Simbologia e mitologia
Nel linguaggio floreale, un mazzo di iris è un regalo significativo per esprimere simpatia (compleanno, anniversario) e ammirazione (socio o collega), confortare (ammalato), incoraggiare nell’affrontare la vita e il futuro dopo le difficoltà, augurando l’arrivo di tempi migliori, ma è il fiore più specifico per il laureando in quanto riflette la saggezza acquisita con gli anni di studio e la speranza che percorso di successi continuerà.
La denominazione del genere ‘iris’ deriva dal termine greco che significa ‘arcobaleno’; nella mitologia greca, era personificato dalla dea Iris, messaggera velocissima degli ordini celesti, soprattutto di Era (o Hera), che consegnava agli dei e agli uomini scendendo e risalendo gli arcobaleni dal Monte Olimpo a terra e nelle profondità terrestri e marine. Secondo alcune interpretazioni, l’arcobaleno stesso era invece tracciato dal cammino di Iris. Figlia del dio marino Taumante e della ninfa oceanina Elettra, sorella delle tre mostruose Arpie donne-uccello, Iris era raffigurata come una bella e radiosa giovane donna con o senza ali sulle spalle e ai piedi, con le vesti svolazzanti dalle evanescenti sfumature luminose dell'arcobaleno, mentre era di corsa o in volo, portando a volte in mano il caduceo (il ramo di ulivo che connotava gli araldi in attività). Questa dea greca accompagnava le anime delle donne defunte ai Campi Elisi, motivo per cui gli iris viola venivano posti dai greci sulle tombe delle loro famigliari.
Usi e araldica
Durante il Rinascimento, le radici di iris infilate in una corda profumavano l’acqua bollente per lavare la biancheria; con il rizoma essiccato e polverizzato si trattavano le parrucche indossate dall’aristocrazia francese e inglese. Nell’800, in Italia, prese campo la produzione di questa radice essiccata per soddisfare la forte richiesta di profumo proveniente dal settore nazionale e straniero. Per le proprietà aromatiche, officinali, coloranti, i fiori e i rizomi di alcune varietà di iris trovano impiego odierno in profumeria (‘radice di orris’ essiccata e invecchiata 5 anni, dal profumo simile alla violetta, fissativo nei pot-pourri), in cosmetica (shampoo a secco), in farmacia (dentifrici) e nell’industria alimentare (correttore del sapore, nei gin azzurri come il marchio londinese Bombay Sapphire e il francese Magellan Gin a base di chiodi di garofano, ecc.). Alcune specie di iris contengono sostanze tossiche in quantità elevate che possono causare malori (nausea, vomito, diarrea), irritazione cutanea e avvelenamento. Una varietà di iris giallo trova impiego nella depurazione delle acque stagnanti dalle quali assorbe nutrienti inquinanti come quelli agricoli.
Oltre all’iris coltivato a scopo ornamentale, tra i giardini botanici è da annoverare il Presby Memorial Iris Gardens (1927) con oltre 10mila di queste piante a Montclair, nella contea dell’Essex, nel New Jersey (Usa). In Italia, dal 1954, il Giardino dell'Iris presenta a Firenze uno dei più famosi concorsi annuali internazionali per ibridatori di questa pianta.
Durante l’epoca medievale, l’iris stilizzato (‘fiore del giglio’ o, da questo periodo, ‘fiore di Luigi’) diventò l’emblema della monarchia francese. E’ leggendario che re Luigi VII (Luigi il Giovane) della dinastia dei Capetingi di Francia partì nel 1147 per la seconda sfortunata crociata recando una bandiera con un’immagine di iris, visto che lo aveva sognato viola. In precedenza, Clodoveo I, re dei Franchi della dinastia dei Merovingi, aveva adottato l’iris a simbolo del suo regno su bandiere, scudi, armature e arazzi, dopo avere ricevuto questo fiore in sogno – tramanda una leggenda – da un angelo per onorare l’evento della sua conversione al cristianesimo nel 496. Clodoveo aveva infatti promesso alla regina Clotilde, che era cristiana, di battezzarsi qualora avesse vinto in battaglia a Tolbiac, ricacciando gli Alemanni dall’alto Reno.
L’iris rosso stilizzato su sfondo bianco, stemma del libero Comune di Firenze, venne invertito nei colori dopo il 1251 in seguito alle lotte intestine tra Guelfi e Ghibellini.
Arte
Nell’iconografia religiosa cristiana, l’immagine dell’iris è spesso utilizzata al posto di quella del giglio nella pittura dedicata alla Madonna: i petali blu onorano Maria come Regina del cielo, i bianchi sono simbolo della Sua purezza. Due vasi di fiori contenenti iris blu e bianchi dedicati alla Vergine sono posti in primo piano nella scena dell’Adorazione dei pastori al centro del pannello altare del Trittico Portinari (oggi alla Galleria degli Uffizi, a Firenze) eseguito su commissione dal pittore fiammingo Hugo van der Goes (1440-1482).
Nell’anno in cui si trasferì da Parigi, il pittore olandese Vincent Van Gogh (1853-1890) dipinse più volte gli iris violacei della tranquilla campagna assolata nel sud della Francia, come nell’olio ‘Vue d'Arles’ (1888). Tra il 1889 e il 1890, Van Gogh si fece ricoverare nell’ospedale psichiatrico di Saint Paul-de-Mausole, nel paese provenzale di Saint-Rémy. Ispirato dalla natura, qui lavorò intensamente e, nell'anno precedente al suicidio, dipinse quasi 130 dipinti, compresi i monumentali ‘Iris’ (1889), tutti viola tranne uno bianco, diversi per forma e posizione, traboccanti davanti ai ranuncoli gialli. Van Gogh risentì dell’influenza dei paesaggi raffigurati nelle stampe d’arte giapponese su legno del genere ukiyo-e (XVII-XX secolo), come si può notare nei contorni netti, nelle prospettive insolite e nelle pennellate senza seguire le angolature della luce. Dopo avere raggiunto cifre record negli anni ’80, questo olio venne acquistato dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles nel 1990. A Saint-Rémy, Van Gogh iniziò anche a dipingere una serie di nature morte, come il mazzo di ‘Iris’ (1890) viola nel vaso bianco su sfondo rosa e, nello stesso anno, un altro su fondo giallo.
Iris di diversi colori vennero dipinti a olio anche dal pittore impressionista francese Claude Monet (1840-1926) ispirandosi al bellissimo giardino della sua dimora (oggi ‘Fondation Claude Monet’) a Giverny, in Alta Normandia, in cui visse dal 1883 fino alla morte. Ricorrono gli iris viola intenso e pallido, oltre che gialli, in opere come ‘Champs d'iris jaunes â Giverny’ (1887), ‘Le Jardin de l'Artiste à Giverny’ (1900) e in ‘Les Iris jaunes et mauves’ (1924-1925).
Con una serie di iris si impose anche la pittrice americana Georgia O’Keeffe, definita la ‘regina’ dei fiori dipinti: a ‘Black Iris’ (1906) dalla corolla grande a tutta tela ne seguirono altri come, vent’anni dopo, un altro dal titolo omonimo con uno stelo sinuoso che ricorda le movenze femminili; ‘Light Iris’ (1924); il fiore reciso ‘Dark Iris I’ (1927); da ‘White Iris’ (1930) a ‘White Iris No 7’ (1957).