Autore: Piero Sansò
Editore: I Sognatori
Genere: Romanzo fantastico
ISBN: 9788895068367
Data di pubblicazione: maggio 2014
Num. Pagine: 140
Prezzo: 13,40
Dove trovarlo:
http://www.casadeisognatori.com/iciclonauti.html
Trama: Romanzo che miscela fantasy, fantastico e avventura. La trama è incentrata su una scoperta sensazionale compiuta da tre uomini di scienza fissati con le passeggiate in bici: le corse compiute su due ruote – rigorosamente non inquinanti – sprigionerebbero energia positiva per la Terra, energia ridistribuita per il pianeta e catturata dai dolmen e dai menhir (o da altre strutture megalitiche) a beneficio di coloro che amano la natura e il cicloturismo. A un certo punto però i tre scopritori, ribattezzatisi “I Ciclonauti”, scopriranno che l’energia accumulata nei menhir presenta dei risvolti negativi e a dir poco inquietanti. Nella volontà di scoprirne le origini, finiranno per imbarcarsi in un’avventura surreale e lontana, nello spazio e nel tempo…
I ciclonauti impazzivano all’idea di navigare sull’energia che essi stessi producevano, alla stregua di un surfista che, al solo immaginare di poter produrre da sé l’onda giusta e poterla poi calvalcare senza limiti, dia i numeri per la gioia [dal retrocopertina].
I ciclonauti spazia tra il fantasy e l’avventura. Racconta un viaggio, anzi, una serie di viaggi. Alla base di questi vi è una ricerca incessante di percorsi che a un certo punto si intessono fino a formare un tracciato (la Grande Griglia) che fa da trama al romanzo. Si apre quindi una breccia perché, oltre a cercare, i ciclonauti hanno trovato qualcosa e non intendono lasciarselo scappare. Si sono fermati, ma le risposte tardano ad arrivare:
«Dubbi. La nostra intera vita è fatta di dubbi e di domande» disse l’Abate Nicola interrompendo il glottologo. «Non potrò darvi molte risposte perché non sta a me concederle. Voi, Ciclisti di Hofmann, dovreste sapere meglio di me che le risposte vanno cercate.»
E, aggiungerei, non vanno trovate. Significherebbe, altrimenti, la fine del viaggio, l’aver raggiunto il capolinea. Un capolinea che è un limite che i ciclonauti hanno varcato senza sapere cosa li aspetta.
L’autore è qui con noi e ha accettato di rispondere a qualche domanda:
- Quanto il Salento è rilevante nella tua esperienza di scrittore? Quanto il cicloturismo?
Credo che il Salento sia rilevante nella misura in cui mi ha instillato sin da bambino questo senso di magico e misterioso che solo alle due del pomeriggio, d’estate (la “controra” viene chiamata in certi paesi del barese), camminando nei campi e tra gli uliveti si può provare. Figurati che da bambini salentini, io e i miei amici, credevamo che l’ora migliore per i fantasmi fosse mezzogiorno e non mezzanotte. Tutto quel sole può farti vedere cose…
A parte questo mio romanzo e qualche altro racconto in cui cito direttamente luoghi salentini, il Salento è solo uno spunto, la base da cui partire.
Anche il cicloturismo incide di certo nella mia scrittura, perché, pur essendo una pratica avventurosa, sa anche essere pacata lasciandoti il tempo di pensare, scrivere, fotografare e vedere cose nuove o abbastanza vecchie da risultare interessanti.
- Accenni anche alla Sardegna: una strana terra, come strane sono le storie che qui si sognano. Ci sei mai stato?
In realtà, quando scrissi “I ciclonauti”, il cui titolo originale era “I ciclisti che avevano inventato il Graal”, in Sardegna non c’ero mai stato. Ma la immaginavo come l’unica isola europea con delle affinità con il Popolo del Sogno australiano. Non chiedermi perché: i miei processi immaginifici sono oscuri anche all’autore. Un po’ conoscevo quest’isola grazie alle bonelliane letture del noto archeologo detective del mistero “Martine Mystere” e grazie a letture dedicate fatte presso la Biblioteca Comunale di Martina Franca (TA), dove abitavo all’epoca in cui scrissi il romanzo. Tieni presente che l’utilizzo di internet, nel 1996-97 era ancora agli esordi e il mio primo pc l’ho comprato intorno al 1999, quindi, tutte le informazioni raccolte, o da cui traggo spunto, sono rigorosamente cartaceee.
- La storia, nel suo diparnarsi, prende pieghe inaspettate. Senza svelare troppo, si può dire che vi sono salti dimensionali e temporali, mondi paralleli da conoscere o da conquistare. Ciò apre le porte all’inconsueto e al meraviglioso, ma anche a effetti collaterali per un equilibrio inavvertitamente compromesso. Chi sono veramente i ciclonauti?
I ciclonauti sono dei cercatori in tutto e per tutto moderni, all’inizio si comportano infatti da veri edonisti, scoprono che fare alcune reti di sentieri, invece di altre, dà uno sballo indicibile e mettono subito in piedi la maniera di sfruttare a livello macroscopico questa risorsa lisergica. Poi dovranno fare i conti con gli effetti collaterali di quello che hanno scatenato, ma sarà un po’ troppo tardi. I ciclonauti sono una metafora emblematica dell’uomo occidentale, perché raccontano del rapporto malato che c’è tra l’uomo e la terra, in quanto nella visione umano-centrica del creato tutto ciò che la Terra può produrre, è al servizio indiscriminato dell’uomo.
Chi ha letto il romanzo sa che non è così che funziona, che ci sono degli equilibri da difendere e che persino gli uomini del neolitico ne erano a conoscenza…
- A un certo punto scrivi: nell’organizzazione [i Ciclisti di Hofmann] ognuno aveva un compito e una piccola parte della verità da difendere. Qual è la piccola verità da difendere di Piero Sansò?
La mia piccola verità da difendere è che esistono case editrici non a pagamento come quella de I Sognatori di Aldo Moscatelli, oggi “Factory”. Se vi chiedono dei soldi per pubblicare, mandate gli editori a quel paese, non vi rendono nessun onore perché non vogliono rischiare una lira su di voi e sul vostro talento e in più vi stanno soltanto truffando con i guanti bianchi, puntando sul vostro narcisismo di scrittori.
- Ci sono autori in particolare che ti hanno ispirato e ti ispirano?
Il 12 giugno scorso ho fatto la presentazione presso la Libreria Quintiliano di Bari e Marco Di Pinto, il nostro relatore factoryano mi ha fatto proprio questa domanda.
Devi sapere che uno degli autori che mi ha fortemente ispirato negli anni, e che, nel corso del tempo, mi ha anche consigliato tante bellissime letture ed autori, è un mio amico di infanzia. Abitava a cinquanta metri da casa mia ed ora solo a 160 chilometri. Si chiama Francesco Bucci, detto Franz. Sin da ragazzi ci siamo scambiati le cose che scrivevamo e ci siamo spesso influenzati vicendevolmente. Nel mio romanzo, ad esempio, ho fatto entrare un personaggio di sua invenzione “Il navigatore della strada”.
Poi dovrei stare a fare un lunghissimo elenco, anche se non ritengo di aver fatto mio lo stile di nessuno di questi signori. Da bravo lettore onnivoro, ho letto tantissime cose da sempre.
Vado in ordine cronologico:
Topolino di Walt Disney, con predilezione per le storie misteriose.
Fumetti della Sergio Bonelli Editore (Tex, Zagor, Martin Mystere, Dylan Dog) con predilezione per le storie misteriose
Fumetti dell’orrore di Stan Lee
Fumetti Marvel Super-Eroi (personaggi preferiti X-Men, Uomo Ragno, Morbius, Ghost Rider, Licantropus)
Fumetti DC Super-Eroi (personaggio preferito Batman)
Fumetti pornografici anni 70 a sfondo orrorifico (sottratti di nascosto ai fratelli maggiori)
Fiabe africane, indiane, giapponesi, cinesi
Dickens, Hugo
De Amicis, Collodi, Giulio Verne
Edgar Allan Poe, Bram Stoker, Mary Shelley, Lovecraft, Tolkien, Brooks
Asimov, Clark, P.Dick, Adams, Ray Bradbury, Huxley, Orwell
Ken Follett, Robert Ludlum, Frederick Forsyth
Clive Cussler
Edgar Wallace, Agata Christie, Ellery Queen
Stephen King
Haruki Murakami
Hornby, Coe, Doyle
e tanti tanti altri ancora (si capisce che, a 49 anni suonati, uno ne ha avuto di tempo per leggere)…
- A chi si rivolge il tuo romanzo?
Ai sognatori a occhi aperti, anzitutto. In realtà, lo dico molto sinceramente, l’ho scritto per me, ma sono sicuro che può piacere a chi, almeno una volta nella vita, ha fatto un giro in bici nei campi, il vento tra le orecchie. Il romanzo è rivolto anche a tutti quelli che cercano e ancora non hanno trovato, non importa cosa, perché per un ciclonauta – come per certi viaggiatori d’altri tempi – non è importante la meta, quanto il viaggio.