io non canto più

Creato il 11 marzo 2011 da Sara
Sono discretamente stonata e con la tipica voce rauca della fumatrice incallita, ma me ne frego ed ho sempre cantato appassionatamente, a casa, per strada, in spiaggia, in solitario e fra la gente, dovunque insomma, specialmente il repertorio italiano degli anni 60 e 70 e purtroppo per gli astanti mi ricordo tutte le parole dal Quartetto Cetra in sù passando per Nino Taranto, Carosone, Nilla Pizzi, Giacomo Rondinella, Sergio Bruni, Fred Buscaglione e compagnia. Non sono poi così vecchia, ma la nonna a casa teneva la radio sempre accesa, poi gli studi con la filodiffusione a manetta e la memoria opera misteriose selezioni. Succede che con le amiche abbiamo creato un circolo di lettura, ci incontriamo una sera al mese e dibattiamo di un tema concordato all'inizio dell'anno, attraverso bibliografie oculatamente scelte. All'ordine del giorno quest'anno è la musica, attraverso la letteratura e non solo. Alla riunione di ieri sera era al microscopio il libro "Donna canzonata. Indagine sconsolata e beffarda sulla donna in un secolo di canzoni italiane" di Meri Lao.  L'autrice analizza la figura femminile nelle canzoni di ieri e di oggi, ha classificato per tipologie 772 canzoni e ne risulta uno spaccato in fondo non sorprendente ma senz'altro sconcertante. Praticamente, se siamo donne, siamo tutte angeli o puttane, con una vasta gamma intermedia che dalla mamma e la moglie arriva fino alla bambola, alla tuttasesso, all'esotica, all'infedele, all'angelsatanica. Siamo tutte responsabili, abbiamo ingenuamente cantato a squarciagola canzoni che hanno accompagnato negli anni  le stagioni della nostra vita e nel vortice canoro non si è fatta attenzione alle parole, alle idee tremende che seminavano come inestirpabile gramigna. Nel famosissimo Cha cha cha della segretaria  "è importante che sia giovane e carina, non occorre raccomandazion", (e poi ci indignamo dei tempi correnti), "le femmine son bambole che costano però, le femmine son ninnoli, giocattoli d'amor" gorgheggiava Modugno nel 1961 seguito a ruota da Milva "rossa è la rosa, ma chi ti sposa se bianca non sei più" per non parlare di Malafemmena "però sta faccia d'angelo te serve pe' 'ngannà. Femmina tu sì peggio e na vipera ". Nell'attenta analisi della Lao, non si salva nessuno, ma proprio nessuno, sono coinvolti tutti i mostri sacri del nostro universo canoro, si scopre che l'intoccabile Battisti con suo paroliere Mogol erano due maschilisti della prima ora, che per il molleggiato nazionale "non esiste l'amor, è soltanto una favola inventata da te per burlarti di me, che se "un uomo tradisce, tradisce a metà" (Se mi lasci non vale) e per forza, noi donne saremmo "bella senz'anima". Nei decenni purtroppo le idee veicolate non sono cambiate, nei gorgheggi del passato si faceva grande uso di metafore eteree e sottintesi rosati, tutt'al più si osava "ella nel salotto profumato, ricco di cuscini di seta, porge il labbro tumido al peccato" (Balocchi e profumi), oggi il linguaggio si è fatto più crudo, più diretto e la simbologia, se c'è, è da pelle d'oca se Gianluca Grignani nel suo must musicale "l'aiuola" informa "ti raserò l'aiuola, quando ritorni da scuola...no, non mi va se cade un pelo, crolla il cielo". Morale della favola, il mondo delle sette note rotea inesorabilmente intorno ad una gigantesca Jolanda, Littizzetto docet, mostro proteiforme dai mille risvolti, e non si può  neanche più cantare spensieratamente in pace, glielo dirò al Presidente Napolitano .  

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