Sono appena tornato da un paio d’ore di corsa in mountain bike e mi sento molto bene.
Due ore trascorse tra salite e discese. Ho la fortuna di abitare in un posto molto bello; a pochi minuti c’è la possibilità di inerpicarsi per salite ripide o dolci, a seconda di ciò che si vuol fare.
Salendo per una buona mezz’ora non ho trovato quasi nessuno tranne due persone a piedi: prima una ragazza con l’Ipod e poi un uomo con un cellulare; li ho ritrovati poi scendendo ed erano ancora con l’Ipod e con il cellulare.
Non ho potuto far meno di pensare a quanto siamo tutti “drogati” di tecnologia.
Mi è venuto in mente, insieme all’Ipod e al cellulare, il personal computer che usiamo tutti giornalmente, la televisione che funge da vera e propria “morfina” visiva che allaga il nostro cervello.
Sono strumenti che hanno reso la vita più bella, più piacevole, più comoda.
Correndo in bici e sbuffando – perchè poi quando si fa sport e si fatica mi sembra di riuscire a pensare molto meglio – mi sono reso conto che entro certi limiti l’uso di questio aggeggi tecnologici è appunto positivo; oltre i limiti del buon senso però tendono a “chiudere” i rapporti con la realtà, con la vita che ci circonda, con le persone.
E’ come se, e mi sento di conoscere bene quest’aspetto visto l’attività di un certo rilievo che ha questo blog, le relazioni virtuali tendano, se non si sta un pò attenti, a prendere sempre più piede rispetto alle relazioni reali.
Correvo e continuavo a pensare, beandomi della bellezza del luogo in cui mi trovavo, di quanto la tecnologia, se mal usata, ci porti via dalle cose reali, ci porti via dal “qui e ora”, dal vivere con le nostre sensazioni e con il nostro corpo.
Certo il mondo è cambiato, si evolve, il progresso tecnologico assume contorni sempre più vertiginosi.
Ecco allora che, in ultima analisi, ben venga il “movimento“, lo sport, semprechè si possa fare ovviamene, perchè il “muoversi” ci fa recuperare, o meglio continua a farci vivere un rapporto con quel mondo di sensazioni corporee e mentali che altrimenti rischiamo di perdere.