Da quando è partita l’iniziativa di #ioleggoperché, mi sono interrogata a lungo su come contribuire.
E sul significato ultimo che avrebbe dovuto avere per me l’iniziativa.
Il rischio, in queste cose, è farle diventare una sorta di giochino intellettuale in cui ce la cantiamo e ce la suoniamo tra lettori forti.
Ma così facendo si snatura il senso dell’iniziativa, che è avvicinare al libro il lettore debole, o inesistente. Che i lettori forti se la cavano benissimo da sé.
In Italia si legge poco, molto poco. Largamente al di sotto degli altri Paesi della comunità. E non da oggi. Quindi non commettiamo l’errore di addossare la responsabilità della poca lettura ai social network ed alla tecnologia.
In Italia si legge poco perchè c’è una sostanziale diseducazione alla lettura. E perchè, purtroppo, c’è stato sin qui un sistema scolastico che al massimo, la lettura l’ha disincentivata.
E qui, non è per lisciare le penne alla ‘povna, a roceresale, a pens, a ellegio e a molte altri insegnanti conosciute virtualmente, ma va detto che le nuove generazioni di insegnanti stanno cambiando, profondamente l’approccio.
Ma essendo nostri coetanei, i danni prodotti nel passato si vedranno ancora a lungo.
Un episodio. Al ginnasio ci fecero leggere l’Ulisse di Joyce. Come ‘compito per le vacanze’. Così. Senza un’introduzione prima. Senza una discussione dopo. Lo stesso per tutta una serie di altre pietre miliari della letteratura. Ed era un Liceo Classico. Ed erano insegnanti anche preparati. Ma senza una metodologia appropriata. Lo capisci col senno di poi.
Ecco. Il rischio che vorrei evitare è proprio questo. Uno si approccia alla lettura e tu gli consigli, sul wall i tuoi libri del cuore.
Ora il mio libro del cuore sono I Buddenbrook. Va bene. Adesso mi alzo, e vado dal vicino di scrivania, che negli ultimi quindici anni ha letto, al più, le istruzioni del cellulare e gli consiglio I Buddenbrook.
Che potrebbero anche piacergli. Ma più probabilmente no. Perchè alla lettura ha perso l’abitudine.
Da qui l’idea di un post-it al giorno.
Due righe due di introduzione, la copertina, che anche l’occhio vuole la sua parte (e io le copertine brutte le aborro proprio). Un libro che sia semplicemente intrattenimento. Un libro senza troppe sovrastrutture.
Che nel citare i grandissimi, dimentichiamo spesso molta media produzione che non offre capolavori. Ma che permette di passare una serata con un libro in mano o sul tablet, in luogo di grandi fratelli, isole, e varie amenità.
E questo sì, sarebbe un successo.