Ciao Vincenzo, come mai hai deciso di passare al noir dopo le tue prime pubblicazioni? È molto più probabile che sia stato il noir a scegliere me. Vedi, quando scrivo, non decido a tavolino in quale genere cimentarmi. Il ruolo dello scrittore è di raccontare storie ed io lo faccio in base alle idee che mi folgorano in quel determinato momento. I primi due libri pubblicati con un editore avevano una forte impronta sociale. Erano libri di denuncia e non escludo di tornare a qual filone un giorno. Tutto dipenderà dall’ispirazione del momento. La primissima cosa scritta, invece, era un giallo (Helvete). Come vedi passo con disinvoltura da un genere all’altro e questo mi fa sentire libero, aiuta la mia creatività che non deve restare confinata in questo in quel genere. Con la musica, invece, non sono così open mind ma questo è un altro discorso.In quale genere ti riconosci di più?Direi la forma giallo/thriller e il motivo è semplice: trovo molto divertente scrivere storie che rientrano in questo genere.Ami ambientare i tuoi romanzi in giro per il mondo, prima l'Iran poi New York, la Norvegia, Napoli... come mai?Conosci un modo più economico per girare il mondo? Io no. Un altro motivo – più pratico - è che le location scelte per le storie che racconto, ben si adattano al personaggio. Insomma, Yassir, ad esempio, non poteva vivere a Londra. Nel caso di Angela, la protagonista de “La donna che sussurrava agli specchi”, non soltanto si è trattato di un omaggio che ho voluto fare a questa città che sento mia (anche se vivo a una decina di km di distanza), ma perché la donna che mi ha ispirato il titolo (più che la storia in sé) si trovava a Napoli. Si tratta di una senzatetto che è solita girare con uno specchio.Le tue storie, di solito, hanno al loro interno una forte connotazione umana e al centro delle tue vicende sono le fortune della vita umana. Da dove proviene questa tua vocazione?Tale vocazione viene in parte dal mio percorso di studi e in parte dalle mie letture adolescenziali. Personaggi come Bakunin, Malatesta, Durruti, Che Guevara, ponevano l’uomo e il suo riscatto al centro del mondo. Loro avevano una forte simpatia – diciamo così – per i deboli. Lo stesso, dicasi per me.Come strutturi un personaggio?
Immedesimando in esso, divenendo esso. Credo di avere l’abilità, o il dono, di riuscire a vedere le cose da diversi punti di vista.Qual è il tuo scrittore horror preferito?
Forse definirlo scrittore horror è inappropriato, riduttivo, ma ti rispondo Edgar Allan Poe.E il tuo libro preferito?
La Bibbia... scherzo. Il mio libro preferito non è un romanzo ma si tratta di un’opera cui sono molto legato: Stato e Anarchia di Michail A. Bakunin… certo anche l’Anticristo di Nietzsche o Così parlò Zarathustra sono state letture interessanti così come Il Capitale di Karl Marx. A questi libri, ci aggiungo un racconto: Il Corvo del sopracitato genio Poe.Chi consideri il tuo maestro?
Mi auguro nessuno. Non mi piace avere maestri. Le esperienze personali, nella vita come nella scrittura, devono insegnarci le cose altrimenti non facciamo altro che mutuare le idee di altri e non sempre è una cosa positiva, soprattutto se l’insegnamento diventa indottrinamento.Progetti futuri?
Qualcosa in pentola bolle, ma non è il momento di svelare il mistero.Un consiglio per i giovani scrittori che ci seguono...
Il primo consiglio che do sempre è di non accettare mai proposte di pubblicazione che prevedano un esborso economico da parte dell’autore. A questi stampatori aggiungiamoci alcune agenzie letterarie (o presunte tali) che si occupano di tutto meno che dello scouting, vero compito dell’agente letterario. Quando scrivete, seguite il vostro istinto e non preoccupatevi di cosa sia più appetibile per il mercato. L’arte è una cosa, il commercio un’altra. Siate sinceri e umili con voi stessi e con i lettori quando scrivete. Concludo ringraziando tutto lo staff di Letteratura Horror per l’intervista.
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