“Io sono così” è un libro a fisarmonica, a sviluppo verticale, realizzato in un pregiato cartoncino grezzo edito dalla casa editrice Settenove, specializzata in pubblicazioni tese a rovesciare lo stereotipo di genere (di Settenove e della sua linea editoriale ho avuto modo di parlare più dettagliatamente in questo articolo e in quest’altro).
Anche qui ci troviamo di fronte ad una narrazione che si propone l’obiettivo di modificare il punto di vista del lettore, sovvertire una forma mentis che, a volte per abitudine, altre – ahimè – per convincimento, porta a distinguere interessi e giochi da maschio da interessi e giochi da femmina.
I bambini dovrebbero essere liberi di seguire le proprie passioni e inclinazioni. E, probabilmente, di loro indole e volontà, lo sarebbero pure. Sono gli adulti, per motivazioni spesso culturali, a proporre loro modelli di riferimento che contribuiscono a plasmare e separare, creando due insiemi distinti: quello delle cose che piacciono ai maschietti e quello delle cose che piacciono alle femminucce.
Molti ragazzini finiscono poi per adeguarsi e aderire all’immaginario collettivo che differenzia i generi in base agli interessi, perpetrando così quella stessa gabbia culturale che, volenti o nolenti, coscienti o meno, li ha chiusi.
Spezzare la catena è buona pratica. Ed è da questo intento che nascono libri – ma anche giochi, video e altri prodotti per l’infanzia – come quello di Fulvia e Antonio, i quali sono a metà strada tra pubblicazioni che vogliono confortare, far sentire inclusi e riconosciuti i bambini e pubblicazioni per invitare a riflette genitori ed educatori.
In questo albo, il filo narrativo è affidato ad una voce d’infanzia: un personaggio che racconta, con chiarezza, spontaneità e buon piglio, cosa ama e cosa invece non ama fare.
Chi racconta ha un tono fresco, deciso come solo i bambini sanno essere nell’assoluta sicurezza del loro diritto al gioco. Le idee sono certe e tra le poche righe è facile riconoscere i nostri bimbi quando affermano convintissimi cosa loro piace e cosa, invece, dà fastidio.
Ma la traccia degli autori è chiara; è una falsa pista che però, mente mostra limpidamente la sua evidenza, ci spinge a pensare e perfino ad interrogarci sul nostro pensare. Perché pur se siamo contrari a tutti gli stereotipi, certi del nostro sforzo a non applicarli ed assecondarli mai, ci rendiamo conto quanto sia viva, e purtroppo diffusa e tante volte seguita –magari intorno a noi – quella voce che afferma che “un bambino che ama questi giochi non può essere che maschio”.
Non svelo la sorpresa, che immagino si intuisca.
La penultima frase, d’altra parte, la prepara: chi narra non sopporta affatto l’appellativo maschiaccio!
Qui si apre un’altra, interessante, riflessione sul linguaggio e sui termini che, sovente e in automatico, si usano senza dar loro troppo peso. Questi invece sono profondamente rivelatori di quali caratteristiche precise vengano attribuite ai generi e come le stesse possano cambiare di valore se manifestate al maschile o al femminile.
Così quando apostrofiamo maschiaccio una bimba vivace e femminuccia un bimbo sensibile, ribadiamo, magari senza volerlo, che i ruoli sono fissi, giudicando e svalorizzando le unicità e le singole personalità.
Fine ed originale il corredo iconico del libro, nei toni del nero e del rosso, predilige inquadrature insolite e sottolinea particolari narrativamente importanti anche in maniera immaginifica.
(età consigliata: dai 4 anni)
Se il libro ti piace, puoi comprarlo qui: Io sono così
Oppure dal sito della casa editrice.