Io e Te di Niccolò Ammaniti

Creato il 25 dicembre 2011 da Nasreen @SognandoLeggend

Nasce a Roma il 25 settembre 1966. Il suo primo romanzo, “Branchie!”, esce nel 1994 per la casa editrice Ediesse, e verrà poi ripubblicato nel 1997 per Einaudi Stile libero. Assieme al padre Massimo, docente di Psicopatologia generale e dell’età evolutiva presso La Sapienza di Roma, ha pubblicato “Nel nome del figlio”, un saggio sui problemi dell’adolescenza. Nel 1996 pubblica per Mondadori la raccolta di racconti “Fango”; tre anni dopo esce, sempre per Mondadori, “Ti prendo e ti porto via”, ma è il suo romanzo successivo, “Io non ho paura”, Einaudi Stile libero 2001, a farlo conoscere al grande pubblico. Nel 2006 ha pubblicato per Mondadori il romanzo “Come Dio comanda”, che compone, insieme a “Io non ho paura”, un ideale dittico sul rapporto padre-figlio. Dai suoi libri sono stati tratti al momento quattro film: “L’ultimo capodanno” (di Marco Risi, 1998); “Branchie” (di Francesco Ranieri Martinotti, 1999); “Io non ho paura” e “Come Dio comanda” (entrambi diretti da Gabriele Salvatores, 2003 e 2008). I suoi libri sono stati tradotti in 44 Paesi. 

Sito: www.niccoloammaniti.it

Titolo: Io e Te
Autore: Niccolò Ammaniti
Edito da: Einaudi
Prezzo: 10.00 €
Genere: Narrativa
Pagine: 116 p.
Voto:

Trama: Barricato in cantina per trascorrere di nascosto da tutti la sua settimana bianca, Lorenzo, un quattordicenne introverso e un po’ nevrotico, si prepara a vivere il suo sogno solipsistico di felicità: niente conflitti, niente fastidiosi compagni di scuola, niente commedie e finzioni. Il mondo con le sue regole incomprensibili fuori della porta e lui stravaccato su un divano, circondato di Coca-Cola, scatolette di tonno e romanzi horror. Sarà Olivia, che piomba all’improvviso nel bunker con la sua ruvida e cagionevole vitalità, a far varcare a Lorenzo la linea d’ombra, a fargli gettare la maschera di adolescente difficile e accettare il gioco caotico della vita là fuori.

Recensione:
di Serena Betti

“… una storia, in effetti, ce l’avevo… Ma le mie storie le tenevo per me, perché se le raccontavo si sciupavano subito come i fiori di campo tagliati e non mi piacevano più”

Lorenzo ha il “sé grandioso”, un disturbo narcisistico. Non prova interesse per tutto ciò che è al di fuori della sua ristrettissima cerchia: sua madre, suo padre, sua nonna e se stesso. O almeno così dice il suo psicologo.

Lorenzo, più semplicemente, è uno di quei tanti ragazzi che non si sente a suo agio con gli altri. È un teenager che, pur di essere lasciato in pace preferisce far finta di essere come le “vespe” che popolano la scuola, quando in realtà si sente una mosca.

“Le cose, una volta pensate, che senso c’è di dirle?”

Nessuno: non c’è nessun senso, per questo Lorenzo preferisce tenersi tutto dentro di sé e finisce per trascorrere la sua particolare settimana in cantina. Da solo. O almeno questi era il piano originale, stravolto dall’arrivo di Olivia, la sorellastra che, seppure estranea e dai modi bruschi, riuscirà a far breccia nella corazza del ragazzo.

Ammaniti penetra nella mente dei giovani e lo fa scegliendo due soggetti estremamente difficili da trattare senza cadere nel banale: un disadattato ed una tossica. La prosa è scarna ed essenziale. Lo scrittore arriva al punto senza troppi giri di parole, permettendoci di inquadrare subito il disagio esistenziale che avvertono i due personaggi principali e le loro insicurezze. Ottima la scelta di mettere in contatto due protagonisti apparentemente così diversi tra loro. Lorenzo, con la sua strana forma di mimentismo, non desidera altro che fuggire dal mondo e Olivia, sadicamente, non fa che ‘sbattergli’ in faccia la realtà, quello che c’è fuori dalla sicura porta della cantina, senza mai andarsene via da lì, portando il caos, il suo caos, proprio nella tana del fratello.

Chi ha letto altre mie recensioni sa che difficilmente apprezzo un romanzo troppo corto perché è facile, con così poche pagine, cadere nell’errore di scrivere un riassunto di un libro, invece che un vero e proprio testo. Si finisce quasi sempre per perdere pezzi di storia, risparmiare sulla caratterizzazione dei personaggi. Ammaniti invece, con “Io e te” e le sue 116 pagine, è riuscito a non tralasciare nulla d’importante, concentrandosi solo sull’essenziale e avendo tempo anche per i contorni.


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