Intervista gastronomica a Francesco Palmieri

Da Anginapectoris @anginapectoris

Francesco Palmieri, è prima di ogni altra cosa un maestro di Kung Fu, napoletano e nella vita fa il giornalista e si occupa di economia, ma testuali parole, mi ha confidato: -

Francesco Palmieri

uahh!ma non parliamo di economia, che poi ci deprimiamo ancora di più. Preferisco pensare alla cucina tua. A Caruso… Ti prego, non mi parlare di spread e borse che mi escono dalle orecchie!!!
Comunque, sempre meglio dalle orecchie che sotto gli occhi, che poi, ci invecchiano
Francesco è cultore di musica e pittura napoletana, uno che conosce bene misteri d’oriente, vicende e canzoni della sua città.
Insomma uno di cui sicuramente, potrei innammorarmi anche io, viste anche le sue preferenze culinarie
Giornalista professionista dal 1988, è stato cronista di nera al “Giornale di Napoli” e, successivamente a “Paese Sera”, dal 1992 è all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia), dove è caposervizio della redazione Economia e coordinatore del portale Cina.
Ha pubblicato i saggi Sole, Luna e Talia. Magia e misteri a Napoli (Società editrice napoletana 1984) e Vite pericolose. Uomini e fantasmi delle arti marziali (Settimo Sigillo 2009). Vive a Roma dal 1987.
Per Mondadori, Strade Blu Narrativa, esce nel 2012 il Libro Napoletano dei Morti. Esiste un antico Libro egiziano dei morti ed anche uno tibetano. Spiegano in maniera ammaliante di come l’anima possa sopravvivere nei regni dell’oltretomba. La Divina Commedia del nostro Dante ne è la versione italiana, universalmente nota per l’altissimo valore poetico, commedia appunto perché il finale è lieto: l’anima non si perde negli inferi, fra demoni, ma ascende a Dio, come pressappoco succede anche nelle versioni egizia e tibetana.“Il libro napoletano dei morti” (Mondadori, nella collana Strade Blu), non è un manuale per cittadini partenopei ed italiani prossimi alla fine. O forse potrebbe anche esserlo.

Il libro napoletano dei morti

Soprattutto se consideriamo la città sotto il Vesuvio come archetipo dei nodi irrisolti della nostra esausta storia patria, è un romanzo, un gran bel romanzo, scritto con uno stile che combina momenti lirici, squarci storici, immagini cinematografiche, e non solo riesce a toccare temi universali, partendo da un luogo e da un tempo ben precisi: Napoli negli anni che corrono dalla conquista garibaldina all’avvento del fascismo. Per raccontare il suo libro dei morti, Palmieri è entrato nell’esistenza e nella lingua di Ferdinando Russo, poeta, giornalista, romanziere e paroliere di canzoni (la più nota è “Scetate”) nato ovviamente a Napoli nel 1866 e morto nel 1927.
Ed ora la divertentissima e succulenta chiacchierata con il nostro Francesco Palmieri:

Angie: – Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Francesco: – Per fortuna, non molto…

Angie: – Nel lavoro che svolgi ti sei mai ispirato a qualcosa di gastronomico?
Francesco: – Al sapore. Un mio libro deve avere un ‘sapore’ particolare, inconfondibile. Non desidero che piaccia al maggior numero di lettori, ma che quelli a cui è piaciuto ne rievochino per molto tempo il gusto speciale.

Angie: – Cosa significa per te mangiar bene?
Francesco: – Tutto ciò che non è solo nutrimento. Gli animali, le persone tristi, i malati e i reclusi si nutrono. Gli uomini liberi mangiano. Possibilmente bene.

Angie: – Le tue esperienze artistiche e lavorative? Francesco: – La mia vera esperienza artistica è il kung fu, al quale ho dedicato una parte importante della vita. Per il resto faccio il giornalista e lo scrittore, due attività meno nobili ma sociologicamente molto più considerate sia in Oriente che in Occidente.

Francesco Palmieri in tenuta da Kung Fu

Angie: – Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Francesco: – Quando mi sono identificato con il poeta Ferdinando Russo, e per lui ho scritto “Il libro napoletano dei morti”, ho desiderato mangiare da ‘Pallino’ al Vomero o allo ‘Scoglio di Frisio’. Quando rinascerò in quell’epoca, che continua a svolgersi in un’altra dimensione, ci andrò sicuramente con una sciantosa o con Gabriele d’Annunzio. Fece più o meno la stessa cosa Pulcinella in uno stupendo atto unico di Libero Bovio, quando da morto tornò sulla terra in trattoria per ripigliarsi quella sciagurata Colombina.

Angie: – Sei mai stato a dieta?
Francesco: – Mai. E se rinuncio un cibo è per altre ragioni. A séguito di un voto, da circa vent’anni non mangio carne di manzo. E una volta mi sono imposto di non mangiare cioccolata per 365 giorni. Anche se il fondente mi piace molto, il voto fu rispettato. Per me è importante dimostrare il valore della parola data e non di certo l’ascetismo. Detesto gli asceti e soprattutto gli ascetici. Il loro paradiso, come affermò qualcuno, sarà tristissimo.

Angie: – Meglio carne o pesce?
Francesco: – Dipende dal cuoco, dalla stagione, dallo stato d’animo e dalla qualità delle materie prime.

Angie: – Se fossi un dolce, quale saresti? E se fossi un vino?

Zuppa Inglese

Francesco: – Forse una zuppa inglese… C’è chi la evita perché la trova troppo decisa e poi persino chi la mangia lo fa con un po’ di autoriprovazione. E’ gustosa ma “fa male”. Per il vino chissà. Ci sono tre o quattro categorie di persone che non reggo: gli esperti di fotografia, di informatica, di motori e di vini m’annoiano a morte. Quindi sono un ignorante volontario del vino e non credo a tutta la mitologia che gli si costruisce attorno. Aggiungo che amo i fotografi, gli smanettatori di pc, i piloti e i anche gaudenti sbevazzoni. Salvo gli alcolisti per cui provo un certo schifo fisico.

Angie: – Vino?
Francesco: – Premesso quanto sopra, mi accontento di un semplice Gragnano, come Pulcinella. Mi mette allegria. M’attrae la tinta intensa e forse irrimediabile delle sue macchie sulle tovaglie quadrettate, e quella certa idea di umile napoletanità che rappresenta. Quando sono a Hong Kong mi diverto con le birre San Miguel e Blue Girl, per bevute abbondantissime purché sempre in compagnia di vecchi e sconsiderati maestri.
Angie: – Il tuo punto debole.
Francesco: – Amare le persone non per quello che fanno ma per la simpatia che mi fanno. Preferisco un mascalzone a uno che mi sta antipatico.

Angie: – Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?

Mozzarella di Bufala

Francesco: – I formaggi. Poi – ma non in frigo per carità – la mozzarella di bufala che favorisce il mio mediterraneo misticismo. Ma ho assaggiato di recente un bitto artigianale a casa di un amico, a Milano, sperimentando qualche momento estatico.
Angie: – L’aspetto che più ti attira del fare da mangiare e se c’è un piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?

Francesco
: – Mi attira il fatto che poi mi dicono bravo, perché la vanità alimenta il fuoco di tutte le cucine. Per gli altri mi piace cucinare i primi piatti. Per me stesso le uova in tegamino, semplici da fare e difficili da fare bene (lo stesso si può dire della pasta cacio e pepe e di molte altre cose nella vita).

Angie: – E quello che ti piace mangiare?
Francesco: – La lista sarebbe così lunga… Una pietanza per tutte: la parmigiana di melanzane. E’ un piatto in cui avverti più che in altri la personalità del cuoco. Capisci se è un tipo presuntuoso o di sostanza, se è tristarello o gioioso, se è barocco o un povero minimalista. Puoi intuire persino la sua provenienza e le sue idee.

Parmigiana

Perciò spesso, mangiata una parmigiana, resto intimamente incazzato con chi l’ha preparata. O al contrario gli voglio più bene.

Angie: – Come ti definiresti a tavola?
Francesco: – Rassegnato e pragmatico. Non avendo tempo o voglia, il più delle volte m’arrangio. Che tristezza. Lo so.

Angie: – La colazione ideale e quella che invece normalmente fai.
Francesco: – Normalmente solo caffè. Quando pratico una vita decente, ma ciò capita solo in vacanza o nei miei viaggi, è invece abbondante. Con il meglio di quello che trovo. La mia colazione preferita in Cina è il congee, una sorta di porridge, specialmente se condito con le ‘uova dei cent’anni’, che sono uova messe sotto terra per alcune settimane e acquisiscono un sapore veramente delizioso.

Congee e uova dei 100 anni

Angie: – Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
Francesco: – La lista è lunga anche qui. Menziono per amore solo la cassata siciliana, le paste di mandorla e gli struffoli. Detesto la Torta Mimosa e se la mangio mi sento subito più stupido e di malumore.

Angie: – La cucina e’ fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito?
Francesco: – Basilico, cannella, limone, citronella, origano.

cannella, basilico, citronella

Angie: – Limone o aceto?
Francesco: – I limoni della Penisola Sorrentina hanno una presenza estetica e un profumo che probabilmente ricordi pure dopo morto. E’ la bellezza del mondo.

Angie: – Non puoi vivere senza…
Francesco: – … la pasta. Specialmente ziti e vermicelli.

vermicelli e ziti

Angie: – Esiste un legame tra cucina e sensualità? Che cosa secondo te conta di più nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare?
Francesco: – C’è una stretta connessione. Sono come due rami dello stesso albero. Per sedurre? Una donna ordinaria è contenta se le offrono una cena con piatti costosi ma poi fa finta che non le importa molto. Una donna intelligente è più attirata da chi cucina per lei. Ma mi fanno pena gli uomini che s’improvvisano cuochi solo per affascinare. E per la verità mi fa pena anche chi offre cene per sedurre più che per cavalleria.

Angie: – Una tua ricetta per i miei lettori.
Francesco: – Prendete i pomodori San Marzano e spaccateli a metà. Metteteli a giacere in una pentola con un po’ di sale, olio e aglio creando un “letto” molto abbondante. Accendete un fuoco lento. Aggiungete ziti crudi e mescolate sempre affinché i pomodori e la pasta non si attacchino alla pentola. Non utilizzate assolutamente acqua. Gli ziti cuoceranno nel solo succo dei pomodori, di cui si impregneranno totalmente. Aggiungete basilico. Quando la pasta è al dente, spegnete e servite. Mi ringrazierete. Il piatto è semplicissimo ma richiede la costante presenza del cuoco.

Angie: – L’ultimo libro che hai letto?
Francesco: – Ho riletto “Il lupo e la luna” di Pietrangelo Buttafuoco, un racconto mediterraneo, lirico e profondo di cui è capace solo lui. E poi “I napoletani” di Francesco Durante, affresco letterario ‘chiantuto’ e pregiato.

Angie: – Il pezzo musicale che mette in moto i succhi gastrici…
Francesco: – Consiglio di cucinare ascoltando le Gymnopédies di Satie.

Angie: – Hobby?
Francesco: – Suono il mandolino, che è un amore grande grande.

Angie
: – Se fossi un personaggio mitologico chi saresti?
Francesco: – Non so chi. Ma sarei – e sono – sotto la protezione di Ermes. Il dio degli scambi intelligenti, il portatore d’anime, colui che connette gli uomini tra loro, ne intreccia le sorti e qualche volta li deruba dei segreti. E’ il dio che impedisce ai tipi tendenzialmente paranoici di diventare pazzi. In più Ermes è molto contemporaneo, direi che è “digitale”.

Mercurio di Hendrick Goltzius, 1611 Frans Halsmuseum, Haarlem

Corre sul web più veloce di altri. Con leggerezza, lievissimo sorriso e ali esigue ma affidabili.

Angie: – Qual è il sogno più grande?
Francesco: – Essere lasciato in pace. Ma è un’utopia puerile.
Angie: – Cosa ti dicono più spesso?
Francesco: – I veri amici mi cercano quando non hanno niente da dirmi e mi ascoltano quando non ho niente da dirgli. Gli altri mi concedono l’onore di fare loro qualche cortesia e di spiegarmi cose che non m’interessano.
Angie: – Ti fidanzeresti con una cuoca?
Francesco: – Magari!
Angie: – Un piatto della tua infanzia.
Francesco: – Mi ricordo il cervello con olio e limone… Allora si pensava che facesse bene. La cucina testimonia i cambiamenti rapidi del mondo come poche altre cose. Ma in linea di massima a casa mia sapevano cucinare .

Angie: – C’è un piatto che non hai mai provato e che vorresti assaggiare?
Francesco: – Il sanguinaccio vero, quello col sangue di maiale.

Angie: – Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Francesco: – La cucina della quotidianità soffre di una mediocre, bonaria globalizzazione tipica dei tempi e degli uomini attuali.

Angie: – Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Francesco: – Ma tu vuo’ sfottere… Non mi ispira simboli.

Angie: – Dopo la cucina italiana, ce n’e’ qualcuna internazionale che preferisci? Se si’, quale?
Francesco: – Quella cantonese. Un’altra parte di me, che è più bella, in questo momento sta mangiando a Guangzhou.

粤菜 cucina cantonese

Angie: – A quali altri progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Francesco: – Penso a un libro sul tempo. Un racconto in cui i confini tra passato e presente risultino aboliti in virtù di una specie di favola, che è la sola realtà accettabile da una persona perbene.
Angie: – Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Francesco: – Adattabile. Il che vuol dire poter essere parco e goloso a seconda delle circostanze.

Angie: – A che piatto paragoneresti Berlusconi, Grillo, Mario Monti?
Francesco: – Berlusconi linguine mari e monti. Grillo è il panino col prosciutto delle colazioni a sacco. Sta assieme a una mela biologica. Monti è la frutta cotta che ti danno quando sei malato. Se vuoi aggiungo una salama da sugo per Bersani. E il gelatino della macchinetta di McDonald’s per l’ex presidente della Camera, anche se aveva un nome da tortellino.

Francesco ed il suo Mandolino

Angie: – La cucina ti ha mai tradito?
Francesco: – E’ normale che quasi tutto tradisca. Anche la cucina. Come per tutti i tradimenti, non lo voglio ricordare.

Angie: – Se dovessi riassumere la tua filosofia di vita?
Francesco: – Pensare. Sentire. Volere.

Angie: – Classica domanda alla Marzullo: Fatti una domanda e datti una risposta.
Francesco: – “Sibilla, che cosa vuoi?”…

VN:F [1.9.22_1171]

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :