P. gli piace pisciare nei cantieri.
C'è chi si appassiona all'orografia degli Appalachi e chi adora il cocomero.
P. no, lui piscia nei cantieri.
P. ne gira uno svario, di cantieri, per lavoro, di giorno. Di notte, però, è tutt'un'altra ròba. Non c'è l'operosità indefessa. Non c'è l'ingegno acuminoso. Ci sono solo travi e foratini e cazzuole e carriole, ma soprattutto: c'è una sensazione di fredda deserticità. Ed allora puoi incunearti tra le maglie della rete, dice a T., profanare un cantiere ed esprimere il tuo dissenso, la tua resistenzesistenza. Pisciandoci.
T. il giorno del derby parcheggia in Via Guido Reni. C'ha provato, a posteggiare in Viale Pinturicchio: niente da fare. Via Guido Reni.
Toh, un altro ipermercato, gli viene sulla lingua. Maxxi, nome extralarge per acquisti extralarge, prosciutti giganti e confezioni di pelati da venti chili. Formati famiglia per famiglie già formate.
T., una famiglia, ancora nulla.
Priorità imprescindibile, trovare parcheggio.
Poi, forzaromalè.
Il resto tra qualch'anno.
Tutti con questo Coppedé, e T. quasi si vergogna, il Coppedé è un posto da fighette. L'uomo con la scimitarra incastonato nel muro del Villino delle Fate strappa certi sorrisi che férmati, vé? E poi i baci, vè?. Coppedédimmerda.
Fosseci stato, negl'anni venti, c'avrebbe pisciato, P., nel cantiere del quartiere Coppedé.
Il Maxxi non è tipo Ingrande, ma il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.
M.A.XXI.
All'ingresso, quello che da su Via Guido Reni, dal cancello si scorge la scultura d'un gigante sdraiato.
Di chi è? chiede T. a P., che ne sa.
Domanda sbagliata. Dovresti chiederti: dove sta?
Quel pezzo di selciato T. stenta a riconoscerlo.
Era troppo buio fa. Troppe birre fa. Troppa euforia fa. Pisciare nei cantieri, poi.
Chissà che prosciutti giganti, con le gambe giganti di quel gigante dormiente di fronte all'ingresso del Maxxi, gli viene sulla lingua.
E poi niente: gli scappa.
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