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«Io ti chiedo la cerimonia crudele del taglio, quello che nessuno ti chiede: le spine fino all’osso»

Da Occhidadonna

Non cerco l’eccezione, la cosa rara. Cerco la mia regola. La frase facile
che non devo rivoltare, la tregua per tutto questo spreco di parola.
Un armistizio linguistico.
Voglio che lo sguardo sia l’intero dibattito; il gesto della mano, un periodo ipotetico. L’abbraccio del tuo silenzio saturo, la spiegazione.
Calzami a pennello, indossami, aderiscimi, sdoppiami, fatti guardare.
Soddisfami la mania, il vizio degli occhi d’incollarsi bellezza alla retina, la meraviglia necessaria. Rendimi insopportabile guardarti. Fammi male alle ossa, frastornami, confondimi la carta, riempimi di vento. Feriscimi, come brucia la verità quando la temi. Ti voglio ammettere.

Al pub si ubriacavano bene stasera: teste molli, mani senza orientamento.
Zitta, dentro al cappotto smagliato, ero all’angolo a fare la punta a quest’idea.
Voglio spogliarmi nuda, liberarmi di tutte queste foglie morte.
Voglio darti il benvenuto. E dirti grazie, per il tuo ritardo.

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