13 novembre 2011 di Massimiliano Scordamaglia Lascia un commento
Se i Wachowski hanno occidentalizzato il wuxiapian e Tarantino ha sdoganato un genere riservato a ragazzetti brufolosi con la bocca piena di schifezze, ritrovare un gongfu di alto budget, tecnologicamente post-Matrix, con interpreti professionisti e capaci, e’ il coronamento di un sogno che dura da quelle schifezze mangiate allora sino ad oggi.
Il soggetto poi mescola epica moderna ed antica, la leggenda con la storia, l’autobiografia con la fiction elevando un contemporaneo al rango di mito, figura metastorica che non disdegna di strizzare l’occhiolino al regime in auge.
Yip Man e’ il piu’ grande tra i maestri di Kung-Fu, padrone assoluto della tecnica di Wing Chung, vive nel rispetto e nella serenita’ di Foshan, fino a quando gli otto anni della Seconda guerra sino-giapponese lo vedranno protagonista contro l’invasore, conflitto nel quale avra’ modo di mostrare al nemico la sua superiore tecnica di combattimento e l’ancor piu’ efficace filosofia di vita.
Sceneggiatura efficace, grandi attori e meravigliosi atleti, equilibrio perfetto tra prodezze ed effetti speciali.
Emotivita’ che spinge sull’acceleratore dell’invasore spietato e senza scrupoli e in questo non si discosta molto dall’iconografia che in occidente facciamo dei soldati tedeschi durante il secondo conflitto Mondiale, con in aggiunta il sano godimento di spezzare arti e colli a volonta’.
Ovviamente il maestro Yip e’ una specie di semidio saggio ed invincibile che nondimeno sa essere terribile e vendicativo il che non solo e’ funzionale allo spettacolo ma ben rilancia la memoria del grande guerriero.
Esaltante, persino stupefacente, campione d’incassi in oriente, ambito da tutti i cultori del genere anche perche’ per il lancio si fece leva sul fatto che Yip Man fu maestro di Bruce Lee ma la pellicola piace e funziona ben oltre la promozione e anzi si puo’ senza smentita considerare come ulteriore passo avanti compiuto dal genere.