Io, mamma

Da Cuordicarciofo
E' successo sabato.
Ero a casa da sola, Di nel suo letto a dormire.
Tutto normale, solita routine, ma quel chiodo fisso che non va via. Quel tarlo che quando sei completamente tranquilla risbuca fuori e ti dice... yuhuhu son qui eh! Mica ti sarai dimenticata che invece ci sono esami da fare, numeri da controllare.
E un po' mi è mancata l'aria. Perché se è vero che forse non è nulla di grave e sempre vero che mio figlio ha qualcosa che non va e non si sa da dove venga.
Così, da un giorno all'altro sei sereno, ti arrabbi per cose assurde, i capricci che ti fanno saltare i nervi e il giorno dopo tutto cambia. Guardi la vita degli altri scorrere tranquilla, e vorresti indietro la tua.
Ma divago....
Dicevo è successo sabato, mi sono ritrovata a scrivere un commento lunghissimo a un altro post, in cui parlavo di Di, delle sue abitudine per la doccia, per la nanna... del fatto che finalmente iniziava a parlare.
Mi sono resa conto di quanto avessi bisogno di parlare di lui e di quanto invece egoisticamente in queste pagine non l'abbia mai quasi fatto.
Egoista, io, sempre presa con le mie paturnie e i mie cambi d'umore da non riuscire ad annotare quando ha iniziato a dire BLUE. Un suono così dolce che ogni tanto gli chiedo di che colore è la sua macchinina preferita per sentirglielo dire.
Mi dico per scagionarmi che in realtà è una sorta di pudore. Che voglio tenere questi sentimenti protetti, perché sono delicati e fragili. Ho sempre avuto paura di lasciarmi andare, come se da un momento all'altro qualcuno o qualcosa potesse portarmelo via. Morte e nascita troppo vicine? Non so... il tarlo mi è rimasto.
Una sorta di regalo a tempo determinato.
E invece piano piano sono arrivata a vederlo camminare, ora a sentirlo quasi parlare.
E voglio tutto, voglio vederlo crescere e diventare grande.