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Intervista di Timothy Dissegna a Fabio Muccin ed al suo libro “Due rossetti rosso fuoco”

Creato il 05 marzo 2016 da Alessiamocci

Il primo posto al concorso letterario “Artisti per la pace-Città di San Vitaliano” è solo l’ultimo successo, in ordine di tempo, per lo scrittore e professore di lettere Fabio Muccin, friulano di Casarsa della Delizia (Pn).

Anche perché quel concorso l’aveva già vinto nelle due edizioni precedenti, sempre nella sezione prosa, e questa volta con un testo incentrato sulla giovane pakistana Malala, interpretando così il tema “Il contributo delle donne al cambiamento. Le donne per una rinascita dell’umanesimo”.

Laureato a Padova, oggi Muccin è un autore molto prolifico: il suo ultimo libro, “Due rossetti rosso fuoco” (edito da Media Naonis) uscirà proprio a marzo e sarà un’antologia dedicata all’universo femminile, che proprio l’8 si festeggia. Gli abbiamo rivolto qualche domande per scoprire di più su quest’opera e sull’artista, molto attivo sui social e che non perde occasione per partecipare attivamente alle iniziative culturali locali.

T.D.: Di cosa parla il tuo nuovo libro?

Fabio Muccin: Il mio nuovo lavoro si intitola “Due rossetti rosso fuoco” e raccoglie 10 racconti che hanno per protagonista la donna. L’intento delle storie è di fotografare le donne come sono, come appaiono, come sentono, senza nobilitarle, senza inciampare nel bisogno di riscattarle, lasciandole libere di essere ciò che sono. Soprattutto quando una donna non è una donna, quando crede di non farcela a superare gli intoppi di una quotidianità che fa di tutto per sopraffarla, quando teme di non poter fronteggiare la sorte, divenendone poi lei stessa artefice, a volte vittima, a volte carnefice. Desideravo raccontare le donne quando il destino si mette di traverso e capovolge, stravolge, coinvolge, si accanisce, camuffa e scompiglia le attese imbrogliando le matasse, spingendole sull’orlo del baratro o a ritrovare se stesse e il proprio posto nella società e nei sentimenti.

T.D.: Quali autori ti ispirano maggiormente?

Fabio Muccin: Più che ispirarmi a loro, mi sento influenzato in assoluto dagli autori sudamericani: Garcia Marquez, Isabel Allende, Jorge Amado, quindi lo scrittore marocchino Ben Jelloun e gli scrittori francesi Eric-Emmanuel Schmitt e Jean Rouaud.

T.D.: Tu vivi in Friuli: la regione ha contribuito in qualche modo al tuo percorso letterario?

Fabio Muccin: Ogni luogo porta con sé qualcosa che ti influenza. Sino ad ora in realtà ho preferito guardare oltre i confini regionali viaggiando in gran parte dell’Europa, Nordafrica e India, molto ma ritornando sempre a casa, alla fine. E non escludo certo che prima o poi dedichi un tributo alla mia regione.

T.D.: Cosa vorresti trasmettere al lettore che prende per la prima volta in mano un tuo scritto?

Fabio Muccin: Il fatto di sentirsi a casa propria. Cerco infatti di intrecciare storie veritiere con un linguaggio piuttosto abbordabile, senza tralasciare – se occorre – di elevare il registro. Mi piacerebbe che un mio lavoro rimanesse nella memoria del lettore al di là della storia in sé, magari per il semplice fatto di averlo accompagnato in un momento particolare della sua storia.

T.D.: Tu sei molto attivo sui social: possono essere visti questi come un nuovo modo per fare “narrazione”, in un certo senso?

Fabio Muccin: Tutto ciò che è relazione è in buona parte spunto per storia e per fare storia. La mia attività si limita a Facebook, anche se ho dovuto faticare non poco per vincere la mia ritrosia a condividere qualcosa di me. È più un gioco, che un bisogno.

T.D.: Che consiglio daresti a un ragazzo che sogna di fare della scrittura la sua professione?

Fabio Muccin: Vorrei ricordare il giudizio che, ogni volta che leggeva un mio tema, il mio insegnante di lettere del liceo mi ripeteva: “Tu non sai scrivere bene”. Ecco. Questo è stato un motivo sufficiente per me a insistere, a crederci al di là di tutto. Credo di aver avuto almeno in parte un po’ di ragione, se non altro visto il centinaio di premi che i diversi concorsi letterari mi hanno attribuito in poco più di tre anni. La via è certamente lunga e tortuosa, ma tocca a noi percorrerla per vedere dove porta.

 Written by Timothy Dissegna


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