Una donna fuori dal comune, una donna che ha cambiato la storia.In questi giorni esce nelle sale Agorà, film controverso e imbarazzante per il Vaticano.
Scienza e fede, difesa delle idee e sfida all’autorità religiosa: la figura di Ipazia, martire pagana del V secolo, non smette di scuotere le coscienze e forse continua ad imbarazzare la Chiesa di oggi.
“Agorà”, ultima fatica cinematografica dello spagnolo Alejandro Amenabar, autore di film come “The Others” e “Mare Dentro” è dedicato proprio a Ipazia, una donna di rara intelligenza e coraggio.
Le critiche sono state positive e la pellicola è pronta a sbarcare nelle sale di quasi tutto il mondo. Quasi. Perché in Italia “Agorà” rischiamo di non vederlo mai. Poco importa che la protagonista sia morta da 1600 anni: Ipazia disturba ancora.
Agorà, infatti, racconta la storia della matematica alessandrina, che è divenuta nei secoli simbolo della lotta dell’oscurantismo religioso. Sull’uccisione di Ipazia esistono diverse versioni: una delle più accreditate fu che il suo omicidio venne commissionato dal vescovo Cirillo, evangelizzatore e inventore dell’alfabeto cirillico, in seguito santificato dalla Chiesa di Roma.
Nel lavoro di Amenabar, che già si era fatto qualche nemico tra i cattolici per Mare Dentro in cui trattava il tema dell’eutanasia, il ruolo di Ipazia è affidato a Rachel Weisz, già oscar per The Constant Gardener.
In ogni caso, mentre il film si appresta a debuttare in Francia, Usa e Israele, in Italia tutto tace. Nessuno si è preso la briga di comprare i diritti. E sul web, la mancata distribuzione è già un caso. Sul social network Facebook, per esempio, esiste una petizione per vedere Agorà. Tra i firmatari anche il matematico Piergiorgio Odifreddi: «La figura di Ipazia è esemplare. Era una matematica, donna di grande cultura, la sua fu la prima battaglia tra scienza e fede. La perse, divenne prima martire della scienza per mano di uomini mandati dal vescovo di Alessandria, Cirillo. Sono trascorsi milleseicento anni ma siamo ancora allo stesso punto».
Chi è Ipazia?
Figlia di un celebre matematico del Museo dell'insegnamento di Alessandria d'Egitto, Teone, il cui Commentario all'Almagesto di Tolomeo viene considerato uno dei migliori lavori di astronomia della scuola alessandrina, Ipazia, nata intorno al 370, fu istruita dal padre nelle scienze esatte (specialmente astronomia e geometria), ma subì anche influenze teosofiche e occultistiche, in quanto frequentò la scuola neoplatonica di Alessandria.
A quel tempo ogni filosofo o scienziato alessandrino era un po' alchimista, in quanto i confini tra scienza e magia non erano rigorosamente tracciati. Non dimentichiamo che i greci avevano raccolto in Alessandria il sapere magico, mistico ed esoterico, andato poi distrutto, delle filosofie e religioni egizie e assiro-babilonesi.
Si devono a Ipazia e a suo padre le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto che presero la via dell'Oriente durante i secoli, e tornarono in Occidente in traduzione araba, dopo un millennio di rimozione.
Ed è noto anche il loro lavoro a proposito del “Sistema matematico” di Tolomeo, astronomo, matematico e geografo alessandrino del II sec. la cui teoria astronomica geocentrica restò in auge fino alla “rivoluzione copernicana” del XVI secolo.
Insegnava come Socrate per le strade e il prefetto romano Oreste si diceva che cercasse il suo consiglio nelle questioni di carattere pubblico e che addirittura fosse suo discepolo. Ipazia non teneva il suo sapere per sé, né lo condivideva soltanto con i suoi allievi. Al contrario, lo dispens
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