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Isola delle rose: quando l'italia ebbe paura di una piattaforma nel mare

Creato il 03 agosto 2010 da Madyur
ISOLA DELLE ROSE: QUANDO L'ITALIA EBBE PAURA DI UNA PIATTAFORMA NEL MARE

Il primo maggio del 1968 in una piattaforma costruita al largo di Rimini, oltre sei miglia che delimitanole acque territoriali, arriva la proclamazione dello stato indipendente dell’Isola delle Rose. Era la Esperanta Respubliko de la Insulo de Rozoj, perché il Paese adotta l’esperanto come lingua ufficiale.

I padri fondatori varano un governo formato da 5 ministeri , due dei quali vengono affidati a donne. Nessun incarico viene affidato dal creatore dell’isola : Giorgio Rosa. Un sogno di libertà che scatena le ipotesi più stravaganti e che finisce per durare solo 55 giorni.

L’isola delle Rose. La libertà che fa paura è un libro che racconta quei 55 giorni assieme agli anni che li prepararono , una storia che molti hanno dimenticato. Riviste e quotidiani se ne occuparono incessantemente. Poi una specie di silenzio scese sulla vicenda.

Non si poteva spiegare il blitz della polizia sulla piattaforma in una mattina di giugno , quando a presidiare la neonata repubblica c’era solo un guardiano. Estreme interpretazioni sulle giustificazioni riguardante la prima azione di guerrad’aggressione dell’Italia repubblicana , non valsero molto.

Qualcuno fa fatica ancora a credere che qualcuno abbia mai potuto credere che l’Isola era un avamposto di forze nemiche provenienti dall’altra parte dell’Adriatico negli anni della Guerra Fredda. La storia racconta di un’idea artigianale.

Giorgio Rosa, negli anni 50,inizia a lavorare il progetto dell’Isola. Non era un ambizione utopistica, tanto che la fidanzata si sentiva dire che c’era un’idea che ostacolava i piani matrimoniali, ungrande impegno da portare a termine.

Nel 1960 Giorgio Rosa e la sua fidanzata sbarcano a Rimini e chiede alla Capitaneria di porto il permesso di effettuare sperimentazioni in mare. I disegni dell’ingegnere incominciano a mutare , man mano che le informazioni si fanno più precise. Si decide di costruire la base sulla terraferma per poi trainarla in mare e ancorarla al fondale.

ISOLA DELLE ROSE: QUANDO L'ITALIA EBBE PAURA DI UNA PIATTAFORMA NEL MARE
Nel 1964 comincia a costruire un’officina navale e nell’inverno del ’65 si passa all’ancoraggio. Il mare in tempesta sembra mandare tutto all’aria ma Rosa supera ogni ostacolo. Due anni servono perché il groviglio di tubi , pilastri e lamiere comincia a trasformarsi in un luogo accessibile e nel luglio del’67 arriva l’autosufficienza idrica sfruttando una falda di acqua potabile 280 metri sotto il fondale marino.

Insieme al sognoarrivano ai problemi. La Capitaneria avanza dubbi e decide di sospendere i lavori e cominciano le battaglie legali. Nel frattempo una coppia si trasferisce nella piattaforma e apre un bar, si lavora ai negozi e a un ufficio postale. I curiosi si spingono a conoscere il posto, i pescatori mangiano, i velisti prendono confidenza.

Dietro il sogno si vede l’investimento economico. Rosa vuole creare una futura Taiwan ; un polo turistico libero dalle burocrazie del Paese che è al di là della linea delle acqua territoriali. Il primo maggio viene dichiarata l’indipendenza.

I nemici sono tanti : i timori economici, casinò in concorrenza con quelli italiani, e i timori dei benpensanti , un topless scatena le ire, e le bizzarre ipotesi politiche, l’Urss che vuole piazzare missili nell’Adriatico.

Rosa se ne frega. Fa stampare francobolli in esperanto, viene nominato ambasciatore un tedesco, arrivano lettera da Paesi stranieri al Free Territory of Rose Island.Adriatic Sea.

All’alba del 25 giugno polizia , carabinieri e guardia di finanza salpano dai porti di Venezia e Ancona. I piani di distruzione sono veloci. A restare in piedi restano 9 piloni che verranno travolti da una mareggiata. Ci vorrà una spedizione tecnologica per riportare a galla i resti del 2009. Ma il vero tesoro è altrove. Collezionisti inseguono francobolli in esperanto e le lettere recapitate all’ufficio postale dell’isola e nelle foto dei giornali di allora.

L’isola è il fallimento inevitabile delle utopie.

madyur

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