Il 6 marzo del 1475 nasceva a Caprese Michelangelo Buonarroti. In genere non ricordo gli anniversari dei vari artisti sul blog, è un impegno troppo grande per potermelo prendere, anche perché lo so che poi non riuscirei a limitarmi a mettere una foto e dedicherei al testo più tempo di quanto non ne abbia a disposizione, a meno di non voler sopprimere altri articoli. E anche le sole foto possono essere un impegno. Non volevo le opere più famose, cose viste e riviste come la Cappella Sistina, il David o il Mosè. Amo i Prigioni, ma non ho trovato foto che mi soddisfacessero. Però non riuscivo neppure a far finta di nulla, non dopo aver visto due scrittori che amo che avevano ricordato quella nascita.
San Gimignano
Che Filippo renda omaggio a Michelangelo non è una sorpresa. Mi ha sorpresa invece che lo abbia fatto Guy Gavriel Kay. Kay ama l’arte, è evidente dai suoi romanzi e lo vedo confermato da quel che scrive su Twitter. In genere non commento per non rompergli le scatole, però leggo quello che scrive lui, e guardo le immagini che posta. Molte le riconosco anche, e mi vergognerei se non fosse così. Se non ne fossi capace, cosa diavolo avrei studiato a fare? Ma su questo ritornerò. Pensavo di farlo qui sotto ma come sempre mi sono dilungata troppo, perciò lo farò un altro giorno.
Dopo la seconda menzione ho deciso che era destino, e che anch’io dovevo postare il mio omaggio a Michelangelo. A Kay ho detto che il suo Saevar mi ha sempre fatto pensare a Michelangelo. Non che lui abbia fatto nulla per accostare le due figure, Saevar si vede davvero poco e non sembra avere nulla della terribilità del grande artista, infatti Kay mi ha fatto notare che Saevar è gentler e che se si pensa a un grande scultore italiano di epoca rinascimentale – e il suo Tigana (in italiano Il paese delle due lune) è ambientato in una Penisola del Palmo che ricorda molto l’Italia Rinascimentale – il primo scultore che viene in mente è Michelangelo. Vero, ma a me l’accostamento è venuto in mente prima di notare i legami storici, e poi la mia conoscenza dell’arte mi consente di citare qualche altro artista, anche se questo non l’ho scritto per non fare la figura di quella che si vantava.
Saevar fissò il suo principe. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Per un attimo rimase senza parole, poi trovò la voce. «Dopo una simile resa» disse con decisione, «sarei entrato nel Palazzo del Mare e avrei distrutto i ritratti che vi ho fatto.»
Un istante più tardi, lo scultore sentì un suono strano. Gli occorse qualche istante per capire che Valentin rideva: ma era una risata diversa da qualsiasi altra che Saevar avesse sentito.
«Oh, amico mio», disse infine il principe, «mi aspettavo di sentire qualcosa di simile. Ah, questo nostro terribile orgoglio. Si ricorderanno di noi per il nostro orgoglio quando non ci saremo più?»
Ecco perché non potevo far finta di nulla. Se qualcosa mi piace io non riesco a stare zitta. Escluse le opere più famose, mi è tornato in mente un disegno di Michelangelo, da me studiato per l’incisione che ne ha ricavato un artista molto meno famoso, il francese Niccolò Beatrizet più noto come il Beatricetto. Per la cronaca ho biennalizzato Storia dell’incisione e delle arti grafiche, anche se fino a ora avevo fatto ben poco per farlo capire. Prima o poi dovrò andare anche in solaio a recuperare i miei appunti, a cui tengo molto. Vediamo se riesco a sistemare la stanza questa primavera.
Non ho sotto mano gli appunti, perciò non posso riprendere le spiegazioni del professor Paolo Bellini. Riprendo allora quello che ho trovato su questo blog: http://www.luigiboschi.it/node/30293. Il disegno di Michelangelo a quanto pare fa parte di un gruppo di disegni che l’artista ha donato al nobile Tommaso de’ Cavalieri, una delle persone più vicine all’artista nell’ultima parte della sua vita. Per noi anche i disegni possono essere opere d’arte, e forse in alcuni casi pure Michelangelo li intendeva così, ma più spesso erano i lavori preparatori per un’opera più grande, quindi è raro vedere disegni che raffigurino un’intera scena e da cui poi non è nata nessun’altra opera. L’autore del pezzo sul blog ha scritto che
“Piuttosto che illustrare un testo, il disegno insegna ai contemporanei l’ideale neoplatonico circa l’ascesa dell’anima al divino, tramite la bellezza.
La composizione presenta un giovane nudo idealizzato sdraiato su un globo. Maschere riempiono lo zoccolo sul quale è seduto. La massa onirica vorticosa delle figure che circonda il giovane è stata tradizionalmente legata ai vizi. Sanciscono scene di gola, lussuria, avarizia, ira, accidia e invidia, con l’aggiunta di un fallo di grandi dimensioni per le immagini carnali.
Uno spirito alato – probabilmente una personificazione della bellezza e dell’amore casto – avvicina i giovani con una tromba, il risveglio dalle illusioni e inganni del regno terreno verso una nuova vita spirituale.”
Io sottolineo il fatto che la presenza di maschere può essere indicatrice del fatto che la vita inganna, o che le persone ingannano. Nessuno di noi presenta sempre a tutti la stessa faccia, ma è anche vero che la realtà può avere volti diversi. C’è un globo, certo. Il protagonista domina il mondo, o ha sul mondo un appoggio incerto, e il globo potrebbe rotolare via? Non ho risposte, semplicemente sono affascinata. Del resto se Ursula K. Le Guin ha affermato che il compito della fantascienza non è quello di dare risposte, ma di fare domande, la stessa cosa si può dire dell’arte. Al massimo io posso fornirvi qualche risposta su George R.R. Martin, ma non oggi. Non con qualcosa di nuovo.