(Irène Némirovsky, da "Nascita di una rivoluzione")

Da Silvy56

Qual è l’istante esatto in cui nasce una rivo­lu­zione? Vor­rei ritro­vare nella mia memo­ria quel giorno dell’ inverno 1917, quando a un tratto diventò visi­bile, non solo per gli ini­ziati, per gli uomini al potere, ma per la folla, per un bam­bino, per me. Il giorno prima, la rivo­lu­zione era una parola uscita dalle pagine della Sto­ria di Fran­cia o dai romanzi di Dumas padre. Ed ecco che le per­sone grandi dice­vano (senza ancora crederci): «Stiamo andando verso una rivo­lu­zione… Vedrete, tutto que­sto finirà con una rivoluzione!» Come è suc­cesso che la vita ha ces­sato a un tratto di essere quo­ti­diana? Quand’ è che la poli­tica, diser­tando i gior­nali, si è radi­cata nella nostra esi­stenza? Quand’ è infine che le espres­sioni «momenti sto­rici» o «fare la Sto­ria» hanno smesso di essere voca­boli riser­vati uni­ca­mente alle gene­ra­zioni pre­ce­denti e hanno comin­ciato a poter essere appli­cati a noi, alla mia gover­nante, la signo­rina Rose, al dvor­nik Ivan, al mio inse­gnante di let­te­ra­tura, che era un socialista-rivoluzionario, a me? Eppure ci fu un momento in cui la bam­bina che ero ha capito «che stava suc­ce­dendo qual­cosa», qual­cosa di spa­ven­toso, di esal­tante, di strano che era la rivo­lu­zione, lo scon­vol­gi­mento di tutta la vita.