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Intervista esclusiva: " la mia vita tra gioco d'azzardo, cavalli e quei bravi ragazzi nel Veneto della Mala del Brenta" (prima parte)

Creato il 19 marzo 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Alessandro Ambrosini
Intervista esclusiva: L’intervista che seguirà è stata fatta ad una persona che ha vissuto internamente nel mondo del gioco d ‘azzardo, delle bische, degli ippodromi e dei casinò. Ha sfiorato il potere della Mala del Brenta e di Felice Maniero. Sfiorato perché ciò che è rimasto della Mala del Brenta non si registra solo in galera. E’ un tessuto sociale che è nato con ed attorno a loro. Che si è rigenerato nella società e che si è mischiato con la gente normale. Non fanno rapine, rapimenti o spaccio. Hanno imprese edili, di trasporto. Sono usurai o semplici benestanti. Questa intervista è interessante per capire quanto gioco e malavita siano sempre vicini di casa. Leggere dalle parole di questa persona aiuta a capire quanto sia dannoso l’azzardo per una persona, anche se gestito dallo Stato.Il locale dove ci troviamo è un ristorante in un paese del vicentino, non molto lontano dal centro della città del Palladio. Sono le 4 del pomeriggio e i camerieri stanno finendo di pulire. 
Quando arriva questa persona, di cui non faremo il nome ma chiameremo Alberto, si nota subito la familiarità con il gestore. Un caffè e iniziamo a parlare. 
Intervista esclusiva: Il gioco d’azzardo è stato per un certo periodo il suo marchio, quando ha iniziato a giocare? 
A 16 sono entrato in una agenzia ippica, mi incuriosiva la gente che vedevo camminare avanti e indietro, fumando avidamente anche l’ultimo millimetro di sigaretta. E poi quel tappeto di biglietti, tipo post it , di vari colori. Gettati per terra con dei numeri e dei nomi. E’ per questo che sono entrato la prima volta. Ma era minorenne. 
Sa che non poteva giocare ? 
I vecchi dell’agenzia mi avevano preso in simpatia e se arrivava qualche poliziotto a giocarsi un cavallo mi nascondevano nel bagno. Compravo Trotto Sportsman prima di andare a scuola e l’adrenalina che mi dava era superiore a molte altre cose. 
Facendo due conti doveva essere il periodo di maggior potere di un certo Felice Maniero, che nel gioco d’azzardo era una sorta di Padreterno in Veneto. Che clima si respirava all’interno? 
Si respirava l’aria di un mondo di malati per il gioco, ma con qualcosa di romantico. Un misto tra “Febbre da cavallo” e il sottobosco degli esseri umani. C’era di tutto, dagli industriali, ai pensionati, ai papponi, ai poliziotti, ai truffatori e qualcuno anche in odore di mafia. Quando venne preso Madonia, in provincia di Vicenza, alcune volti sparirono. Tutti sapevano che alcune corse erano manovrate ma pochi sapevano chi e come. Molti millantavano. Anche se ho visto cose incredibili. La criminalità aveva delle sue figure classiche all’interno dell’agenzia, al tempo non c’era la Snai, le scommesse del calcio. Allora c’era il totonero. Una persona anziana, dai modi garbati. Veniva da un paesino della Riviera. Sicuramente non “bancava” lui. Lui era uno dei tanti “galoppini” di Maniero. Dentro all’impermeabile aveva il foglietto con le quote e il blocchetto delle ricevute. Lo sapevano anche i gestori dell’agenzia, ma nessuno ha mai protestato. Non era certo una buona idea farlo per loro che avevano anche un locale a Padova
Intervista esclusiva: E le bische a Vicenza? 
Vicenza è una città viziosa da molti punti di vista. Dietro alla facciata perbenista si nasconde un mondo sommerso. Le bische come potete intenderle c’erano, ma erano a conoscenza di pochi, pochissimi. Poi bisogna capire che ci sono vari tipi di bische. Io qualcuna ne ho organizzata nella mia vita. Una storica era in pieno centro, in Piazza Castello. E sempre in zona ne avevano aperta una sottoterra.  
Ci spieghi meglio. Quanti tipi di bisca esistevano al tempo ? E quali erano le differenze? 
In linea di massima esistevano i circoli ricreativi o locali legati a qualche forma di associazione dove si giocava a poker, a scala quaranta, a scacchi con partite da un milione di lire alla volta o a qualche gioco tradizionale ed esistevano ville, appartamenti anonimi dove usciva la roulette o il tavolo da chemin de fer. Due cose completamente diverse. I primi erano liberi, non giravano molti soldi e se iniziavano a girare cambiavano “categoria”. I secondi erano in mano a gente legata direttamente a Padova e di conseguenza a un certo”ambiente” e a certi nomi che lei ha fatto. 
  Alla Mala del Brenta allora… 
Si, per interposta persona chiaramente. 
E come funzionava il tutto? 
Beh come le ho detto non erano ambienti molto aperti, anzi. Il mondo dei giocatori d’azzardo è una sorta di casta chiusa, con delle regole e delle gerarchie. Se c’era da organizzare una partita bisognava innanzitutto vedere i partecipanti, chi erano, quanto potevano spendere, che lavoro facevano, se erano solvibili o no in caso di assegni. Poi si chiamava chi di dovere, che molte volte coincideva con qualche cambista del Casinò di Venezia o un suo galoppino. Si preparava la casa o la villa ( di personaggi insospettabili) e si giocava. A seconda delle situazioni c’erano anche altre distrazioni, di tipo femminile intendo. 
 Girava anche droga? 
No, quella mai. Almeno in modo palese, poi non so. Il giocatore è troppo concentrato sulla sua di droga per poter pensare a cocaina o altro. 
 Ma erano partite regolari ? 
Si, in linea di massima si. Poi in realtà c’erano anche quelle “preparate”. Con roulette e sabot dello chemin de fer truccati. Ma questa è una storia diversa. In quel caso da Padova ci mandavano a Ferrara a prendere i pezzi, almeno per lo chemin de fer. 
 Intervista esclusiva: E come funzionavano le partite truccate? 
 Come dicevo ci mandavano a Ferrara a prendere il materiale che serviva. Il costo a sera era di 9 milioni di vecchie lire. I pezzi arrivavano da varie parti d’Italia e ce li consegnava un personaggio degno di un film. Aveva una sorta di uncino al posto della mano sinistra. Inquietante. In quel caso le carte erano lette da una microtelecamera all’interno del sabot e venivano comunicate tramite una microfono a membrana posizionato dietro l’orecchio. In quelle partite potevi raccogliere anche 60/70 milioni in una sera. Erano industriali di Brescia i bersagli preferiti. Boriosi e pieni di soldi. 
 A sentire queste storie sembrerebbe una vita facile, divertente, tranquilla… 
No, è tutto il contrario. Il gioco d’azzardo, che tu sia giocatore o quello che “banca” è qualcosa che ti distrugge piano piano. E’ una droga come la cocaina o l’eroina. E ti distrugge psicologicamente e poi fisicamente. Ho visto donne di 35 anni che sembrava ne avessero 50, famiglie distrutte, infarti…l’azzardo si può sfiorare ma se ci cadi dentro è un problema vero. E che sia lo Stato o no a gestirlo non cambia molto. 
Continua....

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