Antonio Pettierre
Antiviral
di Brandon Cronenberg
con Caleb
Landry Jones, Sarah Gadon, Malcolm McDowell, Douglas Smith
Canada, 2012
Genere, fantascienza, horror, thriller
durata 110’
In un futuro non troppo lontano l’ossessione per le celebrità
è arrivato a un punto tale che i fan arrivano non solo a seguirne la vita
intima in tutti i suoi risvolti, ma persino a voler provare le stesse malattie
o mangiarne la stessa carne. Ecco che allora ci sono negozi che vendono “bistecche”
delle persone famose fatte di loro cellule coltivate in vitro, oppure cliniche
che offrono e inoculano i virus delle malattie dei personaggi famosi a chi ne
fa richiesta: un herpes, un’influenza, un raffreddore, una malattia venerea o
altro.
Syd March (Caleb Landry Jones) è un tecnico di una di queste
particolari cliniche, la “Lucas Clinic”, che ha sotto contratto una famosa
modella e attrice Hannah Geist (Sarah Gadon). Syd passa le giornate a promuovere
e commercializzare il virus delle star ai clienti, uomini e donne comuni che in
questo modo si sentono vicine completamente ai loro idoli e possono vivere un’esperienza
fisica estrema e totale. Ma Syd lavora anche per il mercato nero: attraverso
una macchina i virus sono personalizzati e sono resi non trasmissibili, ma se l’inocula,
li copia nel suo appartamento con una macchina rubata e ben nascosta in un
doppio fondo dell’armadio, per poi rivenderli a uno “spacciatore”, un
proprietario di un negozio che vende la carne composta dalle cellule coltivate
in vitro dei divi.
Quando Syd s’inietta un virus che ha colpito di Hannah Geist
scopre a sue spese che è mortale e che la diva sta morendo. Inizia una ricerca
per trovare un antidoto e si scontra, oltre che con personaggi senza scrupoli
del mercato nero, con i componenti di una clinica concorrente della Lucas, la “Vole
& Tesser” in una guerra commerciale senza esclusione di colpi. Poco a poco si svelerà il complotto della “Vole
& Tesser” che ha creato un virus artificiale per infettare la Geist e poi brevettarlo.
Nasce così una nuova frontiera, la vita oltre la morte, dove la diva sarà
rinchiusa in un polmone d’acciaio e il suo corpo modificato da un virus che ne
espande la carne e la mente, permettendole di comunicare con il mondo esterno
attraverso un visore. Syd, in cambio dell’antidoto, diviene il capo tecnico
della “Vole & Tesser” e responsabile del “nuovo prodotto”.
Viene messa in scena una società alienata e alienante, dove le
persone comuni, per dare un senso alle vuote esistenze vissute, arrivano
letteralmente a “cannibalizzare” le proprie divinità di carta e di immagini,
che non hanno più diritto a una vita privata, ma sono trasformati in corpi da manipolare,
mutare, trasformare, riprodurre all’infinito. Una realtà dove il virus mutante
è inoculato nel tessuto sociale, un virus la cui malattia è l’assenza dell’individualità
e la fusione psicologica con l’altro immaginato, costruito, proiettato. L’individuo
in quanto tale ha perso il senso della realtà, egli stesso è portatore di una
malattia sociale. La mutazione è completa e ciò che conta è convivere con la
malattia che ti permette di restare in una perenne stasi tra vita e morte, in
un eterno presente, senza più passato né futuro, ma solo dove la carne perde
ogni confine fisico, trasformandosi in un vettore continuamente mutageno e in
espansione.
“Antiviral” di Brandon Cronenberg, figlio del famoso autore
David, è alla sua opera prima (e per ora unica), mai uscita sugli schermi
italiani, dove affronta temi comuni alla filmografia del padre: la carne e la
sua mutazione; il virus come vettore di trasformazione sociale; la malattia che
diviene l’emblema dello stato perenne dell’individuo. Anche se riesce a mettere
in scena con un certo interesse la società anomica e distopica, dove l’immagine
è carne, e grazie anche a un convincente protagonista come Caleb Landry Jones,
sufficientemente emaciato ed efebico e che porta in modo convincente sulle
spalle l’orrore della situazione che vive, il giovane regista è molto debitore
alle tematiche paterne. Brandon Cronenberg (anche autore della sceneggiatura) compie
una clonazione delle opere di David Cronenberg e che, anche nella riproduzione
dell’intreccio con lo scontro tra le due cliniche concorrenti, ricordano molto d
vicino le prime opere di David Cronenberg, come “Crimes of the Future”, “Il
demone sotto la pelle”, “Scanners” e “Videodrome”, attualizzando alcuni temi,
ma rimanendo in un ambito di maniera e ancora con una voce acerba che non lo rende
originale e innovativo. “Antiviral” sembra quasi un tributo, un atto di stima
alla grandezza del genio paterno, come se Brandon vivesse e sentisse tutto il
peso del confronto con una figura superiore alla sua e che alla fine risulta
ingombrante. Il giovane regista mostra delle qualità visive inusuali, ma se non
riuscirà a tagliare il cordone ombelicale “Antiviral” rimarrà un’opera isolata
oppure non potrà che ridursi a un semplice copista. E come in “Inseparabili”, la
separazione potrebbe portare a un risultato senza futuro per Brandon.
Antonio Pettierre
Antonio Pettierre
Potrebbero interessarti anche :