Interviste eccellenti: Carlo Grante

Da Federica Ferretti @cantocignorosso

Intervista a Carlo Grante

Giovedì 24 Ottobre 2013- 10:16 Federica Ferretti Dopo avervi presentato la voce di un autore, un paroliere profondamente legato al nostro Abruzzo, Antonello De Sanctis, ci occuperemo di un artista autoctono, un aquilano che ha portato la sua peculiare espressione musicale in giro per il mondo, ma che, a breve, tornerà appunto ad esibirsi nel capoluogo abruzzese: è il pianista Carlo Grante…
F.F. Le origini del musicista di fama internazionale Carlo Grante, sono abruzzesi...
Sì, sono nato a L’Aquila, ma non ricordo bene quando…
F.F. Ripercorriamo insieme gli anni della tua formazione.
I miei primi passi nella musica li ho fatti con strumenti-giocattolo, regali natalizi (una chitarra, un organo elettronico) e cantando. Poi, quando un pianoforte verticale è entrato in casa per volontà di mia madre, che credeva nella sua funzione educativa, ho cominciato a tentare di replicare ciò che ascoltavo nei dischi casalinghi (dal repertorio sinfonico, soprattutto). Quindi gli studi in conservatorio, di cui ricordo con passione le lezioni di solfeggio, per me di vera musica, e con antipatia quelle di pianoforte, per via – ora lo posso dire, giudicando in retrospettiva – della fallace scissione metodologica e formativa fra l’esercitazione strumentale e la formazione musicale. Credo che questo sia il motivo di un rapporto conflittuale che molti miei colleghi hanno con lo strumento e la propria tecnica, che vedono come un meccanismo, un “congegno”, “altro da me”. Preferisco di gran lunga l’impostazione russa, anche nel mero sviluppo psicologico ed emozionale dello studente.
F.F. Come ci spieghi la tua predilezione per Scarlatti?
Di Scarlatti mi attrae il modo così umano del pensiero musicale; un dipanarsi del flusso discorsivo, narrativo, che si trova in pochi compositori. Riemergerà in Beethoven e Schumann, sempre in un contesto puramente strumentale. La fusione di elementi nobili e popolari inoltre rendono questa musica accessibile ma stimolante.
F.F. Molti degli autori contemporanei, hanno scritto per te...
Fra questi citerei il grande Roman Vlad, recentemente scomparso. Mi ha onorato della dedica del suo Concerto italiano per pianoforte e orchestra, composto in occasione del suo 90° compleanno e trasmesso, con me solista con l’orchestra di lecce diretta da Zuccarini, su Rai Radio3 proprio il giorno del suo compleanno. Anni addietro mi aveva dedicato il suo monumentale Opus Triplex, un colosso di architettura musicale che ha al centro il melodramma B.A.C.H. Vlad è riuscito a “sensibilizzare” la tecnica dodecafonica, restituendone il carattere di metodo, non sistema. Adorno l’avrebbe chiamata “dodecafonia svernata”, come sperava diventasse un giorno questo modo di
procedere. Vlad continua comunque a essere presente nella mia vita di musicista e non credo incontrerò più una persona del suo spessore culturale. Vero matrimonio fra profondità affettiva e raziocino, esempio di vita intelligente e funzionale a una modalità di interazione con il mondo che indubbiamente porterebbe, se fosse preso a modello, ad un più elevato livello di civiltà. 
F.F. Come riuscire a vantare una carriera come la tua?
Non esageriamo. Potrei suonare molto più spesso e avere molta più visibilità, occasioni permettendo. E pur avendo le occasioni bisogna comunque esserne all’altezza, quando si presentano. La mia è un’intensa attività lavorativa che si divide fra palcoscenico, studio di registrazione e saggistica (quest’ultima su argomenti di metodologia e analisi del repertorio). Al centro di questo tipo di lavoro debbono esserci passione e amore per lo studio, disciplina, umiltà e
antipatia per la pigrizia e per il fascino della mediocrità.
F.F.Si può vivere di musica, secondo te, al giorno d'oggi?
Si DEVE vivere di musica!
F.F. Il celebre critico Harold Schonberg ha scritto di Grante: "Vero pianismo da virtuoso di classe, retto da una sonorità splendida": consigli ai giovani talentuosi.
Credo di non esagerare nell'asserire che quasi tutti i giovani di oggi non accettino consigli, poiché non credono di averne bisogno. Cercano spesso conferme e bacchette magiche, salvo ritrovarsi poi nella palude dell’insoddisfazione e dello smarrimento, trovando comunque il capro espiatorio che un movimento politico o di opinione, grande o piccolo che sia, gli offre come palliativo. Si sa come il modo di scegliere - nella maggioranza dei casi – di chi non ha una sufficiente esperienza di vita tenda a basarsi su una percezione statistica di ciò che interpreta come efficace e strumentale alla realizzazione dei propri sogni. C'è una generale tendenza al "cotto e mangiato" e al riconoscimento
sociale immediato del successo, più che al soddisfacimento di propri ideali o desideri puramente artistici ed estetici. Per questo e altri motivi, il percorso professionale è facilmente inquinato da una serie infinita di delusioni, per la mancata materializzazione di desiderata non propriamente artistici, che sommergono la volontà di crescere e vivere nel proprio cammino nell'arte. Il miglior consiglio lo dà la fortuna di ricevere buoni consigli…
F.F. Ci daresti in anteprima notizie circa i tuoi prossimi concerti?
Sono in partenza per la Germania, ove suonerò la Fantasia Indiana di Busoni con la Staatskapelle Halle; subito dopo Chopin alla Brahms-Saal di Vienna, a Piacenza, L’Aquila e Campobasso (4° Ballate e 4 Scherzi di Chopin. Poi a Londra e Manchester (Bach e Bach-Busoni); i 4 Preludi di Chopin e 12 Studi di Godowsky), Praga e Brno (Chopin, Novak, Janacek). 
F.F.Come conciliare la vita privata con quella pubblica?
La vita di un pianista è quasi sempre privata, poiché si svolge fra le pareti del luogo in cui studia. L’esibizione pubblica occupa quindi una percentuale di tempo molto bassa.
F.F. Le politiche italiane a sostengo della cultura musicale e strumentale dal punto di vista di un pianista della tua fama...
Non sono mai stato ottimista nei confronti della gestione politica della cultura in genere. In Italia ci si è abituati ad avere tutto garantito dallo stato e ciò può essere sicuramente favorevole nel campo dell’istruzione e della qualità della diffusione culturale e artistica in genere. Ma stato significa anche partiti politici, nepotismo e territorialismo. Quando l’arte però soggiace interamente al puro mercato perde progressivamente il suo statuto di fiera depositaria di ingegno e approfondimento. Una situazione come quella italiana di oggi secondo me testimonia quanto la gestione della cultura in genere non sia riuscita a pervadere lo stile di vita della popolazione e gli scopi dell’educazione
famigliare. Non c’è paese al mondo il cui popolo sia così soggetto all’influenza del mezzo televisivo come modello di tendenze e scelte come lo è il nostro. E’ ovvio che la T.V. (che io non guardo mai) abbia il potere di plasmare la vita delle persone. Colpa di chi? Del tubo catodico o chi lo idolatra perché ha visto altri farlo?
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