Ho
provato a cercarlo, volevo passarlo allo scanner e metterlo qui
sopra, ma chissà dove si sarà ficcato, insomma, non l’ho
trovato. Parlo di un articolo che fu pubblicato su Il
Mattino –
non so essere più preciso – negli ultimi mesi del 2000, tutt’al
più nei primi del 2001. Era su tre o quattro colonne, e il titolo
diceva pressappoco: «Uno
studio rivela che la
mammografia è inutile».
Nel testo si parlava del lavoro di Peter Gotzsche e Ole Olsen che era
uscito qualche mese prima su Lancet
(Is
screening for breast cancer with mammography justifiable? –
355/2000,
pagg. 129-134) e che presto aveva sollevato una furibonda polemica
sulla sua perentoria affermazione conclusiva che «screening
for breast cancer with mammography is unjustified».
In realtà, già su quello stesso numero di Lancet,
nella sezione dei commenti editoriali, Harry de Koning spiegava con lodevole
chiarezza – per quanto possa esser chiara una controargomentazione in ambito statistico – perché il lavoro fosse viziato da un metodo scorretto e da
una errata interpretazione dei dati. Il guaio è che lo faceva in modo
estremamente civile, sicché la critica, ineccepibile nei contenuti, parve sofficissima. Di fatto,
le contestazioni che negli anni successivi sono state mosse da gran
parte del mondo scientifico a chiunque riproducesse
analoghi difetti di metodo e di analisi per arrivare a conclusioni sostanzialmente simili a quelle di
Gotzsche e
Olsen (uno per tutti: Anthony Miller, Is
mammography screening for breast cancer really not justifiable?,
Recent
Results in Cancer Research,
163/2003, 115-128) erano già tutte nelle obiezioni di de Koning. La realtà è lo screening torna di estrema utilità, e con un abbattimento
della mortalità che varia dal 30 al 63% secondo la popolazione presa
in oggetto per fascia di età. Purtuttavia sembra che a chi voglia
mettere in discussione un dato indiscutibile e per giunta con argomenti ormai ampiamente
destituiti di ogni fondamento – è il caso del Il
Mattino,
quindici anni fa, e di Grillo, ieri – non manchi mai l’opportunità di farsi sentire, persino di farsi ascoltare, coi danni che non è difficile immaginare. È che, per sua natura, la bufala ha radici profonde erobuste, non la si estirpa senza scavare fino in fondo. Invece di urlare a Grillo che è uno sconsiderato – sulla qual cosa non c’è dubbio, ma dirglielo non risolve niente – gli si chieda la fonte dalla quale ha attinto, gli si chieda di difenderne l’attendibilità a fronte di ciò che la confuta senza possibilità di appello.
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