Proseguendo con il discorso, emerge come alcuni risparmiatori ritengano gli ETF un’asset class a sé stante, al pari di azioni, obbligazioni o materie prime.
In realtà gli Exchange Traded Funds (ETF) non hanno affatto tale natura essendo semplicemente un veicolo per investire nei mercati finanziari tanto quanto lo sono i Fondi Comuni di Investimento di cui possono essere considerati dei “cugini moderni”.
Essendo quindi dei “panieri di titoli” tanto quanto i Fondi Comuni, gli ETF si dividono in varie categorie in base all’investimento sottostante, avremo perciò ETF che investono in azioni, in obbligazioni, in commodity o nel mercato monetario.
La loro diffusione in Italia, iniziata in sordina all’inizio del nuovo millennio, si è progressivamente allargata e si avvia a raggiungere i 1.000 strumenti quotati, facendo del mercato italiano uno dei più attivi a livello europeo.
Grazie a questa diffusione oggi attraverso gli ETF è possibile investire nelle diverse aree geografiche mondiali, nelle principali valute di investimento, nelle varie tipologie di emittenti e nelle strategie alternative. Il consiglio che posso dare è tuttavia quello di non limitarsi a scegliere l’ETF sulla base del nome, ma di approfondirne le caratteristiche e la composizione dell’indice sottostante per capire l’esatta esposizione, che può essere molto diversa anche per strumenti che investono sullo stesso mercato. Tutte le informazioni necessarie al proposito sono disponibili sui siti internet degli emittenti degli ETF.
Come i fondi comuni, gli ETF permettono, con un’unica operazione, di diversificare il proprio investimento su una pluralità di Stati, aziende, valute, materie prime ma, a differenza degli stessi Fondi Comuni sono negoziati in Borsa in tempo reale, proprio come avviene con le azioni di una società quotata, e quindi sono accessibili a chiunque abbia un deposito titoli presso un intermediario finanziario, sia esso una banca fisica o online.
A differenza della maggior parte dei Fondi Comuni, che sono “gestiti attivamente” con l’obiettivo di sovraperformare il proprio mercato di riferimento, gli ETF sono “fondi indicizzati”, ossia “gestiti passivamente” per replicare in modo accurato un dato mercato. Ciò significa che l’ETF intende fornire agli investitori lo stesso rendimento del mercato sottostante. Ad esempio, un ETF sull’indice FTSE/MIB delle principali azioni italiane fornirà agli investitori esattamente lo stesso rendimento della borsa italiana, al netto dei costi. Le spese a carico degli ETF sono indicate con il Total Expense Ratio (TER), che mostra all’investitore qual è il costo totale nell’arco di un anno.
Per offrire lo stesso rendimento dell’indice di mercato, gli ETF creano il portafoglio “fotocopiando” gli elementi costitutivi dell’indice stesso, perciò i costi gestionali sono sensibilmente inferiori a quelli dei fondi a gestione attiva, che devono sostenere i costi di analisi e gestori, ma soprattutto pagare le provvigioni alle reti di vendita (che in Italia arrivano a incassare fino all’80% della commissione di gestione dei fondi!). I maggiori costi gravanti sui Fondi Comuni sono teoricamente giustificati dalla “promessa” di battere il rendimento del mercato di riferimento attraverso scelte discrezionali ma, dati alla mano, la maggior parte dei prodotti d’investimento gestiti attivamente non garantisce risultati costantemente superiori a quelli del mercato e i rendimenti possono essere erosi, nel corso del tempo, dalle spese più elevate.
Possiamo a questo punto riassumere i principali vantaggi degli ETF:
- Costi ridotti: gli ETF sono meno costosi dei fondi comuni tradizionali
- Diversificazione e riduzione dei rischi: gli ETF consentono di diversificare, evitando di concentrare l’intero investimento in un unico titolo
- Trasparenza: gli ETF offrono un grado elevato di trasparenza circa le partecipazioni che compongono il portafoglio, i rendimenti e i costi
- Flessibilità: la gamma degli ETF disponibili è molto ampia e in continuo ampliamento
- Accessibilità: gli ETF si possono acquistare e vendere in Borsa, come avviene con le azioni di una società quotata, attraverso una banca o un intermediario abilitato
All’atto pratico, gli ETF uniscono i vantaggi dei fondi comuni d’investimento a quelli delle azioni. La quotazione in Borsa è infatti un elemento positivo per l’investitore che può in qualsiasi momento acquistare o vendere le proprie quote, ma in presenza di elevata volatilità del mercato e/o di scarsa liquidità degli strumenti sottostanti agli ETF, si può verificare l’allargamento degli spread denaro/lettera (cioè la differenza tra i prezzi in acquisto e in vendita) che rappresenta un costo implicito dell’ETF di cui è bene tenere conto, soprattutto se si negoziano frequentemente o si fa trading. Inoltre è necessario tenere conto dei costi di compravendita visto che, come avviene con le azioni di una società negoziate in Borsa, la negoziazione degli ETF è soggetta alle commissioni stabilite dal proprio intermediario.
In conclusione gli Exchange Traded Fund offrono agli investitori un accesso efficiente a molti mercati, ma la scelta degli ETF su cui investire presuppone di avere ben chiari i propri obiettivi finanziari, l’orizzonte temporale dell’investimento e la personale capacità di rischio.
In sostanza si tratta di definire una corretta “torta degli investimenti” (quella che in gergo viene definita asset allocation), che andrà quindi “riempita” con gli strumenti più efficaci ed efficienti tra ETF, fondi, azioni, obbligazioni, forex, ecc. con l’obiettivo di costruire un portafoglio adatto alle proprie esigenze così come illustrato ampiamente da Roberto Pesce durante il corso INTELLIGENZA FINANZIARIA (prossima edizione 1-2 novembre 2013 a Reggio Emilia), seminario durante il quale Roberto, tra gli altri contenuti, tratta con buona dovizia di particolari gli stessi ETF e ne illustra una semplice ma molto efficace metodologia automatizzata di investimento.
Michele Colosio