Ancora un tuffo al cuore, una grande testimonianza da parte di un personaggio ormai cult nel panorama culturale italiano, che è stato molto più che vicino al nostro Abruzzo. Ho il piacere di ripresentarvi
L' Intervista esclusiva al paroliere Antonello De Sanctis Lunedì 21 Ottobre 2013 - 14:45 Federica Ferretti
L’autore dell’indimenticabile Anima Mia, da sempre innamorato del Gran Sasso, si racconta a 360° in esclusiva per ilcorrieredabruzzo.it, auspicando l’immediata ricostruzione…Come preannunciato, la Rubrica Le Eccellenze vuole rappresentare un progetto ambizioso: raccontare la realtà circostante con occhi ad ogni volta nuovi, aperti ad ogni volta ad indagare su un punto di osservazione diverso; una prospettiva che avrà la volontà di spostare l’angolazione, la nostra così come la vostra, per cogliere un altro spunto di vita, e di pensiero.Cogliere un’idea, costruire un’ immagine che può essere diversa rispetto a quanto già detto, sentito, esaminato.Questo il sapore delle nostre mini-inchieste: quello della scoperta di un filo rosso più o meno consistente, palpabile, di cui forse, non ci eravamo accorti. O che avevamo seguito solo a metà.Alterniamo quindi le voci femminili a quelle maschili, che si sono parimenti distinte nel panorama tanto abruzzese quanto italiano.Iniziamo con un autore legato per tanti versi alla nostra regione, il “paroliere” che ha interpretato le emozioni di un gruppo autoctono quale I Cugini di campagna, regalandoci negli anni ’70, la famosa canzone “ Anima Mia”recentemente riportata in auge da Fazio. Lui è Antonello De Sanctis, che ci lascia un esclusivo prezioso omaggio.
F.F. Nato durante la seconda guerra Mondiale, hai un back – ground anche in tema di canto “velatamente” politico: ci viene in mente Padre Davvero di Mimì, del 1971. Cosa puoi dirci a questo riguardo?Non conosco la guerra per esperienza diretta, ne ho pagato le conseguenze però. La miseria, lo spartirsi il pane, il bello della gente che si dava da fare per ricostruirsi una vita. Il brutto no, quello l’ho dimenticato.Padre davvero affrontava il tema della famiglia patriarcale e contestava la figura del padre-padrone. Fu politica? Non lo so. Certamente fu una bandiera per i giovani di allora o forse era soltanto una bella canzone impreziosita dall’interpretazione di un’artista straordinaria.
F.F. Come ha influenzato la tua attività, o meglio la tua sensibilità di autore l’esperienza dapprima in un carcere minorile e poi in un istituto per disabili psichici?Mi ha certamente insegnato molto e mi sarebbe piaciuto trasferirla nelle mie canzoni. L’industria discografica di allora, però, mostrava un interesse pari allo zero per queste tematiche perché erano ritenute poco lucrative e così non se ne è fatto niente. Regalare a Francesco de Gregori la lettera che mi aveva scritto uno dei ragazzi dal carcere, però, e vederlo commuoversi nel leggerla, mi riempì il cuore. Fu un passare idealmente il testimone a un grande artista che ha trattato tematiche sociali e politiche molto meglio di come avrei fatto io.
F.F. Hai avuto un “fermo creativo” negli anni ’80. Più che di fermo, parlerei di una mia scelta esistenziale. Ho lasciato per dieci anni l’ambiente della musica e mi sono dedicato alle esperienze di cui parlavamo sopra perché avevo voglia di fare qualcosa di utile. Scrivere canzoni è un mestiere fagocitante ed io desideravo riprendermi il mio tempo. A parte le esperienze con gli “emarginati”, mi sono creato una famiglia ed è questa la canzone più bella che ho scritto. Ho ripreso nei primi ’90 con Mietta per poi iniziare con Nek una proficua collaborazione che ha portato le nostre canzoni i giro per il mondo.
F.F. La canzone “In Te” di Nek tocca un tema molto delicato, l’aborto. Impressioni a posteriori di un grande successo.In te, come Padre davvero, ha scatenato un mucchio di polemiche. Non era un brano antiabortista, era solo la trasposizione una mia personale esperienza che racconto in “Non ho mai scritto per Celentano”. Anche in questo caso non volevo fare politica, ma la politica si appropriò delle mie parole e le criticò duramente con i suoi bla-bla-bla. Quello che mi fa ancora sorridere è che i giornali legati a correnti più conservatrici la adoravano, mentre i più progressisti la criticavano. L’esatto contrario di quello che era accaduto con Padre davvero. Bastava che s’informassero un po’, ero sempre io a scrivere.
F.F. Veniamo al tuo legame con i Cugini di Campagna, la cui “Anima mia”, ha potuto rivivere anche grazie all’interessamento di Fazio negli ultimi anni: come e perché nasce questo sodalizio?Stavo iniziando allora a scrivere canzoni e Ivano Michetti, il leader dei Cugini, mi contattò. Venne una sera a cena, insieme a Flavio Paulin, nel ristorante che dirigevo e mi scippò letteralmente il testo di un brano che, pensa, era destinato a Little Tony. Rielaborarono insieme la musica e nacque Anima mia. Mi chiamarono e mi chiesero: “Che te ne pare?” “O è una stupidata o è geniale” risposi. Era geniale.
F.F. Sei legato al nostro Abruzzo?Io sono nato a Rieti, in Sabina, luogo geograficamente vicino all’Abruzzo che ne ricorda gli umori, i sapori, le vibrazioni. Adoro questi posti, la schiettezza, la cordialità, il coraggio della loro gente che ha mantenuto la forza rude e la gentilezza della terra.
F.F. Perché non hai mai scritto per Celentano?Semplicemente perché non mi è mai capitato e il mio libro l’ho voluto intitolare così perché Celentano è un cognome eufonico, che mi diverte. Niente di più. Senza nulla togliere a un artista che ha fatto la storia della musica italiana e non solo.
F.F.L’Antonello De Sanctis, scrittore di romanzi.Sono finalmente affrancato dai limiti della metrica, delle parole tronche, delle sintesi forzate. Chi scrive romanzi è libero, chi scrive testi è un cavallo brado chiuso in un recinto.
F.F.Ora, una domanda molto intrigante: un paroliere può trasformarsi in un romanziere o conserva sempre intatta la musicalità delle sue rime?Ogni canzone ha insite le giuste parole nelle sue note, nei miei libri cerco sempre di fare l’esatto contrario e di far sì che le parole abbiano dentro la loro musica.
F.F. Dedicheresti in esclusiva ai lettori de ilcorrieredabruzzo.it un tuo brano?Non scrivo più canzoni ma sull’Abruzzo è già stata scritta una grande canzone che mi fa vibrare e che cantai una sera d’inverno davanti a un camino acceso con degli amici del luogo
So' sajitu aju Gran Sassu,so' remastu ammutulitu...me parea che passu passuse sajesse a j'infinitu!
Che poesia!E da lassù, vicino al vostro cielo quasi a poterlo toccare, vorrei rivedere intatti i vostri monumenti martoriati, vorrei che la gente tornasse nelle sue case, vorrei vedere i bambini sorridere e vorrei che i cuori di tutta la gente del mondo battessero all’unisono con il cuore dilaniato della vostra terra.© Riproduzione riservata