La Russia ha restituito all’Iran l’anticipo di 167 milioni di dollari versatole per i sistemi di difesa aerea S-300 che non ha consegnato al paese. L’episodio ha suscitato serie reazioni nel mondo. Prima di tutto i media si sono interessati all’eventuale pagamento della penale, ma v’è un’altra questione di ben maggiore rilievo. E cioè se Tehran possa difendere il proprio spazio aereo senza quegli S-300.
Qualora Israele e l’Occidente attaccassero l’Iran, ci troveremmo di fronte a due scenari. La prima opzione prevede un attacco missilistico lanciato da Tel Aviv e seguito da un’adeguata risposta iraniana. A quel punto entrerebbe in scena la NATO nel suo ruolo prediletto di “pacificatrice”. L’altra opzione presuppone uno scontro tra la 5a Flotta statunitense e la Marina iraniana nello Stretto di Hormuz. In entrambi i casi, missili ed aerei colpirebbero l’Iran. Ciò significa che toccherà alla difesa aerea l’onere principale di respingere l’attacco.
Si tratta dello scenario che le forze armate della NATO hanno sperimento in numerosi conflitti dell’ultimo decennio. Missili ed aerei colpiscono i sistemi di difesa aerea nemici, lasciando scoperti i centri strategici – posti di comando, comunicazioni ed altre infrastrutture.
La Libia è un esempio: munizioni di precisione teleguidate ed altri sistemi d’attacco all’avanguardia hanno soppresso dal cielo la difesa aerea, permettendo successivamente di colpire le strutture di controllo, comando e comunicazione del nemico. E’ stato così possibile conseguire una completa vittoria senza operazioni di terra. Ovviamente la missione non sarebbe così semplice da ripetere in Iran; ma il successo stesso dell’operazione dipende in ampia misura dalle capacità della difesa aerea persiana di fronteggiare il primo colpo.
Diciamolo chiaramente: cinque batterie di sistemi di difesa aerea S-300 PMU-1 (a tanti si riferiva il contratto da 800 milioni di dollari siglato da Russia e Iran nel 2007) non sarebbero state sufficienti per difendere l’intero territorio iraniano, ma solo alcuni degli obiettivi più importanti. Eppure, l’esistenza stessa del S-300 nel bagaglio iraniano avrebbe inizialmente avuto un forte impatto psicologico, influenzando la determinazione atlantica ad avviare la lotta.
Le ragioni di Mosca per rinunciare all’accordo erano alquanto ovvie: com’è noto, la quarta risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (N1929) che impone sanzioni all’Iran è stata adottata nel giugno 2010. Per la prima volta erano poste restrizioni all’invio di armamenti convenzionali, inclusi missili, carri armati, elicotteri d’attacco, aerei da combattimento e navi, a Tehran. Nel settembre 2010 il presidente Medvedev firmò un ordine esecutivo con cui annullava la consegna degli S-300 per rispettare la risoluzione.
Cosa dovrebbe fare l’Iran, viste le circostanze? Quali sono le possibilità di respingere un attacco aereo? La dirigenza iraniana ha cominciato a rinforzare la sua difesa aerea.
Per esempio, nel novembre 2011 si sono avute vaste esercitazioni di difesa aerea nella parte orientale del paese; guidate dal generale di brigata della Guardia Rivoluzionaria Farzad Ismaili, comandante della base aerea di Khatam-ol-Aniya, hanno interessato un’area di 800 chilometri quadrati. La missione prevedeva di respingere un attacco aereo e missilistico alla Repubblica Islamica. Secondo le relazioni del comando, la missione è stata effettuata con successo. Stando ai media locali, l’ipotetico avversario aveva pianificato di distruggere le strutture strategiche iraniane. L’attacco era stato portato da velivoli senza pilota (UAV), caccia e missili da crociera. La difesa aerea ha garantito “un potente ed efficace contrattacco che ha costretto il nemico a ritirarsi”. I nuovi radiolocalizzatori, missili antierei (inclusi quelli portatili) e sistemi di guerra elettronica sono stati testati sul terreno.
I media riferiscono che il sistema di difesa aerea portatile, appena sviluppato, è stato testato nella “difesa dello spazio aereo e delle installazioni nucleari in caso d’intervento straniero”. Si è rivelato efficace contro gli UAV. Una delle sue peculiarità è la dimensione, che lo rende operabile da un unico uomo.
Anche i caccia-intercettori godono dell’attenzione della dirigenza iraniana. Nel marzo 2011 si è saputo che aveva lanciato un nuovo programma. Nel progetto sarà in qualche misura utilizzata la tecnologia del caccia Saeqeh. Non si sanno altri dettagli. Ci si può attendere che le caratteristiche saranno migliori del Saeqeh, il cui primo squadrone è entrato in servizio nel settembre 2010. E’ disegnato sul F-5E Tiger II, ma usa pure le tecnologie del primo aereo da combattimento iraniano, il Azarakhsh.
Nel 2006 la Russia ha consegnato all’Iran i sistemi tattici TOR-M1 (29 sistemi e 800 missili), disegnati per la difesa aerea e missilistica d’una divisione di fanteria. Il raggio è di 12 km (altitudine: 6 km contro bersagli aerei). Il sistema può essere utilizzato per proteggere singoli installazioni sul terreno.
Gli altri sistemi di difesa aerea sono il Rapier (30 sistemi almeno, raggio 6 km, bersagli aerei 3 km) e l’ampiamente obsoleto S-75 (30-40 sistemi, raggio 34 km, bersagli aerei 27 km).
Una componente importante della difesa aerea iraniana sono 150 sistemi MIM-23 Hawk statunitensi. Furono consegnati negli anni ’70: attualmente gli USA non ne utilizzano più. Il sistema fu sottoposto a tre fasi successive d’ammodernamento, ma l’Iran ha solo la versione base (raggio 25 km, bersagli aerei 14 km minimo). L’Iran afferma d’averlo modernizzato per conto proprio, ma non vi sono informazioni sulle specifiche finali.
Nella primavera 2009 l’Iran ha affermato d’aver avviato la produzione dei cannoni marittimi Fath, pensati per difendere le coste da minacce aeree come aeroplani e missili da crociera con traiettoria bassa. Il Ministro della Difesa ha dichiarato che avrebbero una gittata di 12 km ed una frequenza di fuoco di 300 colpi al minuto. Non è chiaro quanto sia efficace quest’arma.
Non importa dunque l’ottimismo palesato dall’Iran a proposito della preparazione delle sue forze armate: è difficile dire se sia in grado di difendere il proprio territorio da un attacco aereo e missilistico. Anche l’addestramento del personale è di grande importanza. Lo stesso per quanto riguarda l’aviazione da difesa (caccia F-14 Tomcat, F-7M, Dassault Mirage F1, Northrop F-5 e MIG-29). L’esperienza libica è negativa. Ha mostrato una debole difesa aerea, permettendo alla NATO di stabilire rapidamente una zona d’interdizione al volo, colpendo i velivoli avversari mentre erano a terra o in fase di decollo. In quel caso, l’addestramento dei piloti ha contato poco.
Eppure, una difesa aerea chiara, efficace e combinata può frustrare un blitzkrieg del nemico, suscitando una netta reazione da parte della comunità internazionale. Ed in tal modo, risultare decisiva sul corso degli eventi.
(Traduzione di Daniele Scalea)