Comprare azioni, la crisi è
finita? Dai rialzi di borsa di quest’ultimo mese sembrerebbe
di sì, ma potrebbe essere un “rimbalzo tecnico”
dopo tante perdite. Molti dicono che ancora i mercati soffriranno,
alcuni affermano che il peggio è passato (ma lo dicevano
anche due anni fa). I crolli recenti dei mercati azionari (e obbligazionari)
a qualcuno sembrano dei ricordi, per altri invece sono stati uno
tsunami che ha dimezzato i loro portafogli.
Ma al di là delle perdite subite da molti investitori e
delle occasioni delle quali alcuni coraggiosi hanno saputo approfittare
nei mesi scorsi per comprare azioni a prezzi di scampolo, vogliamo
ribadire che il mondo finanziario non è finito e che è
possibile far fruttare i propri risparmi in modo consapevole.
Da premettere che non esistono ricette preconfezionate. E’
illogico e poco utile consigliare di comprare azioni di una società
piuttosto che di un’altra, perchè i mercati a volte
riservano sorprese poco piacevoli e i fatti possono smentire le
previsioni. Molte, infatti, sono le variabili che influiscono
positivamente o negativamente sull’investimento azionario.
Possiamo affermare senz’altro che non esistono certezze.
La teoria del lungo termine è stata smentita negli ultimi
dieci anni, che sono stati tra i più travagliati della
storia dei mercati finanziari. Il concetto che nel lungo termine
comprare azioni sia più redditizio delle obbligazioni è
stato annullato dai fatti, tranne alcune eccezioni. Per fare un
esempio non esiste più, secondo noi, la figura del cassettista,
cioè di colui che compra azioni e le tiene per decenni
sperando in una cospicua rivalutazione delle stesse.
Le domande sorgono spontanee, soprattutto di questi tempi: è
ora di comprare azioni? Se sì, quando entrare nel mercato
azionario? Scegliere il momento buono non è semplice, anzi,
forse è impossibile. L’analisi del passato ci insegna
che esiste il rischio di entrare ai massimi e uscire ai minimi.
Certamente, chi ha un profilo di rischio alto trae dal passato
indicazioni utili per comprare azioni, ma non forniscono garanzie
di successo.
Comprare azioni significa entrare sui mercati non solo cercando
di analizzarne la fase, ma anche e soprattutto sulla base delle
proprie necessità, disponibilità e propensione al
rischio molto alta.
Chi ha un cospicuo capitale, competenze, tempo a disposizione
e capacità di gestire anche emotivamente le oscillazioni
del proprio portafoglio può comprare azioni. Chi invece
ha un profilo di rischio più prudente e può accantonare
una parte, anche piccola, del proprio risparmio, può comprare
azioni attraverso un pac (piano di accumulo di capitale), che
consente di investire a “rate”. L’investimento
in unica soluzione (pic – piano di investimento di capitale)
e il pac possono produrre nel tempo risultati anche molto differenti.
Comprare azioni, dunque, può rivelarsi un buon investimento,
ma occorre analizzare i cicli di borsa, avere i requisiti necessari
(competenze, disponibilità di denaro, profilo di rischio
alto) ed effettuare un controllo costante sui risultati degli
investimenti.
E poi occorre individuare quelle azioni che presentano le migliori
prospettive per il futuro. Un metodo utile è quello di
identificare i cosiddetti “multipli” del prezzo di Borsa,
i quali aiutano ad individuare le azioni solide finanziariamente
e dal punto di vista patrimoniale (analisi fondamentale). Da questi
indicatori è possibile capire se si possono comprare azioni
capaci di ottenere buoni rialzi, nella consapevolezza, però,
che non esiste una matematica certezza che questo avvenga (ricordiamo
che le variabili del mercato azionario sono diverse e, a volte,
imprevedibili).
Può succedere infatti che gli operatori (e quindi il mercato
stesso) trascurino le azioni con buoni fondamentali e potenzialità
a favore di altre che seguono un trend rialzista (analisi tecnica).
Comunque i multipli di prezzo sono i più utilizzati dagli
investitori e consentono di capire come il mercato considera la
società e quale valore le attribuisce in un determinato
momento.
Comprare azioni, ma a che prezzo? Le azioni hanno un prezzo
reale, detto anche effettivo (risultante dal patrimonio della
società), e un prezzo di mercato, detto anche di Borsa
(determinato dall’incontro della domanda e dell’offerta).
Quasi sempre questi duei valori, che teoricamente dovrebbero coincidere,
in effetti sono diversi tra di loro in quanto i giudizi degli
operatori sono influenzati dalle previsioni sugli utili che la
società potrà avere in futuro. Inoltre sono determinanti
sul prezzo di Borsa anche fattori esterni, come l’andamento
del settore dove la società opera e dell’economia
in generale, la situazione politica, i rumors, la speculazione,
ecc.
E’ proprio per comprare azioni e valutare se un titolo è
sopravvalutato o sottovalutato sono stati elaborati i multipli
di mercato o di Borsa, che, come abbiamo visto, sono degli indicatori
molto usati dagli operatori, ma di grande importanza anche per
il risparmiatore che vuole comprare azioni.
Gli indicatori consentono di valutare finanziariamente una società
attraverso il rapporto tra prezzo di mercato e alcune voci di
bilancio. Sono applicati in particolare nell’analisi fondamentale
e vengono confrontati con altre società quotate simili
alla società da valutare. In questo modo è possibile
fare una stima del fair value (giusto prezzo) delle azioni delle
società.
I multipli di Borsa sono diversi, per cui ci limiteremo a parlare
di un indicatore tra i più importanti, maggiormente utilizzato
e di facile immediatezza soprattutto per l’investitore che
vuole comprare azioni: il P/E.
Il rapporto prezzo/utili (P/E – price/earnings ratio) è
l’indicatore più usato e si basa sul rapporto fra
il prezzo corrente e l’utile atteso per ogni azione. Il rapporto
fra questi due valori esprime il numero di anni che occorrono
per recuperare, attraverso gli utili, il prezzo pagato per comprare
azioni. Se per esempio il rapporto è pari a 20, significa
che ci vorrano 20 anni di quegli utili per recuperare il capitale
investito nell’acquisto dell’azione.
Fino a 15 il valore è considerato normale, se è
superiore significa che il titolo è sopravvalutato e non
è consigliabile comprarlo. Valori più bassi (intorno
a 8-9) indicano azioni sottovalutate dal mercato, per cui potrebbero
ottenere buoni rialzi. Quindi maggiore è il P/E, maggiore
è il grado di sopravvalutazione del titolo, se il P/E è
basso significa che l’azione è meno “cara”
e quindi suscettibile di apprezzamento.
Tuttavia l’ampiezza o meno del P/E è rapportata anche
a seconda dei settori: nel settore dell’alta tecnologia,
per esempio, che nei momenti di espansione dell’economia
è a forte crescita attesa degli utili, il P/E può
arrivare anche a 100 e dà comunque segnali di acquisto.
Il rapporto prezzo/utili è riportato giornalmente nei principali
giornali finanziari come, ad esempio, Il Sole 24Ore dove è
indicato con la sigla p/u.
Chiaramente il solo P/E non è sufficiente per capire se
una società sia sopravvalutata o sottovalutata. Sono disponili
per questo, per gli analisti finanziari, altri strumenti che studiano
i bilanci delle società e che danno dunque una visione
più completa.
Per questo motivo, per i risparmiatori meno preparati, è
consigliabile affidarsi ad un buon consulente indipendente prima
di comprare azioni.