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Islands. Il “fascino” della decomposizione, Dieter e Björn Roth all’Hangar Bicocca

Creato il 02 dicembre 2013 da Valeria Vite @Valivi92

Siamo abituati a percepire l’arte come qualcosa di eterno e immutabile, invece non è così: la pulsione creativa dell’artista si concretizza nella struttura fisica dell’opera, costituita da materiali destinati inevitabilmente a decomporsi e dunque a subire una continua ed inarrestabile trasformazione nel corso del tempo sino a tramutarsi in polvere. In questi giorni l’Hangar Bicocca ospita le strordinarie opere di Dieter Roth (1930-1998), il figlio Bjorn ed altri membri della famiglia, un artista e poeta artistico che ha rivoluzionato il mondo dell’arte aprendo le porte dei musei ai materiali decomponibili come spezie, alimenti, scarti destinati alla spazzatura e formaggio ammuffito.

State tranquilli, le 37 valigie di vermi, muffa e formaggio realizzate nel 1970 furono ritirate dagli spazi espositivi di Los Angeles per volere delle autorità sanitarie e, essendo rimaste invendute, furono abbandonate nel deserto dal marito della gallerista.

Che cos’hanno in comune i materiali privilegiati dall’artista? La decomponibilità, la capacità di cambiare forma e aspetto più rapidamente (e più disgustosamente) di altri materiali e di farlo in modo molto più spettacolare. L’arte, costituita da materiali che mutano nel tempo, viene dunque presentata come una creatura in lento e inesorabile mutamento: da uno stadio iniziale, in cui assume l’aspetto conferitogli dalla mano sapiente dell’artista, l’opera è destinata a trasformarsi in qualcosa d’altro per mano degli agenti naturali o di altri esseri umani poiché l’arte è vita e, naturalmente, la vita è arte. Per Dieter Roth si tratta inoltre di creare delle opere d’arte con oggetti mai inutilizzati prima e di sperimentare l’impiego in abito artistico di materiali … improbabili!

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Il riciclaggio

La prima opera, intitolata Economy Bar, è un vero e proprio pub  realizzato con materiali di scarto, in cui è possibile sedersi al bancone, interagire con un barman e ordinare della birra alla spina. E’ un’opera singolare poiché ai tipici elementi che costituiscono un bar come lavandini, frigo, liquori in bella vista, zucchero e via dicendo sono accostati i materiali di scarto con cui è composta l’opera, tra cui citiamo una fioriera realizzata con scarti di utensili meccanici, un telefono che trasmette le voci dei barman ad un amplificatore cui è collegato un violino, mensole stracolme di libri e lampade come elementi decorativi, plantari anzichè quadretti alle pareti, un pianoforte scassato e dei monitor in cui è possibile vedere alcune scene della costruzione del bar stesso. L’azione involontaria dei barman e dei clienti e la sostituzione degli utensili da scartare consentono all’opera di evolversi anche dopo la morte dell’artista, l’effetto complessivo è quello di trascorrere una piacevole serata in un intrigante covo abusivo di pirati, carbonari o banditi…

Economy bar in un video

The relatively new Sculpture è stata realizzata da Bjorn e figli appositamente per Hangar Bicocca ed è un’enorme piattaforma realizzata con materiali di recupero e alcuni degli utensili da lavoro dell’artista. La prima impressione è quella di trovarsi in una casetta costruita da Tom Sawyer e Huckleberry Finn in cui si trovano tutte le diavolerie necessarie per vivere una favolosa avventura d’infanzia: dei lettini in cui riposare durante le fughe da casa, un magazzino di vasetti di vetro ricolmi di ogni sorta di melma schifosa, studioli con scrivanie e mensole ricche di interessanti libricini, una macchina mezza scassata in cui è stato installato un maxi schermo, angolini studio in cui sono stati riposti tutti gli utensili necessari per realizzare l’opera stessa, una cassa di cocci di vetro, degli angolini in cui fare musica con strumenti scassati e non… ho dimenticato qualcosa? Probabilmente sì, perciò vi linko un interessante sito in cui potrete ammirare delle fotografie spettacolari di questa insolita costruzione. L’oggetto più affascinante di tutti è una sorta di batteria automatica che suona dei tamburi ad intervalli più o meno regolari.

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Un autobiografia di oggetti personali

Solo Szenen è una sorta di reality in cui Dieter Roth riprende a telecamera fissa alcune scene di vita privata vissuta all’interno della sua abitazione ed espone ininterrottamente le sequenze video in 131 monitor. L’artista ci offre uno squarcio della sua esistenza “senza veli”, infatti è possibile spiarlo mentre dorme, cucina, mangia, evaqua al gabinetto, si lava, lavora nel proprio studio, si scaccola seduto sul letto, fa la lavatrice, ciondola in catalessi per casa … sono inoltre presenti delle sequenze video in cui le stanze riprese da Dieter Roth sono assolutamente vuote e non accade nulla. I video non sono affascinanti quanto le luccicanti Case del Grande Fratello che siamo abituati ad osservare in tv poiché non c’è nulla di interessante in ciò che vediamo (un uomo obeso e canuto nella propria disordinatissima abitazione) e la prima sensazione che ho provato è stata un forte imbarazzo, come se stessi violando l’intimità di una persona. L’artista era ossessionato dalla propria biografia e che, come vedremo nelle opere successive, ha voluto trasformare in arte tutto ciò che riguardava la propria persona per documentare la propria attività artistica.

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Solo Szenen, immagine tratta da http://www.hauserwirth.com

L’opera successiva è un archivio costituito da un alcune librerie e degli espositori su cui sono riposti dei raccoglitori da ufficio. All’interno dei raccoglitori, catalogato in ordine cronologico in buste di plastica trasparente, troviamo ogni sorta di materiale di scarto: strofinacci, scontrini, etichette, cartacce, schifezze di plastica raccolte da terra e.. sì, anche un fazzoletto sporco di feci umane (potete immaginare lo schifo provato quando le mie manine si sono appoggiate sulla busta contenente l’insolita reliquia!). L’opera s’intitola Flacher Abfall e non è stata ideata soltanto per inorridire i visitatori, l’artista vuole infatti invitarci a riflettere sulla temporaneità degli esseri umani e degli oggetti che questi utilizzano, realizzando una sorta di autobiografia con i prodotti di scarto con cui è venuto a contatto. Dieter Roth inoltre vuole rifletter sul consumismo della nostra epoca: <Ogni pezzo di carta di tocca…, qualsiasi cosa – una stupida busta di plastica per il pane di segale: qualcuno l’ha disegnata… qualcuno si è seduto e ne ha fatto un disegno>. In seguito al decomporsi dei materiali organici conservati nell’archivio, l’opera è in continuo divenire e testimonia il trascorrere del tempo.

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Clothes Pictures, immagine tratta da dennecultura.eu

Sono inoltre numerosi i collage realizzati da Dieter Roth per sperimentare l’impiego di oggetti di uso comune nella creazione artistica. Si tratta per lo più di oggetti appartenenti al quotidiano come giocattoli, materiali di recupero, vestiti, barattoli di tempera, pennelli e attrezzi da lavoro, cui si associa una forte componente pittorica. I Clothes Pictures, per esempio, sono dei grandi dipinti realizzati con colla, pigmenti, abiti e scarpe appartenenti all’artista stesso, i quali perdono la propria funzione originaria trasformandosi in componenti dell’opera d’arte. E’ singolare notare come gli indumenti evochino la presenza umana, trasformando l’opera in una sorta di autoritratto giocato sull’assenza dell’artista.

55 Shits for Rosanna è invece la documentazione fotografica degli escrmenti prodotto quotidianamente nel corso di un soggiorno presso la casa dell’amica Rosanna Chiessi in Italia.

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Exhibitions, immagine tratta da http://www.hauserwirth.it

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L’Islanda

L’Islanda è una terra in cui, in seguito a violenti fenomeni geologici, l’ambiente muta il proprio aspetto con la stessa rapidità e impetuosità con cui l’artista percepisce lo scorrere del tempo, perciò è stata scelta dall’artista come patria d’adozione. Il risultato è Surtsey, in cui l’omonima isola islandese nata nel non molto lontano 1963 è stata raffigurata in 18 stampe, che rappresentano in sequenza la sua graduale trasformazione in un piatto di cibo fumante.

Reykjavík Slides è un altro omaggio all’Islanda. Si tratta di 16 proiettori posizionati su alcuni piedistalli che riproducono più di 30.ooo diapositive, raffiguranti ogni edificio di Reykjavík in ogni stagione per immortalare l’essenza della città. Le fotografie, realizzate insieme ai figli e ad alcuni amici, sono state realizzate in due periodi differenti: uno compreso tra il 1973 e il 1975, il secondo invece tra il 1990 e il 1998. Si tratta di un imponente opera di archiviazione che documenta l’evoluzione di una città nel corso del tempo, avente lo scopo chiaramente fallimentare di fermare il tempo per bloccare il lento procedimento che conduce ogni cosa esistente all’oblio.

Surtsey

Surtsey

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La collaborazione con amici e parenti

Dieter Roth si è rifiutato di aderire ai vari movimenti artistici a lui contemporanei e ha preferito collaborare con amici e famigliari nella realizzazione delle proprie opere, così ha chiesto la collaborazione della famiglia al completo nella realizzazione di Carpet, un tappeto allegramente “pasticciato” dai Roth, in cui è ben visibile anche la pista tracciata dal nipotino Oddur per giocare con le macchinine. Si noti come le opere siano state parzialmente create anche durante il naturale svolgimento delle vite dell’artista e dei suoi cari: l’opera è nata da un processo vitale di cui è essa stessa testimonianza.

Ausicht/Ansicht, prodotta nel corso di una ristrutturazione di una scuola in Svizzera, è stata realizzata mediante una tecnica grafico-pittorica giocata su forme e colori vivaci e in certi punti ricorda molto l’arte dei graffiti. Qualsiasi studente avrebbe potuto partecipare alla creazione dell’opera grazie ai pennarelli lasciati a disposizione per alcuni mesi, tuttavia furono effettuati pochissimi interventi.

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The floor I , da www.hauserwirth.com

Diether Roth ha trasformato in opera d’arte intere sezioni del proprio lavoratorio. Anche The floor I e The floor II testimoniano il grande attaccamento dell’artista per l’Islanda. Si tratta delle pavimentazioni di uno studio in cui Dieter Roth ha lavorato per circa vent’anni che, decontestualizzate ed esposte in una galleria, appaiono come due imponenti tavole di legno dipinte con vernice, colla, polveri e schizzi di pittura. I Tischmatten non sono nient’altro che i rivestimenti in cartone dei tavoli del suo studio, che proteggevano i ripiani da eventuali macchie. Oltre agli schizzi accidentali di tempera, colla, polveri e residui domestici di vario tipo, su tali superfici troviamo anche scarabocchi, appunti e schizzi di vario genere.

Avvicinandosi all’installazione Grosse Tischruine si entra invece nello studio dell’artista stesso, poiché l’artista non ha fatto altro che esporre i mobili del proprio laboratorio e l’incredibile disordine che si è accumulato nel corso degli anni al suo interno. L’opera “può essere considerata un sistema di riciclaggio autosufficiente” poiché ad ogni nuova installazione si aggiungono gli attrezzi utilizzati dagli operai addetti ai lavori, nonché gli schizzi e i video di ogni ricostruzione. L’opera dunque è in continua trasformazione nonostante l’artista sia morto da ormai quindici anni e si evolve indipendentemente dalla volontà del suo creatore.

The studio of Dieter and Bjorn Roth è stato realizzato nel medesimo modo, esponendo tutto ciò che si trovava nello studio dei due artisti, compresi avanzi di cibo. E’ possibile intuire che lo studio non era soltanto un luogo di lavoro, ma anche un ambiente di socialità e vita quotidiana. La collaborazione tra padre e figlio ha le sue fondamenta nella pratica dello studio nella sua accezione medioevale-rinascimentale, infatti Bjorn ha imparato il “mestiere” dal padre-maestro, di cui porta avanti l’opera come una vera e propria ereditarietà. Negli ultimi vent’anni di vita di Dieter, il rapporto tra padre e figlio era diventato particolarmente intenso da un punto di vista sia artistico sia affettivo.

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 Grosse Tischruine, immagine tratta da artnews.org

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Sculture di … cibo!

Dieter Roth ha inoltre realizzato delle imponenti torri di busti umani realizzati con… tonnellate di cioccolato fondente Novi di pregiata qualità. Non si tratta solamente di sperimentare l’impiego di un’insolito materiale scultoreo, l’opera infatti subisce una perpetua trasformazione anche grazie alle muffe che si accumulano sulla superficie di cioccolato. L’opera garantisce inoltre al visitatore una piacevole esperienza olfattiva poichè diffonde nell’aria una piacevole fragranza di cacao. Mediante l’impiego di zucchero colorato, Dieter roth ha inoltre realizzato una torre di cagnolini colorati e dei simpatici nani da giardino. I forni, i pentoloni ancora sporchi e le casse di cioccolato avanzato sono stati accuratamente conservati ed esposti per documentare la creazione dell’opera.

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L’artista mentre realizza la torre di statuette di cioccolato, immagine tratta da theartworlddaily.com

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Un’ineguagliabile stampatore

The Piccadilly Project ricorda molto alcune opere di Andy Warhol, infatti si tratta di svariate rielaborazioni dell’immagine di una cartolina ricevuta in regalo dalla moglie dell’artista pop inglese Richard Hamilton. Dieter Roth ha ingrandito stampato e laminato l’immagine su più facce, dopodiché ha “fotoshoppato” le varie copie con metodi serigrafici nuovi, ideati dall’artista stesso. Dalle serigrafie di Piccadilly possiamo notare l’interesse dell’artista per l’iconografia popolare e la negazione, attraverso la sua riproduzione, dell’unicità dell’opera d’arte stessa.

[title not known] 1970 by Dieter Roth 1930-1998

The Piccadilly Project, immagine tratta da http://www.tate.org.uk

Richard Hamilton racconta che “Come stampatore [Dieter Roth] ha avuto pochi rivali: dalla serigrafia, all’incisione, alla litografia, all’offset, alla fotografia, o alla fotocopia. Se un metodo di stampa non fosse esistito lui lo avrebbe scoperto.” Dieter Roth inoltre rivaluta come opere d’arte anche le piastre sbagliate, destinate a diventare scarti, conferendo così dignità artistica a soggetti comunementi disprezzati. Die Die DIE VERDAMMTE SCHEISSE (the The THE DAMNED SHIT) non è nient’altro che la raccolta di 52 piastre “sbagliate” inserite in una scatola di legno, che, esposte in serie, costituiscono un’insolita opera d’arte.

Nonostante tutto Roth sosteneva di sentirsi più poeta che artista figurativo, infatti realizzò più di duecento libri tra notebook, testi, libri per bambini, versi e poesie visive, racconti, diari e libri d’artista. Essendo un esperto stampatore e tipografo, si occupò in prima persona della realizzazione delle copie del suo libro Scheisse, con l’aiuto degli studenti della Rhode Island School of Design.

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