Massimo Rossi, classe 58, nasce in una famiglia “razza Piave”, povera di soldi ma ricca di sani principi, prima dell’inagurazione del primo tratto dell’Autostrada del Sole.
Racconta: In famiglia ognuno aveva il suo compito: mio padre faceva il “lavoro sporco”, sgobbava in fabbrica, lontana 5 km, partiva in bicicletta la mattina, tornava per pranzo,
Massimo Rossi
ripartiva e tornava alla sera. Così per 45 anni, senza praticamente mai perdere un giorno. Alla fine, messi insieme, fece tanti chilometri come 4 volte il giro del mondo, mica una cosa da ridere. Quando andò in pensione gli facemmo una torta con una piccola bici di cioccolato sopra. Poi c’era la nonna, una che non sapeva né leggere né scrivere, ma guai a volerla fregare quando andava a far la spesa. Poi, mia madre, l’amministratrice, grande, grandissima donna, grazie a lei noi crescemmo con l’unico obiettivo di andare a scuola.
In casa mia c’erano libri dappertutto, e a noi fratelli manco passava per la testa di dover andare a lavorare una volta fatta la scuola dell’obbligo. Io e due sorelle, tutti all’università, e nemmeno adesso riusciamo a spiegarci come diavolo hanno fatto i nostri genitori a compiere quel miracolo. Sacrifici enormi ma alla fine, tra figli ingegneri e professori, le loro gioie i nostri genitori se le sono prese.
L’ombra del bosco scarno
I libri erano il nostro pane e poco alla volta ti viene voglia di metterti pure tu a scrivere. Io scrivevo fin da piccolo, storie e poesie.
Poi adolescente, anche un romanzo, ma faticai per trovare l’indirizzo della casa editrice dove inviarlo e andò perso. Mica c’era internet a quel tempo. Intanto l’emisfero sinistro del cervello prendeva il sopravvento e il lungo percorso per diventare ingegnere mi portò ad abbandonare gli altri interessi e fu così, che i meccanismi, gli ingranaggi, i motori divennero il mio pane quotidiano e per anni mi sfamai solo di questo.
Fino a quando, pochi anni fa quando un concorso letterario sportivo (ebbene sì, sono tifoso sfegatato della Juve) mi fece tornare l’amore per la scrittura.
Detto fatto, dal racconto al romanzo il passo fu immediato e adesso, anche stasera, sono qui che scrivo adocchiando, con infinito amore, sulla scrivania il mio primo libro “L’ombra del bosco scarno“. E’ una tappa, non il traguardo, e se lo diciamo noi, gente della “razza Piave”, testarda per antonomasia, ci dovete credere.
Angie: - Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Snickers e Crackers doriano
Massimo: – Tanto. Peccato che il più delle volte il mio pranzo si riduca a un pacchetto di crakers Doriano salati, una tavoletta di Snickers (che stravince sia sui Mars che sui Tobleroni, i Kitkat e i Tronky, tutti ampiamente testati) e una tazzina di liquido marrone caldo che esce dalla macchinetta in corridoio. Per fortuna c’è la cena.
Angie: - Nel lavoro che svolgi ti sei mai ispirata/o a qualcosa di gastronomico?
Massimo: – Io no ma è lui che a volte diventa una pizza, altre volte un pasticcio.
Angie: - Cosa significa per te mangiar bene
Massimo: – Facile: gustare piatti della tradizione locale, in buona compagnia e in un locale caldo, accogliente. Una bottiglia di buon vino non deve mai mancare.
Angie: - Le tue esperienze artistiche e lavorative?
Massimo: – Di notte cerco di scrivere, di giorno cerco di fare l’ingegnere.
Angie: - Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Massimo: - A Caorle, antico paese di mare e di pescatori, dove praticamente in ogni ristorante sanno cucinare il pesce come si deve.
Angie: - Ti piace invitare amici a cena o a pranzo, o sei più spesso invitato?
Massimo: - La seconda che hai detto.
Angie: - Sei mai stata/o a dieta?
Massimo: – No, finché sto sotto i settanta, non ci penso.
Angie: - Meglio carne o pesce?
Filetto di manzo al sangue
Massimo: - La cena di pesce fa più figo, ma un filetto di manzo al sangue con un generoso piatto di croccanti patate fritte non lo batte nessuno. Naturalmente accompagnato da un cabernet franc barricato.
Angie: - Se fossi un dolce, quale saresti?
Massimo: - Probabilmente un tiramisù.
Angie: - Vino, ed in quale ti identifichi caratterialmente??
Massimo: – Sono veneto e quindi quando si parla di vino gioco in casa. Il mio carattere è quello …. di un vino di carattere, rosso, robusto, invecchiato in botti di rovere, come ad esempio il cabernet sauvignon.
Angie: - Il tuo punto debole
Massimo: - Non accontentarmi mai, essere troppo esigente: alla fine non si riesce a gustare la vita pienamente.
Angie: - Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?
Massimo: - Nel frigo c’è sempre una birra; nella dispensa spaghetti.
Carbonara
Angie: - L’aspetto che più ti attira del fare da mangiare e se c’è un piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?
Massimo: - Mi attira cucinare una delle poche cose che so fare, vedere mio figlio che se la divora con gusto e che mi dice: è ottima, papà. Mi vengono bene gli spaghetti alla carbonara.
Angie: - E quello che ti piace mangiare?
Massimo: – Pasta in tutte le salse, risotti ai funghi, alla pescatora, o al radicchio di Treviso, e il filetto di cui sopra. E naturalmente pizza.
Angie: - Come ti definiresti a tavola?
Massimo: – Uno che desidera assaggiare cose nuove, soprattutto quando va in posti lontani da casa.
Angie: - La colazione ideale e quella che invece normalmente fai
Massimo: – Caffelatte, cereali croccanti, una banana e un bicchiere di ACE. Ci fosse il cappuccino sarebbe anche quella ideale.
Patate fritte
Angie: - Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
Massimo: - Patate fritte e cioccolato fondente. Non mi piace il fegato alla veneziana, un piatto forte della tradizione veneta che non riesco proprio ad affrontare.
Angie: - La cucina e’ fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito?
Massimo: - L’aroma caldo del caffè che si espande per tutta la casa, mentre io sono ancora sotto le coperte, è il miglior risveglio che possa immaginare.
Angie: - Limone o aceto?
Massimo: - Aceto.
Angie: - Non puoi vivere senza…
Massimo: - Pane. E anche formaggio, per chiudere la cena. Meglio se stagionato, come certi Asiago, Montasio, o Piave. Autentiche delizie.
Angie: - Esiste un legame tra cucina e sensualità? Che cosa secondo te conta di più nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare?
Massimo: - Nel penultimo capitolo del manuale del perfetto seduttore è previsto dirle “sei la donna più bella del mondo” guardandola negli occhi, sfiorandole le dita, alla luce di una candela, in un elegante ristorante. Poi resta solo un’ultima cosa, ma arrivati a quel punto è quasi una formalità.
Angie: - Hai mai conquistato qualcuno cucinando??
Massimo: - No, prima faceva tutto mia madre, poi, a conquista fatta, ho dovuto imparare.
Angie: - Hai mai utilizzato l’ambiente cucina per scrivere?
Massimo: - Certo, la domenica mattina giro col portatile per tutta la casa in cerca di angoli liberi. E in qualsiasi luogo mi fermi, dopo un po’ arriva mia moglie che deve spolverare. E pure in cucina.
Angie: - La verve letteraria, lo stimolo per incominciare a raccontare, avviene a pancia piena o a digiuno?
continuo a mangiare anche quando scrivo: liquirizia, cioccolatini, cose così.
Massimo: - A pancia piena. E per non farmi mancare nulla, continuo a mangiare anche quando scrivo: liquirizia, cioccolatini, cose così.
Angie: - Preferisci di più il dolce o il salato quando sei preso dal tuo lavoro?
Massimo: - Sicuramente il dolce.
Angie: - Hai qualche episodio legato al cibo da raccontare? O una cosa carina e particolare che ti è successa?
Massimo: - Una cosa che mi intenerisce è pensare alla mia amata nonna che tanti anni fa ogni settimana ci faceva la polenta bianca sulla stufa a legna. Immergeva il bastone di legno dentro il paiolo alternando energiche rotazioni a pause studiate. Poi quando era addensata ci faceva allontanare e la versava con un movimento esperto sopra il tagliere rotondo. Aspettava che si raffreddasse, pronta a farla a fette con uno spago sottile. Intanto, però, con la punta del coltello, staccava le croste attaccate al paiolo e ce le dava da mangiare: e quello era il momento più spettacolare di tutta la serata.
Angie: - Vai spesso a pranzo/cena fuori, se si’ che tipo di locale prediligi?
Massimo: - A pranzo almeno una volta alla settimana, in posti per gente che lavora. Di sera, una o due volte al mese, solitamente in ristoranti – pizzerie.
Angie: - L’ultimo libro che hai letto?
Massimo: - I leoni d’Europa, di Tiziana Silvestrin
Angie: - Il pezzo musicale che mette in moto i succhi gastrici…
Massimo: - La Primavera di Vivaldi
Angie: - Hobby?
Massimo: - Fotografia e ritocco fotografico di un certo livello. E poi seguire con una passione incommensurabile la Juventus.
Angie: - Se fossi un personaggi mitologico chi saresti?
Ulisse si difende dal canto ammaliatore delle sirene
Massimo: - Boh, magari Ulisse.
Angie: - Qual è il sogno più grande?
Massimo: - Andarmene da questo mondo dopo aver visto la vittoria dell’uomo su malattie troppo brutte, a cominciare dai tumori.
Angie: - Cosa ti dicono più spesso?
Massimo: - Che sono rompiballe.
Angie: - Ti fidanzeresti con una cuoco/a?
Massimo: - Di sicuro nella mia prossima vita.
Angie: - Un piatto della tua infanzia
Massimo: - Gli gnocchi al ragù fatti da mia madre: inarrivabili.
Angie: - C’è un piatto che non hai mai provato e che vorresti assaggiare?
Massimo: - No, non ho rimpianti in cucina.
Angie: - Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Massimo: - Direi di no, ogni regione ha le sue peculiarità, ma si parla sempre e comunque di cucina italiana.
Angie: - Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Massimo: - La pizza margherita, italiana anche nei colori
Angie: - Dopo la cucina italiana, c’e’ ne qualcuna internazionale che preferisci? Se si’, quale?
Massimo: - Male davvero fuori dai nostri confini. Molto male. Una tragedia. Probabilmente tanti anni fa i barbari sono calati nella penisola per mangiare qualcosa di buono, ma poi sono tornati indietro senza aver imparato una cippa. Quasi sufficiente solo la cucina spagnola.
Angie: - A quali altri progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Massimo: - Il progetto più importante è capire se con la scrittura posso dare qualcosa agli altri. Mi sono aperto come un’ostrica, e ho permesso che gli altri mi guardassero dentro. Adesso, dalle loro facce, capirò come andare avanti.
Angie: - Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Massimo: - Un buon vino vivo, morbido, suadente e maturo. Ma che sa essere anche spiritoso e leggero. Un vino dal retrogusto così persistente che non dimentichi facilmente. E che ti può far girar la testa. Un vino sorprendente.
Angie: - A che piatto paragoneresti Berlusconi, Di Pietro, Mario Monti?
Massimo: - A un soufflè andato a male; a una pizza di Budapest, incomprensibilmente chiamata pizza; a un piatto di cucina molecolare.
Angie: - La cucina ti ha mai tradito?
Massimo: - Quando sono all’estero, molto spesso.
Angie: - Se dovessi riassumere la tua filosofia di vita?
Massimo: - Tutto passa.
Angie: - In conclusione, una tua ricetta per i miei lettori
Risotto al radicchio di trviso
Massimo: – Il risotto al radicchio tardivo di Treviso. Un consiglio: tagliare via le punte dei cespi perché a volte sono amare. La sequenza è: soffriggere olio e cipolla sminuzzata; dentro il riso; mescolare finché assorbe l’olio; dentro un bel bicchiere di rosso corposo; lasciare che venga assorbito; solo allora versare il radicchio tagliato a pezzettini; salare; mescolare sempre; aggiungere brodo caldo fino a cottura.
Angie: - classica domanda alla Marzullo: Fatti una domanda e datti una risposta.
Massimo: - E’ meglio morire sani o vivere ammalati? Non lo so, ci penserò stanotte.