Si è laureato nel 2004 in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Milano e tra le sue passioni un ruolo fondamentale lo giocano la lettura e la scrittura, ed in particolare l’interesse per i romanzi thriller, per i gialli, i noir e gli horror. Un interesse che dapprincipio lo ha portato a scrivere il romanzo UN DOLORE OSCURO, la sua prima produzione letteraria.
Dopo aver proposto UN DOLORE OSCURO a diverse case editrici, ottiene da alcune di esse delle proposte editoriali per la pubblicazione dell’opera, che ritiene però di declinare, per dare invece avvio, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 in collaborazione con la moglie Alessia, all’iniziativa SUSSURRI A MEZZANOTTE. Un progetto che vuole essere una raccolta delle sue opere, romanzi e racconti brevi, a carattere thriller, horror e noir, disponibili gratuitamente in letture a puntate sul sito sussurriamezzanotte.altervista.org
La raccolta SUSSURRI A MEZZANOTTE contiene al momento il romanzo UN DOLORE OSCURO, e per l’autunno 2016 dovrebbe arricchirsi di un secondo romanzo e di un racconto breve.
Ciao Giuseppe! Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
La risposta a questa domanda, apparentemente semplice ma in realtà molto più profonda di quanto appaia, nel mio caso sta in un’opera di Stephen King, un racconto dal titolo “Finestra segreta, giardino segreto”.
Ho sempre letto molto, sin da quando ero ragazzo, divorando letteralmente libri di qualsiasi genere, con una forte predilezione per i thriller, gli horror ed i noir. Ad un certo punto tra le mani mi passò “Quattro dopo mezzanotte”, una raccolta di quattro racconti brevi di S. King; cominciai “Finestra segreta, giardino segreto” e con il passare delle pagine sentii qualcosa accendersi nella mia testa, qualcosa di simile ad una folata di vento che spazza il cielo ed allontana delle nubi. Alla fine di quella lettura cominciai a capire che avevo molto da dire, idee da esprimere, immagini, luoghi e personaggi ai quali dare una collocazione ed una vita.
Matita alla mano e fogli di carta davanti, alla vecchia maniera, cominciai a creare e dare libero sfogo alla fantasia, arrivando a comprendere che la scrittura si stava trasformando in qualcosa di più di una semplice “prova”, stava diventando una vera e propria passione. Ho sentito sin da subito di avere molto da comunicare e di disporre di un serbatoio di fantasia piuttosto capiente…
Qual è stato il tuo primo testo?
Come già accennavo, ho sempre letto molto e tornare indietro nel tempo per cercare di ricordare con precisione il primissimo libro che lessi con passione e desiderio mi riesce difficile. Ricordo però un momento particolare, una lettura che decisi di intraprendere liberamente e con curiosità all’età di sedici, diciassette anni (parlo quindi di quasi venti anni fa), spinto dalla buona impressione che ne ebbi leggendone un estratto a scuola: “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello.
Credo che questa bella e profonda opera di Pirandello abbia fatto da spartiacque tra la semplice e superficiale lettura di un ragazzino alla ricerca di un passatempo ed un modo di leggere più impegnato ed appassionato.
Da quel momento passarono tra le mie mani libri di Dean Koontz, Jeffery Deaver, Anne Rice, Jane Austen, di nuovo Pirandello, persino Oriana Fallaci, tutte le opere di Stephen King… non mi sono fatto mancare nulla insomma.
Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere? La cosa che più mi affascina della scrittura è la capacità e la profondità nel descrivere le più importanti emozioni umane, la possibilità di rappresentare le paure più intense e recondite dell’uomo. Tutte cose che, per un motivo o per l’altro, nel quotidiano tendiamo a trascurare e reprimere da qualche parte in un angolino buio e nascosto della nostra mente. Eppure queste sensazioni fanno parte di noi e della nostra zona più intima, quindi più fragile, ma nello stesso tempo costituiscono una forza inesauribile dalla quale attingere.
Questo è il mio punto di vista. Ed il genere che secondo me rappresenta meglio tutto ciò è l’horror, o thriller psicologico come preferisco definirlo. Ovviamente sto parlando non del banale e riduttivo splatter tutto sangue e teste mozzate, bensì di romanzi e racconti che facciano paura alla gente, che vadano a toccare i lettori nel profondo, nelle proprie paure, nelle ansie e negli incubi generati dal concetto di “ignoto”.
Sinceramente mi vedo bene solo con questo abito, quindi credo che scriverò sempre e solo opere di queste genere. Nonostante ciò, leggo assolutamente di tutto, anche generi molto diversi da quello di cui scrivo.
Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Il mio primo romanzo Un Dolore Oscuro è stato scritto diversi anni fa e per molto tempo è rimasto chiuso in un cassetto, non proprio dimenticato, ma sicuramente abbandonato a sé stesso. Nel frattempo, negli anni seguenti ho continuato a scrivere, cosucce secondarie non rilevanti e non paragonabili a Un Dolore Oscuro.
Poi, un paio di anni fa quel cassetto è stato aperto e grazie alla spinta di persone a me vicine ho deciso di proporre il romanzo a diverse piccole case editrici. Inevitabilmente sono arrivati diversi “no” e diversi “sì” e a questo punto mi sono posto un paio di domande.
In primo luogo, le piccole case editrici demandano il lavoro di pubblicizzazione, marketing e promozione delle opere direttamente agli autori. Autori che di solito, come nel mio caso, sono all’esordio e quindi si devono muovere in un contesto completamente nuovo, stracolmo e oltre modo saturo di opere di esordienti. Secondo: un esordiente spera realmente di stravolgere il mercato, di vedere il proprio libro sugli scaffali di tutte le librarie nazionali e di vendere migliaia di copie? E’ realistico porsi un obiettivo come questo all’esordio, in un mercato difficile e competitivo come quello dell’editoria?
Su queste basi, e potendo contare sul completo appoggio di mia moglie Alessia (web designer), ho deciso di declinare le diverse offerte che mi sono pervenute e di tentare la soluzione dell’auto-pubblicazione e dell’auto-promozione. Una volta intrapresa questa strada, è nata la mia iniziativa Sussurri a Mezzanotte (per informazioni www.sussurriamezzanotte.altervista.org ).
Come è nata l’idea di Un Dolore Oscuro? Cosa ti ha ispirato?
Cosa c’è di più ignoto della mente umana? Realmente conosciamo le potenzialità più profonde delle emozioni che l’essere umano prova nei confronti di altre persone? Prendiamo per esempio due sentimenti molto contrastanti tra loro: l’amore e la rabbia.
Proviamo ad immedesimarci in una persona che vede morire la propria amata, la moglie adorata, la compagna di una vita, a causa di una malattia incurabile. Immaginiamo quale possa essere il senso di impotenza di fronte ad una simile ingiustizia, di fronte a qualcosa che non puoi combattere.
E cosa dire della rabbia che ne consegue? Rabbia chiama risentimento, il risentimento porta all’odio. Fino a quale limite può spingersi una mente logorata da questi forti sentimenti e da sensazioni mai esplorate prima è il tema ispiratore di Un Dolore Oscuro.
Quanto c’è di te in questo testo?
Credo che ogni autore porti un pezzettino di sé in ognuna delle proprie opere; dal mio punto di vista, questa trasposizione parziale dello scrittore nei propri romanzi può essere quel qualcosa in più, quel tocco di personalità che deve arrivare al cuore ed alla mente del lettore. Quello stesso lettore che una volta terminata la lettura dovrebbe chiudere il libro e continuare a lungo a riflettere su ciò che ha appena terminato.
Dave, il protagonista di Un Dolore Oscuro, è un uomo molto razionale, all’apparenza molto sicuro di sé ed estremamente aggrappato alle sue certezze. Ed il suo creatore gli è molto vicino nel concepire la vita, soprattutto per quanto riguarda la passione verso la moglie e nella razionalità alla base del quotidiano.
Diventa quindi molto curioso andare a sondare qualcosa di decisamente distante dal modo di concepire la propria vita e le proprie paure. Non aggiungo altro, anche per evitare di anticipare alcune sfumature fondamentali del romanzo.
Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?
Fortunatamente sono un autore esordiente e, cosa ancora più importante, scrivo con passione e per passione. La scrittura non è il mio lavoro e credo che questo aiuti ad alleggerirsi da inevitabili pressioni, da tempistiche quasi imposte e da aspettative che se non raggiunte possono portare al classico “blocco”.
Al momento sento che il famoso serbatoio nella mia testa dispone ancora di parecchio fluido magico da versare su delle pagine di carta.
Cosa vuoi comunicare con il tuo Un Dolore Oscuro?
Una cosa secondo me importante: non bisogna assolutamente avere paura o provare vergogna nei confronti delle proprie emozioni più profonde. Amore, rabbia e paura fanno parte di noi ed è assolutamente inutile soffocarle.
E soprattutto: cosa si nasconde dietro la morte? E ancora: che significato assume la propria coscienza per ciascuno di noi?
Tengo a sottolineare che questi quesiti, almeno in Un Dolore Oscuro, non hanno nulla a che vedere con la religiosità e con il concetto di Dio. Vogliono semplicemente essere delle domande che ciascuno di noi dovrebbe porsi, evitando che la paura abbia il sopravvento.
Ambientato nelle località del nord degli Stati Uniti e collocato temporalmente ai giorni nostri, Un dolore oscuro descrive il viaggio di Dave Metzelder all’interno del proprio universo emotivo, a seguito della prematura scomparsa della moglie, l’adorata Ellen. La vita piena di sogni ed aspettative della giovane coppia viene devastata dalla scoperta della grave malattia che ha colpito la donna. Inizia così un lungo percorso che porterà la coppia a consultare specialisti e strutture che possano dare loro una speranza di vittoria sulla malattia, anche solo una flebile speranza di vita alla quale aggrapparsi disperatamente. Durante quelle tappe, qualcosa accade. Qualcosa ai limiti della razionalità, qualcosa che porterà Dave a sondare un altro tipo di viaggio, ben più accidentato e pericoloso. L’uomo si ritroverà coinvolto in una serie di avvenimenti, omicidi ed apparizioni. Alla inevitabile morte della moglie, il giovane si ritroverà calato in una sorta di labirinto emozionale, del tutto solo ad affrontare un’ombra oscura, sul filo del rasoio, nel limbo tra realtà e mondo della psiche umana. Riuscirà Dave a sconfiggere la sorta di ombra penetrata con violenza nella sua esistenza? Dove finisce ciò che l’uomo chiama realtà, e dove iniziano le sconfinate lande dell’ignoto? Il romanzo è un crescendo di adrenalina: accompagna il lettore con uno sviluppo avvincente e lo coinvolge con velocità e suspance all’interno del travaglio del protagonista, raggiungendo l’apice emotivo nella parte finale.Cosa pensi del Self-Publishing?
L’auto-pubblicazione dal mio punto di vista può essere considerata, soprattutto per gli autori esordienti, un’arma e una piccola marcia in più, come una sorta di marcia ridotta di cui dispongono i fuoristrada quando si guida su fondi accidentati e particolarmente impegnativi, sui quali la classica “prima” non basta.
Credo che farsi pubblicare da una piccola casa editrice non sia assolutamente sinonimo di vendite assicurate o di presenze assicurate nelle librerie. Infine, credo che programmare da sé la gestazione della propria opera (ovviamente non trascurando le competenze necessarie) possa aiutare a non trascurare nulla e a non lasciare niente al caso.
Attenzione però al rovescio della medaglia. L’auto-pubblicazione porta inevitabilmente sul mercato e nella distribuzione anche prodotti non all’altezza, spesso privi di contenuti e tecnicamente poveri.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Al momento sto lavorando sul secondo romanzo e ho in cantiere parecchie altre idee, due delle quali mi porteranno a pubblicare un paio di racconti brevi: uno di essi, nelle intenzioni, sarà davvero molto graffiante. Credo che per l'estate inoltrata il romanzo possa vedere la luce, mentre uno dei racconti brevi potrebbe essere pronto per l’autunno.Grazie per il tuo tempo Giuseppe e in bocca al lupo!