Il primo tempo è una perfetta indagine sui ruoli scandita con dinamica e fascinosa lentezza, rinchiusa tutta negli sguardi lirici con cui Refn dipinge una Los Angeles cupa e arida, fotografata con immaginifica bontà da Newton Thomas Siegel che ne cela e ne svela le sottili venature.
Il mistero che si nasconde dietro gli abissi vuoti dello sguardo del protagonista ne fanno perdere le coordinate temporali tracciando la figura di un non-eroe di richiamo western. Il secondo tempo nel quale il film si gioca un punto pieno, è un rapido susseguirsi di misfatti che perde di parecchio la raffinata tensione precedentemente accumulatasi, tralasciando di fatto l'approfondimento di certi personaggi chiave. Il film rischia di impantanarsi in uno scontro all'ultimo sangue a briglia (troppo) sciolta che solo l'abilità registica di Refn di instaurare perfetti siparietti di grandissimo artigianato cinematografico riescono a salvare. Da esempio su tutte la fantastica scena dell'ascensore, in cui una luce obliqua crea il presagio che svela la brutale origine dell'amore riportando il tutto indietro di mille anni. Come in Animal Kingdom, la violenza si traduce in istinto di sopravvivenza e D sceglie la via dell'inferno a fin di bene per proteggere la donna che ama.
Drive è un'opera palpitante, fresca e in qualche modo nichilista, girata da un talentuoso regista in grado (forse) di ereditare insieme ad altri le redini di quel grande magma visionario di matrice drammatica che fa capo ai vari Scorsese, Fincher, Coppola e via discorrendo.
Menzione a parte la sempre più protagonista Carey Mulligan che in questo 2011 ha incasellato 3 delle uscite più importanti (Non Lasciarmi, Drive appunto e l'attesissimo Shame), dimostrandosi una cercatrice d'oro di prim'ordine (o semplicemente sorretta da un ottimo agente). Palma d'argento alla regia all'ultimo Cannes. Si può fare.
voto 7+