: Quale poeta del passato suscita in te curiosità e ammirazione?

Gino Centofante: Il primo che mi è venuto in mente è stato Nazim Hikmet, un poeta e scrittore turco, poi naturalizzato polacco. Un poeta che non ha bisogno di termini complessi, o ricercati, ma che attraverso le sue poesie – estremamente – semplici esprime le passioni. Tratti distintivi delle sue parole sono l’amore, che si declina verso la sua donna, verso la sua terra, per i suoi ideali. Mi piace ricordarlo così, con quelle sue parole nella sua prima raccolta poetica pubblicata a 17 anni corretta largamente da Yaya Kemal. Suonava così: 

“Ho sentito un lamento sotto i cipressi

 mi son chiesto, c’è qualcuno che piange qui?

o è il vento che si ricorda di un amore passato

in questo luogo solitario?

Un tempo pensavo che i morti ridessero

quando le nere cortine cadon sugli occhi

ma ora mi chiedo se i morti che amaron la vita

piangono ancora sotto i cipressi.”

M.Z: Qual è la situazione ideale per la tua ispirazione?

Gino Centofante: La situazione ideale per la mia ispirazione, è il silenzio. Un momento per me fondamentale. Devo dedicarmi, devo rilassarmi, devo lasciar fuoriuscire quello spiccato senso che mi permette di far volteggiare libere le parole, senza infingimenti, senza maschere, senza accessorie sovrastrutture. O anche un treno, è risultato negli anni un mezzo utile per la mia ispirazione. Quel vedere gli arrivi, le partenze, quelle gioie, quei dolori, risa, imbarazzi è stato per me fonte di riflessione.

M.Z: Social e poesia, una tua riflessione.

Gino Centofante: L’uno non esclude l’altra. Anzi, negli ultimi anni mi è capitato di vedere rafforzato il valore della poesia proprio grazie ai social, anche perché le potenzialità di questo mezzo sono infinite, la fruibilità delle notizia è su larga scala, quindi anche i progetti/iniziative a livello poetico ne godono di beneficio, riuscendo così a mettere insieme più persone, magari di età, nazionalità, estrazione sociale differenti, senza questo mezzo difficilmente realizzabili. Quindi social e poesia sì.

M.Z: So che sei un assiduo lettore, quale romanzo o raccolta è stato un punto di riferimento anche per la tua scrittura in versi? Qual è il titolo dell’ultimo libro che stai leggendo?

Gino Centofante: Sì, leggo molto, è come una linfa per me. E’ grazie alla lettura assidua che ho abbattuto quel ‘muro’ che molti autori vedono quando provano a scrivere qualcosa di personale. Un libro che mi ha aiutato molto, – a livello personale -, nella mia indagine come persona, prima che come scrittore è “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron. Per quanto riguarda la poesia, mi capita costantemente di rileggere la Szymborska, Montale, la Merini, Neruda, Prevert, ma questi sono solo alcuni…

M.Z: Sogni nel cassetto.

Gino Centofante: Sogni nel cassetto? Sicuramente continuare a scrivere, a scoprirmi e a scoprire il mondo attraverso la parola. Non mi pongo limiti, quindi proseguirò nel mio percorso, con la stessa continuità, e con la stessa voglia, anche maggiore, perché quando uno ha un sogno, non deve credere che sia impossibile da raggiungere, ma usare tutte le armi in suo possesso per raggiungerlo, certo sempre con correttezza. Di sogni ce ne saranno sempre, sta a noi riuscire a farli diventare realtà. Per far ciò bisogna impegnarsi, lottare, perché le cose semplici e di facile raggiungimento, ormai neanche si sognano più, e sono anche poco stimolanti. Se si deve sognare, meglio farlo in grande. Quindi tentate, tentate, tentate. Dopo una caduta, ho imparato che bisogna rialzarsi più forti di prima.

Written by Michela Zanarella


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