Ispirazioni: quando il weird è attorno a noi (1)

Creato il 04 maggio 2010 da Okamis

Non so voi, ma in più di un’occasione mi è capitato di leggere o sentire affermazioni secondo cui un artista godrebbe del privilegio – talvolta definito addirittura unico – di poter dar vita a qualsiasi cosa la sua mente sia in grado d’ideare. Una tale concezione del “genio artistico” è a mio avviso ingenua, per non dire proprio errata, in quanto affibbia all’artista qualità che non gli competono. Sono infatti dell’idea che l’artista, a prescindere dal campo in cui egli opera, non sia in grado di creare, nel senso etimologico del termine, nulla, in quanto l’atto creativo puro non è competenza dell’uomo (lo so, messa così rischio di passare per un ciellino). Non a caso aprendo qualsiasi dizionario si scopre che tale verbo fa riferimento a un’eventuale dimensione divina e soltanto in senso figurato va a toccare la sfera umana, il più delle volte però con il significato di «riprodurre qualcosa con vari espedienti» (dizionario Zanichelli). Ecco, prestate molta attenzione al termine “riprodurre”. Già, perché dal mio punto di vista, la qualità madre dell’Artista (e qui la maiuscola è voluta, in quanto escludo dal discorso i dilettanti allo sbaraglio) è il saper interpretare la realtà e darle nuova forma. L’Artista è come un illusionista: voi siete lì che lo guardate librarsi in aria, chiedendovi stupefatti come faccia; e poi magari il trucco altro non è che una serie di sottilissimi fili che lo sorreggono dalle spalle.

Se giunti a questo punto del ragionamento pensate che la mia visione sia terribilmente avvilente nei confronti dell’artista, pardon, dell’Artista, significa che avete capito l’esatto contrario. Ingannare il pubblico sfruttando elementi preesistenti e rimodellandoli in chiave personale senza che questi se ne accorga è infatti il più alto risultato a cui si possa e si debba ambire.

Tale discorso acquisisce ulteriore valore quando si parla di narrativa fantastica. Ed è proprio qui che si va a incastrare questa nuova serie di articoli dalla cadenza irregolare. Su Ispirazioni mostrerò infatti alcune opere di artisti internazionali o di stampo ingegneristico fondate su idee di base a volte (apparentemente) banali, ma dal risultato finale assolutamente originale. Dopotutto, non avrebbe senso limitarsi a fare delle lezioncine sulle potenzialità del “weird” senza portare esempi concreti, soprattutto considerato che il sottoscritto è un signor nessuno.

Che cesso d’arte…

Prima vittima sacrificale è Mark Holthusen, americano, considerato – a buon diritto, aggiungo io – uno dei migliori fotografi al mondo in campo pubblicitario. L’anno scorso Holthusen è stato scelto da Kohler, grossa azienda di prodotti idraulici per bagni e cucine, come responsabile della campagna 2010 “As I see it”.

Partiamo proprio da qua. “As I see it” è il nome di una campagna pubblicitaria portata avanti già da alcuni anni dalla Kholer e che coinvolge sempre pezzi da novanta della fotografia, quali La Chapelle, Maillard, Kretschmer, Waldman, Olaf e Kothari (insomma, non proprio gli ultimi degli stronzi, come direbbero gli Eli). Alla base del progetto un’idea semplice: reinterpretare i prodotti Kholer sotto una luce volutamente surreale, se non addirittura bizzarra in alcuni casi.

Se ho scelto di soffermarmi sul lavoro di Holthusen e non su quello dei suoi illustri colleghi è soprattutto per via del suo personale tocco retrò, tanto che alcune scene sembrano uscire di peso da film dal sapore diesel punk. Alcuni esempi.

Partiamo da una delle foto più semplici da interpretare. Al di là della stravaganza in sé e del richiamo alla forma di un veliero, qual è il significato di una serie di tre water all’interno di una bottiglia gigante? A voler semplificare, esprimere parole chiave quali “artigianalità” e “perfezione”. Proprio come costruire una nave in una bottiglia richiede una precisione assoluta, la stessa cosa vale per il prodotto pubblicizzato.

E delle formiche che rubano un lavabo? Semplice: proprio come recita il nome della foto (Reginald, look at that! Mother Nature wants it back) la qualità dell’oggetto è così alta che persino la natura non può rimanere indifferente nei suoi confronti.

Così come un’elegante donna d’inizio secolo scorso non può nemmeno pensare di partire per un lungo viaggio senza il suo water e il suo lavabo di fiducia.

E infine la mia foto preferita, quella più smaccatamente weird. Qui, più che il messaggio (da leggersi anche in chiave sessuale, come ha correttamente notato ieri sera il Duca su MSN; anche se con lui è sempre difficile capire quando scherza e quando è serio), colpisce il contesto. Non so voi, ma io trovo più densa di fantasia questa singola foto rispetto alle antologie complete di molti autori italiani… messi insieme.

Note finali

Arrivati a questo punto, qual è la morale della storia? Semplice. Come mostrano in maniera eccellente queste foto, la vera originalità si nasconde principalmente dietro la rielaborazione della realtà. Alla base del processo immaginifico non c’è la creazione di nuove “regole” (anche perché ho già specificato come tale atto è a mio avviso impossibile), bensì la rottura e ricomposizione di quelle già esistenti, quelle a cui ci abitua l’esperienza di vita quotidiana.

Non solo. Ognuno degli scatti qui mostrati denota un’attenzione ai dettagli maniacale. Nulla è lasciato al caso. Holthusen non si è limitato a inserire water e lavabi all’interno di contesti surreali. Al contrario ogni foto racchiude una storia, che a sua volta nasconde un messaggio chiaro, diretto, in perfetta sincronia con la “mission” del cliente. Insomma, una vera lezione di narrativa fantastica.

E come nei migliori documenti di Piero Angela, non resta che lasciarvi alla prossima puntata, dove si parlerà di… Anzi, ditemi voi cosa preferite. Meglio un articolo su alcuni modelli storici di “vetture trasformabili”, oppure uno su delle sculture semoventi alimentate dalla forza del vento?

PHOTO CREDITS

1. Mark Holthusen, foto Leslie Image

2, 3, 4, 5. As I see it, Mark Holthusen