Nel tuo curriculum leggo che lavori come interprete di conferenza e che le tue lingue di lavoro sono, cito “italiano e spagnolo attivi – inglese passivo”. Ho una mezza idea del significato di questa espressione, però ti chiederei di spiegarla ai nostri lettori.Significa che traduco dall’italiano in spagnolo e dallo spagnolo in italiano; traduco invece dall’inglese verso queste due lingue, ma non viceversa.Duemila giornate di congresso in convegni internazionali corrispondono a una mole di lavoro notevole. Come si svolge una di questa giornate?Giornata tipo: arrivo alla sala congressi almeno mezz’ora prima dell’inizio, prova dell’impianto di traduzione, se c’è tempo un caffè con i colleghi. I convegni che iniziano puntuali non sono molti, a parte quelli medici. Poi si comincia a tradurre, fino all’anelata pausa caffè. Si continua fino all’ora di pranzo, e il pomeriggio segue più o meno lo stesso cammino. In genere sfruttiamo le pause per leggere le presentazioni dei relatori che, quasi sempre, ci vengono date all’ultimo momento.Dal 1987 collabori con Harlequin Mondadori, per i quali hai tradotto cento romanzi. Potresti indicarci qualche serie e qualche titolo? Personalmente, vado sempre a vedere chi ha tradotto il libro che sto leggendo, pronta a lodare il traduttore, o a riempirlo di improperi.Ho iniziato come lettrice, poi ho fatto la prova di traduzione. Ho tradotto soprattutto romanzi della serie “Collezione”, qualcuno della serie “Bianca” (tra cui la miniserie “Maitland Maternity”, in collaborazione con un’altra traduttrice), qualche “Tempation”. Mi è piaciuto molto tradurre “La dama dell’harem”, uno dei pochissimi storici che ho tradotto, perché era scritto in spagnolo. Vorrei sottolineare una cosa molto importante: l’attività di traduttrice per Harlequin mi ha fatto conoscere Alessandra Bazardi, che è diventata la mia più cara amica. Con lei condivido la passionaccia per l’Inter.Una curiosità pruriginosa. Hai mai tradotto un romanzo erotico? E se sì, quali difficoltà hai incontrato?Ho tradotto un paio di erotici. Le difficoltà che ho incontrato riguardavano, com’è logico, le scene di sesso: non essere mai volgare, usare termini non troppo espliciti, ma neanche eufemismi troppo poetici che rischiano di essere ridicoli; oppure a volte dovere interpretare “posizioni” degne del campionato del mondo di contorsionismo.Lavori solo in Italia, o sei abituata a spostarti in altre parti del mondo per il lavoro di interprete?Lavoro soprattutto in Italia, ma non solo a Milano, quindi valigie, aerei, treni, auto... A volte lavoro anche all’estero, anche se purtroppo nella maggior parte dei casi non mi resta molto tempo per fare turismo. Comunque questo lavoro mi ha permesso di vedere posti in cui non sarei mai andata di mia iniziativa, come Dallas, Dubai o Umea, una cittadina vicino al Circolo Polare Artico, in pieno inverno!Per le giovani affascinate dal tuo lavoro, spiega quali studi hai seguito per raggiungere i tuoi traguardi lavorativi.
Dopo il liceo classico mi sono scritta alla Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori. Per anni ho passato tutte le vacanze estive in Spagna o in Inghilterra, per perfezionare la lingua. Non solo studio, però: una volta, dopo due mesi in Spagna, sono tornata con un inglese decisamente migliore perché avevo trovato un fidanzato americano, negato per qualsiasi lingua che non fosse l’inglese. Ho anche una laurea in lingue e letterature straniere conseguita all’Università Statale di Milano, con tesi in letteratura spagnola.