Interviste d’autore: Fabrizio Corselli

Creato il 21 marzo 2013 da Ciessedizioni

Francesca Panzacchi intervista Fabrizio Corselli, autore di ENFER

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Fabrizio Corselli

1 Fabrizio, quali emozioni racchiude “ENFER”?

Nella lettura dei testi si avverte inquietudine e oscurità, un gorgo strutturale in cui l’Eros viene fatto a brani, in cui il sentimento lascia il posto all’oblio e alla perdita di sé. Disperazione, agonia, ossessione, orrore sono tutte sensazioni che l’opera amplifica e sviluppa attraverso la penna del “protagonista”. A tratti, Enfer mostra qualche bagliore di luce romantica, per poi sprofondare nel baratro più tetro di un Abisso che non conosce alcun lenimento da parte del cuore. In Enfer l’Eros viene oltremodo affiancato dal crimen.

2 Perché hai scelto questo titolo?

Il titolo originario era “Enfer – Lettres libertines”; in seguito, ho optato per Enfer, era più diretto. L’ho scelto perché rende alla perfezione lo sviluppo che hanno le azioni perpetrate dal libertino Alexandre Morel e, soprattutto, l’ambiente in cui si dipana il tema principale dell’opera. In particolar modo, una sorta di tributo a quei libri che di diritto vengono inseriti negli Enfers di ogni biblioteca. Un tipico esempio: De Sade.

3 Cosa ti ha spinto a scrivere un’opera così profondamente erotica?

L’amore che ho per il tema libertino. Diciamo anche il mio modo di essere libero all’interno della scrittura. Molti si stupiscono del fatto che io abbia scritto un’opera erotica, ma fa parte del mio bagaglio culturale. Ho sempre scritto erotico, ma non l’ho fatto mai trasparire, nemmeno on line (a parte qualche stralcio). Pertanto per la maggior parte delle persone che mi conoscono è una vera sorpresa. Soprattutto l’idea di unire al contempo la forma “narrativa” tipica dell’epos con la forma “libera” dell’epistola, il tutto mescolato a una prorompente componente lirica. In particolar modo, senza alcuna censura o lenimento verbale. Enfer è tutto questo.

4 Descrivi ENFER usando soltanto tre aggettivi

Irriverente, brutale, ieratico

Francesca Panzacchi

5 Com’è strutturato?

Come la maggior parte dei miei scritti, Enfer è una silloge tematica. Difficile che io scriva testi sporadici; ho sempre la tendenza a riunire le mie produzioni in un’opera organica, e che sviluppa una sorta di idée fixe, snodandosi così lungo tutto l’asse strofico secondo un ben preciso leitmotiv. Enfer è stato scritto unendo lo stile epistolare a quello poetico, la mia idea era una raccolta di lettere. L’architettura generale di Enfer è caratterizzata da due preludi narrativi che introducono al background delle lettere, un proemio del protagonista, e le lettere vere e proprie (sottoforma di monologhi poetici). C’è chi ha parlato di Enfer come una sorta di “epica erotica”. Affermazione molto colorita, dalla quale però un po’ mi discosto.

6 Quanto tempo hai impiegato per la stesura?

Quattro mesi per la prima bozza. Nel tempo ho poi rimaneggiato più volte la struttura, fino ad approdare, dopo un anno e mezzo, alla versione definitiva (peraltro allungata in vista della pubblicazione). I miei tempi di stesura sono quasi sempre brevi. È difficile che mi metta a scrivere a comando, lo faccio tendenzialmente quando sono ispirato (ossia, sempre, facendo salvi i tempi di lettura per un buon libro o per le attività di curatore editoriale).

7 Quali tematiche affronta?

La tematica principale affrontata da Enfer è la trasgressione retorica, ossia il rapporto del lirismo espressivo con l’Eros. In particolar modo, il rapporto con l’atto immaginativo. Per l’occasione riporto un passaggio di De Sade, molto illuminante: «l’immaginazione è il pungolo dei piaceri;… essa regola tutto, è il motore di tutto; non si gode forse proprio grazie ad essa? Non è da essa che ci vengono le voluttà più provocanti?… l’immaginazione ci aiuta solo quando il nostro spirito è assolutamente libero da pregiudizi: uno solo è sufficiente a raffreddarla. Questa capricciosa parte del nostro spirito è così libertina che nulla può trattenerla; il suo maggior trionfo, le sue più sublimi delizie consistono nello spezzare tutti i freni che le si oppongono; è nemica della regola, idolatra del disordine… Se è così, quanto più vorremo essere stimolati e dominati dalla passione, tanto più dovremo dare sfogo alla nostra immaginazione sulle cose più impensabili; il nostro piacere allora crescerà in rapporto al cammino percorso dalla nostra mente […]».

   E aggiungo io: «L’orgoglio della donna giace sotto l’ombra del proprio peccato, e così la voluttà poetica dilata il tema dell’eros e della donna facendolo vibrare sino alle sue massime estensioni; “il corpo della donna è un foglio di carta bianca, sul quale fregiare del proprio amore proibito, il seme di un giovane amante”, un vero e proprio campo di battaglia compositiva in cui ogni singulto, ogni carezza non viene lenita ma ancor più tesa a soddisfare l’intento compositivo del poeta. La ferita che ella porta in grembo viene percossa e recisa, e ancora sanguina ogni qualvolta lo scrittore ne incide col proprio strumento di amorosa arte, le carni e ne lacera lo spirito al pari di quel sottile crine nel momento più lirico della sua deflorazione. Si assiste così alla caduta di quell’innocenza durante la quale l’artista affonda la sua penna crudele tra gli interstizi dell’anima ormai fatta a pezzi, e da essa trae il florido rubino dell’ispirazione, divenuto adesso su di un bianco letto pietra miliare del suo comporre. Un ricordo procace mentre stende quelle propaggini carnali come lenzuola di seta, seguendo come segugio le scie di sangue che tale beltà lasciò in memoria del proprio incontro. Così si profila quello specchio riflesso della propria vanità ingorda che si dimena e si contorce come serpe tra le umide lascivie del pensiero umano, tra quelle carezzevoli e delicate forme espressive che ergono le qualità femminili a fondamento di una falso romanticismo per troppo tempo ostentato dalla morale comune, mentre trovano pace e quiete soltanto tra i fluidi non fisiologici di una qualsiasi esperienza ispirativa ma tra quelli intelligibili dell’inchiostro; un profumo inebriante e vellutato che scorre ansimante sulla carta come un rivolo mellifluo alla ricerca della propria preda, in premio ad una estenuante e metaforica battuta di caccia sensoriale, finché quella ferita, riaperta con la sola trappola della parola incantatoria, sanguini ancora una volta per rendere felice il poeta, ancor più per rendere possibile il miracolo della celebrazione poetica della virtù sconfitta e del proprio oggetto d’amore. Essa viene offesa, abusata, inondata con sottile eiaculazione versificatoria dalle fertili tracce del primo getto creativo e spinta nel fondo delle proprie viscere a tal punto da richiederne un finto perdono, una ritrosia tanto grata alla fanciulla quanto più forte e rude è stato lo stupro nel tentativo di farne incursione nella parte più nascosta della sua indole».

8 Contiene elementi autobiografici?

Uhm, sì e no, diciamo più di derivazione e trasfigurazione. Di più non dico.

9 Che sensazioni provi mentre scrivi?

La prima è di esaltazione. Poi, mentre scrivo, le immagini vanno a disporsi secondo un loro ordine ben preciso, strutturando così una tramatura ideale sulla quale agire. Dopodiché si è pronti a interpretarle e a descriverle attraverso il linguaggio poetico. A volte qualche verso sfugge, si ribella e quindi va domato. La composizione è come l’attività equestre, bisogna domare lo stallone usando le redini del linguaggio figurato. Se non si sta attenti, o si procede con imperizia, senza tenere la mano ben ferma, senza guardare la creatura negli occhi per capirne empaticamente le emozioni, il rischio è quello della ribellione o della ritorsione. La parola chiave che domina la mia poetica è “indomito” (riferito al verso). Nell’erotico questo aspetto è ancor più difficile, il rischio è di scadere nel banale o di rendere troppo debole il verso nei confronti dell’atto ardimentoso.

10 A quali grandi poeti ti ispiri?

I poeti che adoro, a livello di genere erotico, sono sicuramente Juan Ramón Jiménez, Guillaume Apollinaire, Federico Garcia Lorca, Stéphane Mallarmé, Paul Marie Verlaine, e altri ancora. Per ciò che concerne il tema libertino, a livello narrativo, senza ombra di dubbi, De Sade. Justine è il mio libro preferito.

11 Qual è il libro più bello che tu abbia mai letto?

Sicuramente il Paradiso perduto di Milton. Libro che ho amato e che ha influenzato molti miei scritti, anche quelli a carattere epico. Enfer, in particolare. La caduta è un altro tema trattato dall’opera.

12 E il tuo desiderio più perverso?

È così perverso che deve rimanere celato. Del resto, l’Eros non si basa solo sull’indefinito, su ciò che non è palesato ma che lascia intendere, per questo condividendo con la Poesia la forma allusiva, ma anche su una reticenza che trova l’apice nella complicità segreta del contesto che lo contiene. Per esempio, il gioco seduttivo fra Eros e Psiche viene mediato dall’oscurità. In Enfer, la prigione diventa teatro delle visioni di Morel, il suo luogo sicuro (choros apemon), situazione questa condivisa oltremodo dall’amore ninfale (nell’opera c’è una citazione legata alla ninfa Psiche).

13 Che ne pensi del genere erotico in Italia?

Parlerò del genere poetico, avendone letto di più rispetto alla narrativa. Ho notato che la maggior parte dei “poeti” trattano la materia erotica come se fosse una qualsivoglia esternazione del proprio membro o appendice sessuale, mancando di padronanza nel linguaggio, soprattutto di quello figurato. Le strutture vacillano e mancano di spessore: o in eccesso o in difetto. Inoltre, ho visto troppi scrittori cadere sulla questione del moralismo o di una falsa pudicizia che li trattiene dalla massima resa espressiva. Non è solo una questione di assenza di strumenti linguistici, che potrebbero bypassare il problema, ma proprio una questione concettuale, di essenza.


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