Io sono Mateusz

Creato il 10 marzo 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2013
  • Durata: 107'
  • Distribuzione: Draka Distribution
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Polonia
  • Regia: Maciej Pieprzyca
  • Data di uscita: 12-March-2015

Sinossi: E’ la storia sorprendente di Mateusz, affetto da una grave paralisi cerebrale, diagnosticata come ritardo mentale, quindi ostacolo insormontabile alla comunicazione del bambino con il resto del mondo. Dopo 25 anni si scoprirà che Mateusz è perfettamente in grado di intendere e di volere. Basato su una storia vera.

Recensione: Viviamo le nostre vite, troppo spesso, all’interno di un corpo che ci trasciniamo dietro e la mente troppo debole per poter sopportare le tante difficoltà della realtà quotidiana. È proprio da questa realtà che tentiamo di fuggire, cercando di allontanarci il più possibile da quello che non sopportiamo, da quello che ci provoca (in)sofferenza, ma che fa parte della vita stessa. Ci allontaniamo cercando all’esterno quello che dovremmo, invece, trovare scavando all’interno. I gusti dello spettatore medio che va al cinema, sono molto cambiati e questo potrebbe essere lo specchio di quanto la società stia guidando l’andamento delle uscite cinematografiche nel nostro Paese. E non viceversa, come dovrebbe essere, come l’Arte nella Storia ha sempre avuto il dovere e il privilegio di educare e far gioire chi la ama. L’ondata delle serie tv scandisce ritmi vitali totalmente diversi da quelli che si innescano nell’approccio della visione di un film. Cambiano totalmente anche le percezioni sensoriali, il modo in cui evadiamo – tra una puntata e l’altra dell’esistenza – volendo sdrammatizzare a tutti i costi, entrare nella trama ma  non così tanto da rimanerne coinvolti completamente. Ci stanno abituando a vedere anche il più semplice dei personaggi, impersonificato da un attore o un’attrice dalle sembianze irraggiungibili. Inconsciamente immagazziniamo un’immagine di una bellezza perfetta, non realistica, ma finemente spacciata per tale. Non consideriamo soltanto la bellezza fisica, ma anche quella registica totale. Basta soffermarsi un po’ di più di quanto ci consentano di farlo. Basta osservare con maggiore attenzione. Basta guardarsi negli occhi e accettare i nostri difetti e i nostri drammi e trasformarli in punti di forza. Certo, non è facile, ma proprio per questo dovremmo sentirci orgogliosi di appartenere alla razza umana e non alle bestie. Abbiamo delle responsabilità anche quando decidiamo quale film andare a vedere, ebbene sì.

In questo caso, il film polacco Io sono Mateusz, è uno di quei casi in cui la bellezza non perde la sua essenza pur rappresentando un dramma straziante nella sua più nuda realisticità. La vita di Mateusz e della sua famiglia non è facile: al piccolo è stata diagnosticata una grave paralisi cerebrale che lo costringe alla quasi immobilità, alla mancanza di parola e all’incapacità di esprimere ogni tipo di bisogno e di sentimento. Siamo nella Polonia post comunista degli anni ’80 e, già da allora, i medici erano spaventosamente cinici nelle loro diagnosi così come totalmente privi di empatia nello svolgimento delle cure assegnate ai pazienti. Ancor di più, se pensiamo che stiamo parlando di terapie psichiatriche-assistenziali, dove il lato umano dovrebbe essere di primaria importanza. “Mateusz è un vegetale”: questa, la loro sentenza finale. Peggiore di una condanna a morte, quella di affermare che una persona non potrà mai possedere la facoltà di intendere, di volere, di amare.

Nella sua infanzia (messa in scena nella prima parte del film), Mateusz vive i suoi spazi osservando moltissimo l’ambiente che lo circonda: la madre, il padre, il fratello e la sorella adolescenti, gli oggetti della casa, fuori dalla finestra. E sembra capire perfettamente cosa sta succedendo, pur non potendolo esternare a gesti e parole, o comunque con un linguaggio verbale e non verbale incomprensibile fatto di suoni e spasmi muscolari indecifrabili agli occhi dei “normali”.

Superata la fase di pubertà, con quello stesso spirito di scoperta e stupore che ogni adolescente proverebbe, il suo corpo inizia a crescere e a divenire ingombrante per gli anziani genitori che non hanno più forza di sostenerlo fisicamente.

Mateusz viene ricoverato in un istituto psichiatrico assieme a molte altre persone che, come lui, necessitano di aiuto costante e sono considerate, in teoria, diversamente abili. In pratica, “diverse”. Qui,stavolta, è il mondo intorno a guardare Mateusz. E non esattamente con lo stesso sguardo che lui gli aveva sempre dedicato, fino a quel momento.

Quello che colpisce e che penetra sotto pelle è che quel suo sguardo non è ingenuo: egli soffre, si arrabbia, si ribella come può al sistema. Lo fa pur non avendo gli strumenti necessari, quelli che possediamo noi tutti e di cui neanche ci rendiamo conto. Egli è vivo, non è un vegetale. Sarà lui stesso, con la sua lotta continua, ad affermare la sua personalità e il diritto di essere considerato un essere umano a tutti gli effetti.  Di essere compreso.  Solo dopo  molti anni, medici e terapeuti, hanno riconosciuto a Mateusz questo diritto (nel film a 26 anni, nella storia di Przemek a cui s’ispira il film a  16 anni) e il ragazzo comincia a comunicare e a riempire il suo spazio con colori e passioni.

Un altro tema importante del film, che lo rende ancora più vero e realistico, è quello della sessualità. Un diritto che sembra essere negato a prescindere a persone diversamente abili. E un elemento che è difficile da toccare e da inserire in un contesto filmico. In una scena in particolare, Mateusz vivrà questa esperienza…con innamoramento e delusione annessa. L’eccitazione per quel contatto sensuale e la tristezza dell’abbandono che sfocia in un pianto emozionante, farà cadere a terra il velo d’ipocrisia dello spettatore più insensibile.

Dawid Ogrodnik veste i difficili panni del protagonista con magistrale bravura. Impressionante come il suo sguardo si perda in qualcosa che sembra nulla, ma nulla non è. Ti fa pensare: “Chissà cosa vede, Mateusz…chissà in cosa si perde, come funziona il suo pensiero, le sue sensazioni…”. E un attimo dopo sembra guardarti dritto negli occhi e penetrarti nell’Anima, scorgendo e rubando ogni tuo più intimo segreto. Nei titoli di coda lo vediamo assieme a Przemek, con cui deve aver trascorso molto tempo per poter studiare la sua fisicità e il suo emotivo.

C’è tutto da imparare da questa storia, da questa splendida persona. E da questo modo di fare Cinema. Basta saper vedere.

Il film, firmato Maciej Pieprzyca, in patria ha vinto tutti i riconoscimenti principali e ha importato diversi premi anche dal 36° Festival des Films du Monde di Montreal e dal 49° Festival di Chicago.

Giovanna Ferrigno


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :