Capita così che il sottoscritto non veda troppe differenze tra l’ennesimo Fast & Furious e il secondo G.I. Joe, tra l’ecologia spicciola di Epic e il vuoto pneumatico di Iron Man 3. Insomma il cinema, stiamo parlando di quello americano per carità, ma in Italia le cose non vanno molto meglio, stagna e si avviluppa sempre più su se stesso, colpevolmente intento a farci concentrare bovinamente sui fuochi artificiali che propone, nel disperato tentativo di farci dimenticare la pochezza dello sviluppo e la sciatteria della sceneggiatura. Into darkness è l’ennesimo esempio di questa preoccupante tendenza che mette la confezione al centro di tutto, cercando di sopperire con il ritmo forsennato, alla palese mancanza di struttura. Capiamoci, non stiamo parlando di trame qui, l’intera totalità degli spunti narrativi usati al cinema, si possono contare sulle dita di una mano, il resto, sono variazioni sul tema, così come in musica, le note sono 7, ma la bellezza di un brano sta nella capacità del compositore di combinarle insieme, ecco sembra che ultimamente si sia smarrita la capacità di comporre buoni film.
Cosa ci aspettiamo quindi da un film? Vogliamo emozionarci, riflettere, sognare, vivere una vita parallela, imparare, vedere e credere, o semplicemente andiamo al cinema per passare due ore buche del nostro tempo? Il cinema del 2013 sembra assecondare quest’ultima tendenza, sfornando film uguali ed egualmente dimenticabili. Questo controsenso sembra essere giustificato dall’imperante ed infantile atteggiamento di un pubblico, che sempre più affolla le multisale a 9 schermi, decidendo di vedere film di cui non sa assolutamente nulla, spinto dalla disponibilità dei posti a sedere. Per chi come me va al cinema per scelta e non a tempo perso, imposizione o noia, questo atteggiamento è inconcepibile, la mancanza di coscienza e consapevolezza, nei confronti dell’opera che ci sta di fronte, annulla qualsiasi senso critico, spalancando le porte dell’ignoranza e trasformando in un insulso valore aggiunto, la velocità del montaggio e la totale assenza di tempi più dilatati, cioè di quel respiro che rende il cinema ciò che è.
Fatemi contento e giochiamo insieme: prendete un qualsiasi blockbuster americano, individuate una bella scena d’azione e provate a contare fino a 3 tra un’inquadratura e l’altra, forse a malapena arriverete a 2, questo non è montaggio è schizofrenia. Sempre più i film assomigliano a videogiochi sparatutto, frutto di un’industria impazzita sempre più rivolta ad un pubblico essenzialmente o mentalmente adolescenziale, favorendo il deficit di attenzione e l’ignoranza del linguaggio cinematografico.
In tutta coscienza non sono in grado di dirvi se Into Darkness sia un buon film, l’avevo completamente dimenticato già ai titoli di coda.